Produrre birre molto luppolate in casa è diventato difficilissimo. Non che sia mai stato facile, ma negli ultimi anni ci siamo abituati a degli standard commerciali di altissimo livello e storciamo il naso (almeno per me è così) non appena una birra mostra qualche segno di ossidazione. Questa spesso si presenta con un colore della birra che diventa ambrato/marroncino, virando quasi sul rosa/grigiastro; aroma di luppolo spento e amaro sgraziato che non invogliano certo alla bevuta.
Diversi homebrewer si sono ingegnati con attrezzatura per l’imbottigliamento in contropressione o l’infustamento in isobarico. Cercano di evitare il contatto della birra con l’ossigeno per scongiurare qualsiasi forma di ossidazione, anche minima. Io non sono così estremista, più che altro perché non ho tempo, spazio né voglia di mettere in piedi un equipaggiamento del genere. Credo poi che con un po’ di attenzione si possa scongiurare l’ossidazione nel breve periodo, mentre la stabilità nel lungo è più difficile. Ma mi importa poco, visto che dieci litri di una birra del genere li finisco in un mese e ho spazio per tenere sempre tutte le bottiglie in frigo.
Veniamo ora alla ricetta. La base maltata è simile alla prima session IPA che ho prodotto qualche anno fa, la Umpa Lumpa, con qualche fiocco e carapils in meno. La ricetta venne prodotta anche in birrificio e venduta nell’estate del 2016 al Jolly Roger di Fregene. Ricordo che Luciano, birraio di Eastside, all’epoca mi prendeva in giro per la scelta dei luppoli (Perle e Cascade) e per le ridicole quantità che secondo lui avevo usato. E aveva ragione, ovviamente, ma quella birra era pensata per un altro target (e io avevo anche poca esperienza). In questa nuova ricetta la carica luppolata è aumentata, decisamente: siamo sempre nei miei range, quindi non troverete vagonate di luppolo, ma sicuramente la luppolatura è più decisa e in stile rispetto a quella della Umpa Lumpa.
RICETTA
La base maltata è quella che uso in tutte le mie session IPA: malto pilsner per la maggior parte (questa volta il Premiere Pilsner della Weyermann) e una piccola percentuale di Vienna per dare una piccola spinta al malto. Niente fiocchi, niente carapils, niente crystal.
Ho voluto provare due luppoli che non avevo mai usato per una mia birra: l’americano Denali, messo in commercio qualche anno fa con il nome in codice Hopsteiner 06277, conosciuto per il suo alto contenuto di oli essenziali e per i distintivi aromi agrumati e di pino; l’australiano Vic Secret, commercializzato nel 2013, dagli aromi agrumati, di ananas e frutto della passione.
Ho sbilanciato il profilo dell’acqua sui cloruri nel tentativo di ammorbidire la percezione dell’amaro.
FERMENTAZIONE
Ho replicato il mio classico profilo da US-05 della Fermentis: primi giorni molto basso, a 16°C, poi aumento graduale fino a temperatura ambiente. Dry hopping di tre/quattro giorni a fine fermentazione, poi abbattimento. Nessun travaso intermedio.
RIDURRE L’OSSIDAZIONE
Come dicevo nel cappello del post, anche io, nel mio piccolo, cerco di evitare il più possibile il contatto con l’ossigeno nelle birre molto luppolate. Evidenzio gli accorgimenti particolari che ho avuto in questo caso:
- nessuna ossigenazione pre-inoculo del lievito. Come ho scritto in quest’altro post, i lieviti secchi non hanno in genere bisogno di ossigenazione. Siccome in casa non possiamo avere un grande controllo sulla quantità di ossigeno disciolto nel mosto né su quello effettivamente consumato dal lievito, meglio non rischiare che rimanga ossigeno in giro per il mosto.
- nessun travaso intermedio. Questo vale per qualsiasi tipo di birra ad esclusione delle basse fermentazioni con lunga lagerizzazione o delle birre molto alcoliche come barley wine o imperial stout
- nessun travaso pre-imbottigliamento. Ho praticato il priming in bottiglia, come descritto in quest’altro post, imbottigliando direttamente dal fermentatore con sifone e asta da travaso. Con un po’ di attenzione si evita che pezzi di luppolo e lievito finiscano in bottiglia.
- riportare la birra a temperatura ambiente dopo il cold crash. In questo modo si sfrutta la minore solubilità dell’ossigeno nei liquidi al variare della temperatura. L’aumento di temperatura favorisce l’uscita dalla soluzione di eventuale ossigeno residuo, limitando al contempo l’ingresso di ossigeno nella birra durante l’imbottigliamento. Per far salire la temperatura della birra è sufficiente spegnere il frigo in cui si tiene il fermentatore per il cold crash la sera prima dell’imbottigliamento.
- spostamento delle bottiglie in frigo non appena finita la carbonazione. Dopo aver verificato l’avvenuta carbonazione tramite assaggio (con il destrosio il processo si riduce a 6-7 giorni), ho spostato subito le bottiglie in frigo dove rimarranno fino a quando la birra non sarà finita.
A giudicare dal colore della birra, direi che il procedimento ha funzionato.
ASSAGGIO
La birra che ho stappato per l’assaggio ha appena 12 giorni dall’imbottigliamento, quindi è freschissima.
ASPETTO // Scende nel bicchiere di un bel colore oro carico, piuttosto velata. L’aspetto è assimilabile a quello di una juicy/hazy IPA. Forma un bel cappello di schiuma bianca. Bolle fini, lunghissima persistenza.
AROMA // Piuttosto intenso, è un tripudio di agrumi: pompelmo (polpa e scorza), limone, leggerissimo mandarino. Fa capolino qualche nota di frutto della passione insieme a sfumature balsamiche di pino molto leggere. Sullo sfondo delicate note erbacee (erba appena tagliata) e forse, ma potrebbe essere suggestione, uno spiraglio di panificato (mollica di pane). A tratti si avverte una leggerissima nota di polvere/cantina che potrebbe essere anche il lato “dank” del luppolo. Leggerissima, non disturba il profilo aromatico.
GUSTATIVO // Si affaccia al palato con una buona intensità . Tornano le note agrumate con un accento leggermente maggiore sul frutto della passione. Amaro intenso, tagliente ma non fastidioso. Persiste a lungo mentre nel retrolfatto emergono note di miele, panificato (mollica e crosta di pane) e leggerissime suggestioni tropicali. Finisce con un taglio erbaceo molto piacevole.
MOUTHFEEL // Corpo agile ma presente, scongiurata quella sensazione di “acqua al sapore di luppolo” verso cui troppo spesso vira questa tipologia di birra. Carbonazione bassa, come al solito avrei potuto osare di più ma le birre luppolate mi piacciono così. Morbida al palato, quasi vellutata.
IMPRESSIONI GENERALI // Sono molto soddisfatto di questa birra: equilibrata, profumata, pulita. Ci tengo a sottolineare come la tenuta di schiuma e il corpo siano assolutamente buoni senza alcuna aggiunta di fiocchi, carapils o malti crystal. Il profilo agrumato senza derive tropicali (che spesso trovo stucchevoli) mi piace molto, l’accoppiata dei luppoli funziona. L’ossidazione per ora è tenuta a bada: le bottiglie sono in frigo e lì rimarranno. Si potrebbe osare aumentando la carica luppolata, magari con due aggiunte successive in dry hopping, ma la trovo piuttosto centrata nello stile anche così. La torbidità è dovuta probabilmente ai polifenoli del luppolo, visto che rimane torbida anche a temperatura ambiente (quindi le proteine dei malti probabilmente non c’entrano). Si potrebbe ridurre la torbidità aumentando i giorni di cold crash (un paio di settimane almeno), ma sinceramente a me non disturba.
Curiosità . L’ultima bottiglia da mezzo litro non sono riuscito a riempirla tutta perché la birra nel fermentatore era finita. Ho tappato comunque, lasciando quasi mezza bottiglia senza birra (e quindi con parecchia aria all’interno). È stata la prima bottiglia che ho aperto: la birra era quasi ambrata con riflessi grigi, l’aroma piacevole ma piuttosto spento. Sapevo che probabilmente dipendeva dalla troppa aria che era rimasta nella bottiglia, ma la conferma è arrivata quando ho aperto una seconda bottiglia riempita per bene. Sono bastati otto giorni in bottiglia a temperatura ambiente in presenza di ossigeno per rovinare drasticamente la birra.
Adesso però devi svelare il retroscena del nome che hai scelto per questa birra! Sono davvero curioso!
Pensavo lo avessi letto nei commenti della pagina Facebook (un ragazzo ha indovinato). Si tratta della bambina Abigail della serie Netflix “The Haunting of Hill House”, di cui non svelo nulla per non fare spoiler! 🙂
Come hai trovato lo sbilanciamento verso i cloruri? Amaro meno pungente e più morbido? O visti i valori dei sali secondo te quasi ininfluente?
Come ho scritto nella parte finale per il mouthfeel, la birra è molto morbida, quasi vellutata. L’amaro è tagliente come deve essere, ma un tagliente erbaceo e non sgraziato. Poi se dipenda tutto dai cloruri non saprei, probabilmente anche il pH sempre nella parte bassa del range aiuta.
Ciao Frank,
grazie per le preziose info.
Infatti, non capivo, come mai tutte le mie Ipa (dove non usavo malty crystal) ma solo pils e a volte frumento, all’assaggio dal fermantatore avevano un bel colore dorato, dopo 30 giorni di bottiglia al bicchiere il colore si trasformava in un rosa grigio. Anche una koelsch ha avuto lo stesso problema.
Io pensavo alla scarsa qualità delle materie prime (luppolo in primis).
Ho sempre fatto 2 travasi, il primo per togliere il fondo del lievito il secondo per pulirla dai pezzi di luppolo in pellet.
Posso con certezza dare la colpa ai travasi?
Per alzare il lvello dei cloruri che prodotto hai usato?
Grazie per l’importante lavoro divulgazione che stai portando avanti in questi anni.
Fabio
Con l’ossidazione è sempre difficile trovare un solo colpevole, ma sicuramente i travasi la favoriscono e molte volte non sono assolutamente necessari. Anche la conservazione è importante: le bottiglie devono passare il minor tempo possibile al caldo, anche se non eccessivo. Per questo le lascio solo i giorni strettamente necessari alla carbonazione, poi subito in frigo. Per i cloruri ho usato il classico cloruro di calcio.
Ciao Frank, sto’ per passare anche io al priming in bottiglia, ma penso che seguiro’ i tuoi consigli anche per quanto riguarda la non ossigenazione del lievito liquido e l’innalzamento della temperatura dopo il cold crash.. per quanto riguarda quest’ultima cosa (l’innalzamento dopo cold crash) ho sempre avuto pero’ il dubbio che cio’ che e’ precipitato per effetto della bassa temperatura magari si rimette in circolo: che ne pensi?? grazie
Se non smuovi troppo il fermentatore non ci sono problemi. Pensa alle bottiglie: non è che se le lasci sugli scaffali si intorbidiscono, no?
Caro Frank, su quante cose che hai scritto non mi trovo tanto d’accordo. 🙂
Siamo tornati ai vecchi tempi…ahahah
La mia unica cotta fatta dopo agosto (sono oramai quasi un ex hb), di cui già ti parlai, e anche lei una session ipa.
Più light della tua.
E tolto quel pellettoso iniziale di cui ti accennai, che ora ha perso (per fortuna), ad ora (siamo a 3 mesi e spicci) e ancora godibilissima, zero (o almeno impercettibile per me….ma anche per altri che hanno assaggiato) ossidazione, ed assolutamente stabile.
Ovviamente col pellettoso ha perso un filo di “esplosività luppolosa”, ma gli ha fatto pure bene quello.
Ed in pratica ho fatto quasi tutto il contrario di te….sto hobby e fantastico veramente…ahahah
Poi ho avuto anch’io in passato problemi di ossidazione eh, sia ben chiaro, ci mancherebbe.
Ti dico ciò solo per darti uno spunto di riflessione, non per altro.
Mi stupisce sempre la tua poca attenzione, o meglio interesse ad essere precisi, per la stabilità .
Ok so e capisco che come dici sempre tu fai pochi litri e che questa e una birra che va bevuta giovane ovviamente, per cui la cosa scema di interesse, ma mi fa sempre starno per uno come te questo aspetto, senza contare che la stabilità incide decisamente anche su aspetti che invece tu da ciò che leggo hai molto a cuore.
Poi come ti dissi tempo fa ognuno ha da percorre le sue strade.
Comunque leggo soddisfazione per questa cotta…e ne sono felice per te, poi fra una o due settimane ti si pulirà pure visivamente suppongo…almeno a me spesso, per non dire sempre, fa così.
Interessante tra l’altro altro tuo articolo su effetto del dh su densità …che vedo passato molto in sordina invece…su quello mi ci ritrovo in molti punti, anche senza il cazzillo che fa la spia da dentro fermentatore. 😉
P.s il vic e un bel luppolino devo ammettere, altro non conoscono, ed in birre così per avere problemi di schiuma devi combinare un vero disastro, al netto del grist…però basta con sta storia dei fiocchi e del carapils per la schiuma!!!
P.p.s Già che ci siamo….auguri di buon anno…magari molto birroso!!! 🙂
Grande Conco, anzitutto auguri anche a te! Poi sono d’accordo con te che magari senza tutte le accortezze che ho tenuto la birra sarebbe venuta bene lo stesso, chi lo sa. Come scrivo sempre, il tempo è poco e quindi se alcuni passaggi non mi costano tempo né attrezzatura aggiuntiva, li faccio (come non travasare o imbottigliare dal fermentatore). Per quanto riguarda la stabilità , è un concetto molto delicato che richiede strumentazione professionale per essere affrontato come si deve (isobarico, bombole di co2, ossimetro anche) o quanto meno il passaggio a tre tini con sparge e sinceramente non mi va né di spenderci né di perderci troppo tempo. Che poi non è che le mie birre dopo 1 mese le butto, eh? Dipende. E comunque per me questo hobby, per quanto ci tengo a farlo bene, rimane anzitutto un divertimento. Se per fare birre stabili mi trovo a dover fare una cotta ogni sei mesi perché non ho tempo, preferisco birre instabili. 🙂 Ma sono punti di vista. Un grande saluto e torna a fare birra cavolo!
Ciao Frank, domanda stupida riguardo al profilo fermentativi: come mai i primi giorni a 16 C e poi a salire fino a tardi ambiente?
Grazie e complimenti sinceri per i tuoi articoli sempre chiari.
A 16 per limitare il più possibile la produzione di esteri e ottenere un profilo del lievito neutro. Poi alzo per velocizzare un pò la fermentazione, dato che la maggior parte degli esteri viene prodotta nei primi due giorni di fermentazione.
Il dry Hopping lo hai fatto con pellet libero oppure nella hop bag? Se lo hai fatto libero presumo che hai lasciato il DH anche durante il cold crash, se hai messo la hop bag, l’hai tolta prima del cold crash?
Ciao.
La prima che hai detto.
Buonasera Frank.
Un dubbio, imbottigliando direttamente dal fermentatore non puoi mescolare la birra, non ci sono problemi di stratificazione?
Grazie
Diego
Stratificazione di cosa se lo zucchero lo metti nelle bottiglie con la soluzione di priming? 🙂
Sì il priming in bottiglia ok, ma la birra nel fermentatore è omogenea?
Grazie
Diego
Ma perchè prima di versare la birra da una bottiglia o spillarla da un fusto la agiti per mescolare bene? 🙂 mi sembra una preoccupazione eccessiva.
🙄
Grazie Frank.
Ti seguo sempre, continua così.
Diego
L’abbatimento lo hai fatto boi luppoli dentro?
Sì, sì. In genere non non travaso per questi stili e non uso mai sacche per il luppoli, quindi rimangono dentro al fermentatore quando faccio abbattimento.
Ciao Frank,
Se ho capito bene, di luppolo hai fatto solo gettate a 5 minuti.
La scelta immagino sia dettata dalla volontà di estrarre olii essenziali dal 100% del luppolo.
ma l’amaro a 5min, a parità di ibu, cambia dall’amaro di una gettata classica a 60 min?
In questi casi bollitura mosto sempre a 60 minuti senza eccezioni?
Grazie
Ciao Frank!
Visto il buon esito consiglieresti la non ossigenazione del mosto pre inoculo?
Se si, solo per le luppolate o anche per altri stili?
Assolutamente sì. Io ossigeno con i secchi solo nel caso di birre piuttosto alcoliche, diciamo più o meno con OG sopra 1.060
Ottimo, grazie.
Posso anche chiederti il motivo della scelta di reidratare il lievito?
Perche se non sbaglio seguendo il tuo blog mi pareva che anche tu avevi preso la strada di non reidratare per OG cosi basse, cambiato idea?
Sì, vero: avevo smesso di reidratare perché mi portava via troppo tempo far bollire l’acqua, freddarla alla temperatura giusta e attender la reidratazione. Poi ho letto su diverse fonti che reidratarlo a temperatura ambiente va bene ugualmente, quindi ho preso a usare acqua da una bottiglia chiusa nuova per la reidratazione e i tempi e l’impegno per la reidratazione si sono notevolmente ridotti. Quindi ora lo faccio, non mi porta via molto tempo e alla fine il lievito si adatta meglio al mosto. Ciò non significa che non reidratare sia sbagliato o comporti enormi problemi, ma avendo ottimizzato i tempi preferisco reidratare.
Tutto chiaro, grazie.
E complimenti per la birra, anche se non posso assaggiarla si presenta davvero bene in foto!
Ciao Frank, in quanta acqua reidrati una bustina di lievito?
10x come da indicazioni (ovvero 110ml x 11g)
Quindi usi acqua di bottiglia chiusa a temperatura ambiente senza preoccuparti della temperatura reale dell acqua? Anche se fosse a 20 gradi va bene?
Esattamente
Ciao Frank, sempre complimenti per i tuoi articoli che leggo sempre con interesse. Volevo confrontarmi con te su un processo che hai descritto alla fine, che riguarda il cold crash ed il successivo riscaldamento a temperatura ambiente. Io nella mia ultima IPA, involontariamente, ho fatto esattamente come hai descritto tu, ma mentre imbottigliavo, ho osservato che la birra scaldandosi rilasciava ulteriore CO2 e quindi riportava in superficie sia residui di lievito che di luppolo, quindi vanificando di fatto gli effetti del cold crash. Infatti le prime bottiglie sono perfettamente limpide mentre le ultime imbottigliate hanno un residuo maggiore di lievito sul fondo. Potrebbe dipendere anche da questo la velatura che descrivi nella tua birra?
Potrebbe, ma io non vedo pezzi evidenti di luppolo o lievito nella mia birra. Secondo sono particelle più piccole che non erano ancora precipitate sul fondo. Vedremo in futuro come andrà .
Ciao Frank… sarebbe interessante sapere come sta’ evolvendo……
Arriverà un aggiornamento tra un pò.
Ciao Frank, ho sempre modificato l acqua solo con gypsum e cloruro di calcio trascurando sempre magnesio e sodio e usando la san bernardo ho valori di magnesio e sodio molto bassi (0,6 e 0,8).
Secondo te vanno alzati un po? Posso chiederti perché in questa birra li hai tenuti cosi bassi anche te?
Non sono sali che ha senso alzare in una IPA. Il magnesio è meglio averlo sempre basso, perché può generare astringenza. Il sodio si può alzare in una birra scura per esaltare i toni di cioccolata, ma non pi di tanto. Alzarli in una IPA non ha nessuna utilità .
Ho capito, grazie mille.
Ciao Frank,
per quanto riguarda il riportare il fermentatore a temperatura ambiente dopo il cold crash, secondo te può dare problemi usare la cintura riscaldante?
Non credo, ma sinceramente eviterei. Potrebbe generare uno sbalzo termico eccessivo e riscaldare troppo la birra sulle pareti del fermentatore. Se non hai altro modo, farei comunque a step.
Grazie per la risposta!
perchè ho provato a staccare il frigo e far salire la temperatura naturalmente, con le temperature di questo periodo però, si arriva a 7/8 gradi, ma non di più