Ricordo benissimo quella intensa giornata al Villaggio della Birra lo scorso settembre: festival molto bello, birre in buona forma, tanta musica e pacifica nottata in tenda. Ricordo che a un certo punto della giornata incrociai un homebrewer che, di punto in bianco, mi disse: ma quando lo fai un articolo sulla scelta dei luppoli?

Pensai che in effetti non ne avevo mai scritto uno e che sul tema c’è molto da dire. Non è facile trovare in rete guide in tal senso: io stesso ho provato a fare qualche ricerca prima di mettermi al computer a scrivere questo post, ma ho trovato solo articoli piuttosto generici senza grandi contenuti.

E allora, perché no? Proviamoci.

Le cose da dire sono talmente tante che ho deciso di dividere l’articolo in due: questa è la prima parte, la prossima a breve.

Coumulone sì, coumulone no

Dubbio amletico che serpeggia da decenni tra birrai e homebrewer di tutto il mondo. Quante volte ho sentito dire: non uso quel luppolo per la gettata a 60 minuti perché mi dà un amaro sgradevole, pungente, ruvido. Sarà vero? Stiamo davvero ghettizzando i luppoli con un alto livello di coumulone?

Partiamo dall’inizio: cos’è il coumulone?

Il coumulone è uno dei tre principali alfa acidi che si trovano nel luppolo. Gli altri due sono adumulone e umulone. Vengono spesso abbreviati come CoH, Ad e Hum. Fanno parte tutti e tre delle resine morbide presenti nel luppolo. In genere, coumulone e adumulone sono presenti in concentrazione maggiore.

Per anni sono stati colpevolizzati luppoli come Chinook e Columbus a causa della percentuale relativamente alta di coumulone (può arrivare al 35%). Altri luppoli, come Citra e Simcoe, si attestano su valori medi di coumulone minori (intorno al 20%). Queste percentuali indicano la quota di coumulone sul totale degli alfa acidi (a loro volta indicati in percentuale relativamente al peso totale del luppolo).

La teoria che il coumulone apporti un amaro più ruvido e tagliente deriva da un esperimento pubblicato in un articolo del 1972 dal Dr. Lloyd Rigby (avete letto bene: un articolo di 51 anni fa!). Di questo articolo (consultabile qui, ma solo a pagamento) parlano tutte le fonti: da Hieronymus nel suo libro “For The Love Of Hops”, a Scott Janish nel suo libro “The New IPA” fino a Beer Maverick (link). Ho trovato riferimento all’articolo del Dr. Lloyd anche in una presentazione del 2011 della MBAA, consultabile solo per gli abbonati (link).

Il Dr. Lloyd fece un esperimento con un panel di assaggiatori, a cui diede due birre formulate con la stessa ricetta ma utilizzando luppoli con diverse percentuali di coumulone. L’obiettivo era produrre due birre con uguale IBU ma con tipologie di alfa acidi isomerizzati diversi: una con alti livelli di iso-coumulone, l’altra con livelli decisamente minori. All’assaggio, il panel preferì la birra prodotta con luppoli a minore contenuto di iso-coumulone, reputando l’altra più ruvida e meno piacevole.

Il problema, si scoprì poi con approfondimenti scientifici e misure quantitative, è che il coumulone ha un tasso di isomerizzazione più alto rispetto all’umulone. Questo significa che, a parità di alfa acidi di partenza, gli IBU ottenuti sono diversi se facciamo bollire la stessa quantità di coumulone e umulone. Nello specifico, la bollitura del mosto con coumulone produce più IBU. La birra risulta quindi più amara, e quindi probabilmente meno gradevole.

Non era un problema di coumulone, ma semplicemente di IBU.

Successivamente sono stati fatti diversi altri studi, ma il contenzioso non è stato risolto. Probabilmente perché è difficile valutare tutti gli elementi in gioco. Un amaro ruvido può derivare da mille fattori, tra cui la quantità di luppoli utilizzati, il pH, i polifenoli solubilizzati durante la bollitura e il dry hopping. Inoltre, come sempre, c’è da considerare che, anche a fronte di una percezione diversa al palato tra un caso e l’altro, non è detto che tutti preferiscano un amaro più morbido, come evidenzia questo test di Brulosophy dove il panel, pur avendo riconosciuto la differenza, si è diviso a metà relativamente alla preferenza di una birra rispetto all’altra.

Per essere totalmente onesti, c’è da dire che il coumulone ha degli aspetti negativi rispetto agli altri due alfa acidi (la fonte è sempre la presentazione della MBAA). È stato infatti dimostrato – questa volta quantitativamente – che il coumulone isomerizzato contribuisce in quota minoritaria alla tenuta di schiuma e si degrada più velocemente durante la conservazione della birra.

Tuttavia, questi sono aspetti secondari che possono, al limite, avere interesse per un birrificio industriale e non certo nelle IPA prodotte da un homebrewer o da un birrificio artigianale, dove il livello degli alfa acidi isomerizzati è comunque talmente alto da non dare alcun problema per la tenuta di schiuma. Inoltre, una birra luppolata si rovinerebbe prima di quanto possa degradare l’amaro dovuto al coumulone isomerizzato, per le ragioni che ben conosciamo.

Direi quindi che il contenuto di coumulone del luppolo non dovrebbe costituire un criterio di scelta per il luppolo da utilizzare nelle nostre IPA. Potrebbe costituire un criterio marginale, per le ragioni espresse sopra, ma nulla di più. Passiamo ad altro.

Luppoli da amaro, flavour e aroma

Le categorie a cui vengono associati i luppoli sono in genere due: aromaamaro. Hanno un minimo di senso logico, in quanto i luppoli da amaro hanno tendenzialmente alfa acidi più alti, ma le trovo comunque abbastanza datate. Sono pochi i luppoli con alfa acidi alti che non vengono utilizzati con successo anche per l’aroma. Quindi, direi che possiamo dimenticare di questa poco utile classificazione.

Le gettate invece, ovvero i momenti della bollitura in cui il luppolo può essere aggiunto al mosto, vengono ancora indicate da molti come amaro (a inizio bollitura), flavour (tra i 30 e i 15 minuti prima della fine della bollitura) e aroma (dai 15 minuti al flame out o in fase di whirpool). Ecco, in questo caso, il termine flavour secondo me non ha alcun senso, sarebbe bene dimenticarsene.

Il flavour è la sensazione complessiva che si percepisce deglutendo la birra, ovvero un mix di sensazioni palatali (i gusti acido, amaro, dolce, sapido e umami), sensazioni tattili (astringenza, piccantezza, calore e altre) e aromi percepiti al retrolfatto. L’aroma invece è quello che si percepisce con il naso per via ortonasale (ovvero annusando la birra).

Tutte le gettate di luppolo danno un contributo sia al flavour che all’aroma, perché tutte dissolvono amaro e sostanze aromatiche nella birra. Le quali andranno poi a interagire nel nostro palato dando vita al flavour. Semplicemente le gettate a inizio bollitura danno più amaro e meno composti volatili (perché evaporano durante la bollitura), mentre quelle a fine bollitura apportano più aromi e meno amaro. Quelle nel mezzo sono – appunto – una via di mezzo, ma chiamarle gettate da flavour non ha alcun senso. Semmai è luppolo sprecato, perché apporta poco amaro e poco aroma. Meglio aggiungerlo prima – per l’amaro -, o dopo – per l’aroma.

Insomma, anche queste logiche secondo me non sono particolarmente interessanti per indirizzare la scelta della luppolatura in una IPA.

Gli oli essenziali non sono tutti uguali

I luppoli contengono migliaia di oli essenziali aromatici. Come già approfondito in altri post, si dividono essenzialmente in tre grandi gruppi: i terpeni, che richiamano principalmente aromi resinosi/speziati; i composti ossigenati, tendenti al fruttato (soprattutto agrumato), all’erbaceo e allo speziato; e i composti dello zolfo, che spaziano dal tropicale, al piscio di gatto (il catty), all’aglio e alla cipolla.

Purtroppo, sebbene alcuni oli siano stati associati a uno specifico aroma (ne è un esempio il citronellolo che ricorda il limone), nella maggior parte dei casi l’associazione composto-aroma non è immediata. In molti casi questa associazione non è diretta, dipende molto dagli altri oli presenti nel mix e dalle modalità di utilizzo del luppolo.

Orientarsi in questa enorme tavolozza aromatica non è affatto semplice. Possiamo però tracciare alcune linee guida.

Individuare il profilo aromatico dei luppoli

Partiamo dai gruppi aromatici di riferimento. Questi sono utili per inquadrare il singolo luppolo e valutare come inserirlo in un contesto aromatico. Diverse sono le classificazioni, da quella più complessa di Bart-Haas a quella più schematica di Beer Maverick. La prima è più utile per familiarizzare con i descrittori aromatici e associarli a una macrocategoria, la seconda invece la trovo più pratica per la scelta del luppolo. Nell’immagine sotto, la categorizzazione aromatica di Beer Maverick.

Se prendiamo per esempio il luppolo Simcoe, il profilo aromatico disegna sul grafico la seguente ragnatela:

Nel suo profilo aromatico saranno quindi preponderanti gli aromi di berries, tropical fruit e citrus. Se vogliamo capire meglio di cosa stiamo parlando, possiamo fare riferimento alla esplicativa infografica pubblicata sul sito della Bart-Hass.

Possiamo fare una verifica incrociata andando a cercare i descrittori del Simcoe in qualche altre sito, come Hopslist bright citrus flavors with earthy undertones, aromas of grapefruit, pine and herbs – oppure Yakima Valley a complex aroma of stone fruit, pine, and citrus zest – o ancora su Kegerator – it can carry notes of berry, apricot, passion fruit, and citrus, but also has pronounced aromas of pine and woodsy earth.

Beer Maverick aiuta a dare un valore di intensità alle singole componenti aromatiche (in questo caso tropical e berries sono i più intensi), mentre gli altri database dettagliano meglio il profilo aromatico. A questo punto, le varie sfumature aromatiche del Simcoe dovrebbero essere ben chiare. Potranno ovviamente variare – anche molto – a seconda del fornitore e dell’annata del raccolto, ma a livello macro dovremmo esserci.

In che modo andare a scegliere un altro luppolo da usare con il Simoce?

Abbinare i luppoli per complementarità

Potremmo ovviamente usare il Simcoe da solo. Tuttavia, raramente si producono birre luppolate utilizzando un solo luppolo. Le cosiddette Single Hop IPA sono utilissime per esplorare le sfumature aromatiche di un luppolo, ma nella maggior parte dei casi mancano di complessità aromatica. Questo non significa che non si possano produrre ottime luppolate utilizzando un solo luppolo (vedi ad esempio la Jarl di Fyne Ales 100% Citra), ma solitamente le migliori IPA combinano più luppoli nella stessa birra.

Non è facile abbinare diversi luppoli. Il mio consiglio è di non esagerare. Meglio sceglierne un paio, al massimo tre, seguendo una qualche logica. Se ne utilizziamo di più, rischiamo di fare un “pappone” in cui gli aromi si mischiano o peggio ancora si cancellano tra loro. Se alcuni birrifici utilizzano molti luppoli nel mix (anche 5 o 6) è più che altro per poterne rimpiazzare uno senza alterare drasticamente il profilo aromatico della birra nel caso di indisponibilità. Ma i mix con più di tre luppoli non sono facili da mettere insieme, partirei con un approccio semplificato.

L’abbinamento si può fare per complementarità. Ovvero, nel caso del Simoce, cerco di individuare un luppolo che abbia aromi più intensi lungo le direttrici aromatiche in cui il Simcoe è meno performante, ad esempio stone fruit e resin. Mi viene in mente il Chinook, con il suo tipico aroma resinoso.

Ecco che siamo riusciti ad aprire l’aroma introducendo una nuova componente, il resinoso, rafforzando al contempo quella citrica. Volendo spingere anche sulla componente stone fruit (pesca, albicocca), potremmo direzionarci sui luppoli neozelandesi che sono piuttosto spinti sul fruttato. Facendo un po’ di prove con il tool di Beer Maverick, sono approdato sul luppolo Rakau.

Ecco il risultato della combinazione di Simcoe, Chinook e Rakau: mi sembra piuttosto interessante.

A questo punto, bisogna scegliere il dosaggio dei singoli luppoli. Questo non è facile da definire, a priori. Come primo tentativo, in genere li utilizzo in quantità uguali. Giusto se gli alfa acidi di uno dei tre sono molto più bassi degli altri, tendo ad aumentare la dose del luppolo con alfa acidi più bassi. Questo non rispecchia una legge matematica, ma in genere se gli alfa acidi sono più bassi anche la concentrazione degli oli essenziali è ridotta.

Oppure, in questo caso, si potrebbe ridurre leggermente il dosaggio del Simoce, il cui aroma di berries può facilmente degenerare nel catty.

Abbinare i luppoli per rinforzo

Ovviamente l’associazione per complementarità non è l’unica strada praticabile. Se ad esempio vogliamo produrre una birra con aromi soprattutto tropicali, potremmo abbinare al Simcoe un altro luppolo con intensità alta nella stessa categoria aromatica.

Potrebbe sembrare un’operazione ridondante, ma non lo è. I composti che generano aromi tropicali sono centinaia (si tratta dei composti dello zolfo). Luppoli diversi possono apportare caratteristiche diverse seppure nello stesso ambito aromatico. Affiancando ad esempio al Simcoe un luppolo con spiccati aromi tropicali come l’El Dorado, possiamo dare una spinta aromatica significativa alla componente tropicale, rendendola allo stesso tempo più complessa.

Se andiamo a leggere il profilo dell’El Dorado su Hopslist, troviamo una serie di descrittori tropicali molto diversi rispetto a quelli del Simcoe: tropical fruit, pineapple, mango. Aromas of pear, watermelon, stone fruit and candy.

Abbinare i luppoli per “copia e incolla”

Se proprio non sappiamo dove sbattere la testa, possiamo individuare mix vincenti per la luppolatura sul sito del produttore di una IPA che ci è piaciuta particolarmente.

La Teppinaki di Alder utilizza ad esempio ben cinque luppoli: Citra, Simcoe, Cascade, Chinook, Mosaic. Forse usarli tutti sarebbe troppo, ma possiamo partire da qui per abbinarne tre. Non abbiamo ovviamente le dosi. Partirei, al solito, con un dosaggio di 1/3 per ciascuno dei tre luppoli scelti e mi muoverei da lì.

Altro esempio, la mitica Pliny The Elder del birrificio Californiano Russian River, la madre di tutte le Double IPA. Dalla scheda del sito troviamo in questo caso quattro luppoli: Amarillo, Centennial, CTZ (Columbus) e Simcoe.

Le variabili in gioco sono molte, lo capisco. Abbiamo però delineato qualche linea guida per iniziare almeno a orientarci nella definizione della luppolatura di una birra luppolata. Nella prossima puntata (link) ci addentreremo maggiormente nelle quantità e nelle modalità di utilizzo del luppolo. Queste ultime, in particolare, sono determinanti per indirizzare il risultato finale.

5 COMMENTS

  1. Ciao Frank bell’articolo come al solito. Usando anche io Beer Maverick mi sono accorto che alcuni luppoli tipo il Chelan (USA) Columbia (USA) Godiva (UK) Northern Brewer (Ger) ecc.. hanno un valore di 0 su ogni categoria aromatica. Premetto che i primi tre non li ho mai usati ma il Northern Brewer si e di wheel aromatiche ne ho trovate su questo luppolo su altri siti. Quindi credo sia un errore, tu che ne pensi?

    • Ciao, ho scritto io al tipo di beermaverick in passato per chiedergli la stessa cosa, mi ha risposto che quando stanno tutti i valori a zero significa che non l’ha testato.

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