Sono ormai diversi anni che cerco di individuare una ricetta che mi convinca per questo stile. Ne produco una all’anno, quindi il processo è lungo. I risultati sono migliorati progressivamente ma l’ultima versione (link), sebbene piuttosto buona, ancora non mi aveva convinto appieno.
Ci ho riprovato a Ottobre dell’anno scorso, con questa nuova produzione che ne ha passate di tutti i colori. Vediamo cosa è successo e qual è il risultato, a circa 8 mesi dalla cotta.
RICETTA
Rispetto alla precedente versione, ho aumentato il dosaggio dei malti tostati, aggiungendo anche un tocco di Chocolate (più che altro per il colore). Ho tolto il Pilsner (rimpiazzato dal Pale) e ho utilizzato un altro tipo di zucchero al posto dello sciroppo: il Cassonade scuro.
Si dovrebbe trattare di uno zucchero tipicamente belga, disponibile nelle tre versioni chiara, semiscura e scura. Io ho scelto la versione scura (link). Se non ho capito male, è semplice zucchero da tavola raffinato mescolato a sciroppo scuro. Devo dire che l’aroma, quando annusato nella bustina, è davvero esplosivo: caramello molto intenso e tanta frutta secca come uvetta, dattero, anche qualche spunto di frutta scura.
Dosare sciroppi e zuccheri scuri in questo tipo di birra è un’impresa. Da un lato gli EBC dichiarati non danno mai l’effetto desiderato: mi è capitato più volte di ottenere un colore molto più chiaro, non corrispondete affatto all’EBC calcolato dai software. Dall’altro non è facile prevederne il contributo organolettico e quindi stimare la corretta quantità da aggiungere. Anche il contributo alla densità (le PPG, ovvero il potenziale di questi zuccheri) non è mai chiarissimo, anche in questo caso mi è capitato di aggiungerli e di trovarmi poi con una OG più bassa del previsto.
Questa volta però mi sono attrezzato per tempo. Ho dedicato un’oretta a fare delle prove sciogliendo il Cassonade in un po’ di acqua in quantità progressivamente più alte mentre assaggiavo e valutavo il risultato, sia in termini di colore che di flavour. Ho anche misurato la densità per verificare che il potenziale stimato di 1.046 PPG fosse corretto (lo era). Questo mi ha portato, finalmente, a ottenere un colore della birra in stile (anche se gli EBC calcolati dal software sono decine di EBC sopra al limite massimo) e un contributo organolettico equilibrato.
In precedenza ho provato a usare zucchero candito dark in cristalli (6% in peso nel grist) che ho trovato quasi nullo dal punto di vista di apporto organolettico. Ho usato poi il D-180 liquido (sempre al 6% in peso), di cui non ho apprezzato particolarmente il contributo caramelloso, per me stucchevole. Avrei potuto fare qualche prova al rialzo o al ribasso nelle quantità dei due zuccheri, ma ho preferito dare una svolta e provarne uno diverso.
Lo zucchero l’ho aggiunto per metà a fine bollitura, l’altra metà verso la fine della tumultuosa per far lavorare meglio il lievito.
Per quanto riguarda il lievito, ho riconfermato il ceppo “Rochefort”, ovvero il WLP540 Belgian Abbey IV (che dovrebbe corrispondere al WY1762). Non attenua molto, quindi va ben bilanciato con l’amaro. Nel mio caso ho ottenuto una attenuazione del 79%, in linea con le performance di questo lievito, con attenuazione dichiarata dalla White Labs tra 74% e 82%.
Non finirò mai di ripetere che il valore numerico della FG influisce davvero poco sulla percezione della secchezza nella birra, se ben bilanciata dal resto (es. amaro e carbonazione). Questo è stato ampiamente dimostrato in casi pratici non solo dai soliti esperimenti di Brulosophy (qui per esempio parliamo addirittura di 10 punti di FG di differenza) ma anche da esperimenti più “seri”, come quello raccontato nella rubrica Skeptical brewing di Zymurgy del numero di Nov/Dic 2021.
Ho fatto comunque un doppio step di ammostamento, il primo molto basso per favorire il lavoro delle Beta-amilasi e produrre più zuccheri semplici. Poi step veloce a 72°C per scindere eventuali destrine rimaste intatte.
FERMENTAZIONE
Per questa fermentazione ho deciso di alzare di un grado la temperatura rispetto alla volta precedente, cercando di far esprimere un po’ di più il lievito. Per il resto ho seguito la curva fermentativa della scorsa volta.
Fermentazione aperta per i primi due giorni, poi ho chiuso e trasferito in keg saturato di CO2 utilizzando il trasferimento a caduta con flusso di CO2 in ricrcolo tra fermentatore e keg. Fermentazione aperta e secchio in plastica dovrebbero servire per far lavorare meglio il lievito, che nel keg alto e lungo potrebbe (tutto teorico, eh) esprimersi con menò intensità/complessità. Delle fermentazioni aperte ho parlato qui, del trasferimento in keg saturo di CO2, invece, ne ho parlato qui.
Dopo il trasferimento in fustino da 10 litri, ho lasciato la birra a maturare a temperatura ambiente in casa (circa 20-22°C) per quasi tre mesi. In questi tre mesi la FG non si è schiodata da 1.017, segno che la fermentazione era finita.
IMBOTTIGLIAMENTO E RIFERMENTAZIONE
Pe imbottigliare questo tipo di birre, molto carbonate, utilizzo un metodo misto. In questo caso ho carbonato forzatamente nel fustino fino a circa 1.5 volumi, poi ho imbottigliato in contropressione con la pistola cinese, avendo prima aggiunto in ogni bottiglia una soluzione di acqua e destrosio per produrre altri 1.7 volumi di CO2 in rifermentazione.
Questo mi permette di tappare senza problemi sulla schiuma, e di avere l’effetto protettivo (ma anche le dinamiche evolutive) della rifermentazione in bottiglia. Ho aggiunto anche un piccola dose di lievito T58 per aiutare nella rifermentazione (circa 0.05 g/L).
Per garantire una buona rifermentazione alla belga, visto che era ancora inverno e in sgabuzzino facevano 18-20°C, ho costruito una piccola camera di rifermentazione con un cavo riscaldante e un STC-1000, dove ho messo le bottiglie a rifermentare alla temperatura controllata di 25°C per tre settimane.
FERMENTAZIONE CON SORPRESA
Dai vari assaggi che ho fatto durante la maturazione di tre mesi in fusto e in fase di imbottigliamento, ho avuto impressioni molto positive. Ricordo però di essermi stupito dell’intenso aroma di frutta rossa: sembrava quasi avessi aggiunto dei lamponi. Un po’ oltre rispetto a quanto ci si aspetti da una Belgian Dark Strong Ale, ma comunque in linea con il profilo descritto dal BJCP che annota anche “plums” e “dried cherries” tra i possibili aromi.
Ho imbottigliato e ho atteso, fiducioso.
Dopo diversi mesi la birra era perfettamente carbonata, con bolla vivace come da stile. Ricordo di averne portate un paio di bottiglie alla finale del concorso MoBI, a Quinto Vicentino, a Marzo, in occasione della giuria a cui ho partecipato. L’ho fatta assaggiare a diversi amici giudici e homebrewer. Il riscontro è sempre stato positivo, ma un paio di amici giudici mi hanno detto: “buona, ma che Brett hai usato?“. Brett? Mmh qualquadra non cosa.
Mi si è subito accesa una lampadina, ricordando quell’aroma così inusuale di frutta rossa. Tra gli esteri prodotti dai Brett possono spuntare questo tipo di aromi. Il classico “funky” non si sentiva, ma in fondo la birra era ancora giovane, in genere il funky esce dopo. Pellicole non ne avevo viste in nessuna fase, la densità era rimasta stabile per ben 3 mesi di fusto, mi sembrava strano potesse essersi verificata una contaminazione. Ma la fermentazione aperta c’era stata, quindi non era da escludere del tutto.
Ho quindi acquistato uno dei test di Biorself, quello dedicato ai Brett (li vendono anche su Mr Malt) e la sorpresa è arrivata: dopo una settimana, sono comparse nel test le colonie di lievito. Il Brett c’è. I test per batteri acetici e lattici hanno invece dato esito negativo.
A questo punto è si è accesa forte la curiosità di capire di quale specie di Brett si tratta. Attenzione che quelli che di solito vengono chiamati “ceppi” di Brett, ovvero il Bruxellensis, l’Anomalus, il Claussenii non sono in realtà ceppi, ma specie. Sono, per intenderci, allo stesso livello di Saccharomyces Pastorianus e Cerevisiae. Sotto alle specie (quindi nel gruppo ad esempio dei Bruxellensis) ci sono i ceppi che possono essere molto diversi tra loro. Purtroppo spesso non vengono indicati i ceppi specifici anche nelle confezioni che acquistiamo, alcune volte si usano addirittura nomi desueti per le specie come il Lambicus, che in realtà è stato rinominato in Bruxellensis. Questa immagine sotto, tratta da un articolo di Lars Garshol, illustra secondo me molto bene il tema.
Quella che vedete sotto è una immagine che mi hanno mandato da Biorself del mio ceppo Brett al microscopio. Ora stanno facendo analizzare il DNA, presto sapremo di quale specie si tratta. Qui i risultati dell’analisi del DNA e alcuni consigli su come liberarsi del Brett.
Come sia finito il Brett nella birra non è facile determinarlo, ma è molto probabile sia dovuto alla fermentazione aperta. Ricordo, ma potrei sbagliare, di non aver pulito particolarmente bene il frigo prima di aprire il fermentatore. Di Brett ce ne passano ogni tanto nel mio sgabuzzino, anche se li gestisco in damigiane chiuse fuori dal frigo e uso attrezzature dedicate per l’imbottigliamento. Un consiglio che mi hanno dato da Biorself per la prossima fermentazione aperta è di acquistare una lampada UV su Amazon. Devo capire bene quale, ma mi sembra un buon approccio (ci sono anche a ozono ma è più pericoloso e può avere effetti indesiderati sulle guarnizioni del frigo).
Ma torniamo alla birra.
ASSAGGIO
Ho fatto molti assaggi di questa birra, lungo le diverse fasi della fermentazione. Oggi ne ho aperta una apposta per l’assaggio. Una bottiglia di sei mesi, conservata per la maggior parte del tempo a temperatura ambiente. L’ho trasferita in frigo un paio di settimane fa perché ho notato un inizio di sovracarbonazione e non ho voluto rischiare.
La BDSA precedente la avevo chiamata “Everything Is Connected” in onore della bellissima serie televisiva Dark. Il nome di questa nuova versione è dedicata alla nuova serie prodotta dagli stessi creatori di Dark, poi cestinata da Netflix. In effetti la serie non era granché, non posso biasimarli.
ASPETTO Colore centratissimo. Rubino scuro, quasi marrone, limpida, con riflessi rossastri. Schiuma ampia, all’inizio è parecchia ma se versata bene si riesce a formare un bel cappello di schiuma compatta. Si intuisce un filo di carbonazione di troppo, ma questo stile può presentare una carbonazione alta quindi ci può assolutamente stare. L’aspetto bello della schiuma è la notevole persistenza, nonostante il livello alcolico. Permane un velo per tutta la bevuta, fino all’ultimo sorso.
AROMA Molto pulito, di buona intensità. Devo dire mi piace moltissimo. Con il tempo è un po’ cambiato, mi sembra stia uscendo sempre di più la parte Brett. L’aroma prevalente è quello della frutta rossa, anzi, un mix tra frutta rossa e nera: lamponi, ciliegie, more, prugne. L’alcol si avverte poco e niente, una leggera nota di rosa in sottofondo. Mi sembra faccia capolino qualche lieve venatura tostata nelle retrovie, con uno spunto di cacao e cioccolato. Nessun aroma di banana (per fortuna), nessuna nota funky evidente, niente chiodo di garofano né speziato. Per me è un aroma molto piacevole, pulito, senza alcun difetto. Non tutti quelli che hanno assaggiato la birra giovane hanno pensato al Brett (io non ci avevo pensato), ma la frutta rossa/nera la hanno notata tutti. Per me un naso molto buono, forse un po’ troppo fruttato per come nella mia mente si presenta una Belgian Dark Strong Ale (St. Bernardus), ma rimane abbastanza nello stile.
AL PALATO Ingresso di buona intensità, si ripropongono le note fruttate del naso. La corsa gustativa non è lunghissima, ma molto piacevole. Il malto supporta bene la bevuta con leggere note dolci subito affiancate da un amaro leggero che porta a una chiusura mediamente secca. Spuntano note di liquirizia, leggere e ben integrate. Il retrolfatto è lievemente tostato, con sbuffi di cacao e nocciola. Il bilanciamento dolce amaro mi sembra azzeccato, la bevuta non risulta stucchevole. L’amaro si potrebbe alzare un po’ per renderla un po’ più scorrevole, da tenere a mente per la prossima produzione.
MOUTHFEEL Crabonazione sostenuta, in linea con lo stile base ma assolutamente in linea con una birra Brettata. Calore alcolico leggerissimo, piacevole. Nessuna astringenza.
IMPRESSIONI GENERALI Che dire, per me è una birra molto buona, piacevole ed equilibrata. L’evoluzione del Brett la sta un po’ cambiando, la carbonazione è aumentata leggermente. Sarebbe stato bello valutarne l’evoluzione gustativa tenendola a temperatura ambiente, ma non me la sono sentita e ho spostato tutte le bottiglie in frigo. Vorrei evitare bombe di CO2 vista la FG abbastanza alta e la presenza di Brett. Ho rimisurato la densità a 5 mesi di bottiglia, sgasando il campione: è scesa di un solo punto.
Secondo me la base ci sta tutta per una BDSA. Devo capire se questo fruttato viene solo dal Brett oppure se ci ha messo lo zampino anche il Cassonade. La prossima volta credo porterò il Chocolate al 2% per dargli un filo di tostato in più, magari leggermente meno Special B che tende a tirare fuori frutta rossa.
L’ho bevuta fianco a fianco con una St. Bernardus e, sebbene diversa (per via del fruttato) non ha del tutto sfigurato. La secchezza era comparabile, carbonazione e colore identici, la consistenza della schiuma addirittura più fine nella mia.
COSA DICONO DI LEI
Ho fatto assaggiare questa birra a diverse persone, nei diversi stadi di maturazione. Devo dire che ho sempre ricevuto feedback molto positivi. Qualcuno, come dicevo, ha ipotizzato la presenza di Brett, poi confermata dai test, ma è una birra che è piaciuta quasi a tutti. Qualcuno non l’ha gradita del tutto, trovando questo fruttato un po’ eccessivo. Osservazione che ci può assolutamente stare. In generale, comunque, pareri positivi.
Poi ho deciso di mandarla alla prima tappa MoBI del concorso di quest’anno, iscrivendola nella categoria Brett Beer con base Belgian Dark Strong Ale. Ero curioso di avere un parere di qualcuno che non sapesse da dove veniva la birra, inquadrandola però come Brett Beer.
Con mia sorpresa la birra è andata maluccio (ha ricevuto un 27/50 e un 30/50). Certo non mi apettavo di arrivare in finale con una birra del genere (come detto l’ho mandata per capire quanto si sentisse il Brett), ma ammetto che la valutazione numerica è stata al di sotto delle mie aspettative. C’è da considerare che in sede di concorso ha fatto un leggero gushing, evidentemente perché era stata sbattuta un po’ troppo (anche questo ci può stare in un concorso). Il gushing mette sempre i giudici di “cattivo umore”, anche se in una Brett Beer si dovrebbe partire con un orizzonte di veduta un po’ più ampio. A ogni modo, è possibile in generale che la birra non sia arrivata nelle stesse condizioni in cui la sto bevendo qui a casa.
Premesso ciò, cerchiamo di prendere il buono da queste schede e di capire cosa è andato e cosa no.
ASPETTO Entrambi i giudici hanno evidenziato una schiuma “eccessiva” e penalizzato di un punto. Ragionevole, visto che ha fatto gushing. Nell’immagine sotto, una foto della birra stappata a casa, fresca di frigo, oggi: nessun gushing, ma si nota un minimo di produzione di bolla che facilmente può diventare leggero gushing se la birra si scalda un po’ o se viene sballottolata.
AROMA Qui non mi ritrovo con le schede. Nel senso che non viene evidenziato alcun difetto, in una scheda l’aroma viene addirittura definito elegante e intenso. Ma poi i voti sono bassi. Un giudice scrive poco caratterizzata dal Brett. Il che è anche vero, ma nelle Brett Beer bisogna considerare diversi stadi di espressività del Brett (come è scritto nelle linee guida). Nei primi stadi è più fruttato, nel tempo emerge maggiormente la componente funky. Descrizioni dell’aroma in generale povere e poco coerenti con il voto numerico che poi è stato assegnato. Vabbè, amen.
AL PALATO Non riesco a capire granché da queste descrizioni. Un giudice parla di fruttato più evidente rispetto all’acido e all’acetico. Ma quale acido/acetico? Non mi pare ci siano, anche prché non ci dovrebbero essere in una Brett Beer. Anche i test ai batteri lattici e acetici sono negativi, quindi dubito ci possa essere alcuna acidità. Per l’altro giudice la birra è un po’ “slegata” (cosa sarebbe slegato da cosa fatico a capirlo, onestamente). La base di BDSA non sarebbe abbastanza intensa (può starci, ma visto che si sente il fruttato, che può venire dal Brett, secondo me non è un gran problema). Vengono citate le note piacevoli di frutta rossa e leggero tostato. Voto: 11/20 da parte di entrambii giudici. C’è da dire che almeno il secondo giudice ha provato a giustificare un punteggio così basso per il Flavour, mentre il commento del primo è stato vago a piacere.
MOUTHFEEL Qui osservazioni per me fuori luogo: poco corpo, troppa carbonazione. È una Brett Beer, il BJCP dice “generally has a light body, generally moderate to high carbonation”. Ritorna lo “slegato”, che non ho capito cosa c’entri con il mouthfeel. Compare un “terroso”, anche questo non un attributo da moutfheel e comunque non si capisce se sia negativo o positivo. Un giudice assegna 2 punti su 5 al mouthfeel, per me assolutamente non in linea con la categoria in cui la birra è stata presentata. Ci poteva stare – al limite – togliere un punto per la carbonazione molto alta, ma tre su cinque non si sa in base a quale criterio siano stati tolti. Calore alcolico non è segnalato, astringenza nemmeno, il corpo leggero è concesso… di nuovo boh. Su questo un po’ mi sono innervosito, lo ammetto.
Alla fine, nelle conclusioni, un giudice dice semplicemente che è poco caratterizzata al Brett. È vero. Ma numericamente non la avrei penalizzata così tanto (ha preso 30 da questo giudice) visto che i commenti della scheda sono generalmente positivi. L’altro giudice scrive, giustamente, che è stata imbottigliata troppo presto. Effettivamente è stato così. Nel senso che 3 mesi di maturazione in fusto non sono pochi, certo, ma se avessi saputo che c’era il Brett non avrei mai imbottigliato con densità di 1.017. Quindi l’osservazione ci sta tutta visto che al tavolo ha fatto anche un leggero gushing.
Però, in generale, le schede le ho trovate compilate in modo aprossimativo, con poche informazioni utili e in genere non molto coerenti tra parte descrittiva e voto numerico. Devo dire che è interessante trovarsi ogni tanto dall’altro lato della barricata, come concorrente anziché come giudice. Si impara molto, anche e soprattutto quando i commenti sono negativi. Non è facile accettare la delusione, ma fa parte del gioco. C’è sempre da tenere a mente che le condizioni di assaggio nei concorsi possono essere molto diverse da quelle casalinghe, dove la birra è nelle condizioni migliori, non è stata mossa, non ha subito il trasporto, ma soprattutto non si assaggia dopo magari averne bevute altre 10, con la mente, le papille gustative e la mano affaticate a forza di assaggiare e descrivere birre.
Come si dice: è andata così.
Sicuramente porto a casa che il Brett non si sente poi così tanto (vero), che le birra deve evolvere ancora un po’ (vero) e che la carbonazione era eccessiva (non così eccessiva, ma un po’ sopra le righe senza dubbio). Per il resto, amen. Per me questa birra era da 35/37. Quantomeno avrebbe dovuto superare la soglia del 30, limite minimo per definire una birra “buona” nella logica BJCP. Con tutte le considerazioni del caso su gushing e apporto del Brett. Con il 30 posso anche trovarmi, con il 27 proprio no. E vabbè, stacce e non rompere le palle. Giusto. 🙂
Qui trovate alcune ulteriori riflessioni sul tema concorsi e sul confronto con i giudici.
Detto ciò, devo assolutamente provare a rifarla senza Brett!
Ciao, scusa c’ero anch’io tra i giudici che hanno giudicato la tua birra? perchè ho fatto il giudice in quella tappa ma non ricordo tutte le birre che ho provato.
Ciao Paolo, no. Non erano tue le schede. Comunque poi ho approfondito la questione con uno dei giudici che è stato molto gentile (è anche un mio amico) ed è venuto fuori che effettivamente, come avevo ipotizzato, c’è stato qualche problemino organizzativo. La birra era molto calda e probabilmente la bottiglia era stata agitata, oltre al fatto che è arrivata come 15esima birra del tavolo. Immagino la difficoltà a giudicare una birra sovracarbonata in quello stato, ma ciò non toglie che le schede potevano comunque essere fatte meglio. È una cosa da tenere a mente anche per me, quando – come giudice – mi capitano birre sovracarbonate. E c’è anche qualcosa da migliorare nell’organizzazione del concorso, con cui sto parlando per evidenziare il problema. Per carità, cose che possono capitare. Ma è bene impegnarsi tutti per migliorare.
Caro Frank questo era proprio l’esempio che aspettavo da tempo per capire che i concorsi non andrebbero fatti. Un giudice che sente acido acetico quando non c’è (e il test che hai fatto lo dimostra al 100%)per me è inammissibile a qualunque rank bjcp. (da Recognized a Grand Master) Schede compilate alla buona e anche tutto il resto fa capire quanto le competizioni portino solo a penalizzare e scoraggiare l’homebrewer anche quando non è colpa sua. Inoltre la spedizione delle bottiglie porta ad un fattore “X” dovuto a sballottamento durante il trasporto, sbalzi di temperatura ecc, che porta difetti nella birra che a casa non troviamo. Questo è il mio pensiero.
Non sarei così drastico. Ci sono dei concorsi organizzati bene, qualcuno riesce peggio. Io, anche da organizzatore, ritengo fondamentale mettere un limite al numero di birre che possono essere iscritte, in modo da poter gestire il tutto al meglio. Purtroppo MoBI non lo fa, e spesso si trova oberata di birre che vengono distribuite su un numero insufficiente di giudici, alcuni magari reclutati all’ultimo, che si trovano a fare round da 15 birre con estremo affaticamente nelle battute finali. Ma non farei di tutta l’erba un fascio, MoBI stessa organizza tappe più riuscite e tappe meno, ma secondo a un certo punto dovrebbero imporre un limite alle birre iscritte e gestire meglio le tappe del campionato.
Guarda sul commento poco corpo me lo hanno scritto pure a me con una spontanea alle more che aveva fatto 3 anni in dama e densità apparente di 997 og.
Ok va bene addio concorsi
Ci sono tanti concorsi che selezionano attentamente i giudici e fanno molta più attenzione. Non desistere.
Ciao Frank, quando dici che “1,5 Vol/CO2 sono sufficienti per tappare sopra la schiuma” ti riferisci ad un imbottigliamento dopo cold crash (quindi immagino 4-6 °C) oppure a temperatura di fermentazione (20-25 °C)? Infatti mi risulta che a freddo sia più difficile evocare la schiuma, anche con un beer foamer. Grazie!
Se sono a temperatura ambiente è sicuramente più facile produrre schiuma con 1.5 volumi di carbonazione.
Ciao Frank, a parer tuo qual è il periodo minimo di maturazione che consigli su questo stile? E ne consigli anche un invecchiamento? Se si fin quando ha senso spingersi?
Vorrei capire se, essendo birre molto alcoliche, al pari delle Barley Wine, possono subire lo stesso invecchiamento, o se nelle belghe per ovvie differenze organolettiche è meglio spingersi meno negli anni di invecchiamento.
Un po’ di maturazione ci vuole, alla fine è una birra piuttosto alcolica. Bisogna però fare attenzione, perché mentre le terziarizzazioni (madera sherry, frutta rossa sotot spirito) in un Barley WIne ci stanno, in una BDSA ce le vedo meno. Quindi, direi maturazione un po’ meno lunga per tenerle in stile.