Premetto che questo non vuole essere uno dei classici articoli “sfata-miti”, anzi. Vorrei semplicemente proporre degli spunti di riflessione su alcuni parametri della produzione su cui alcuni homebrewer ripongono a mio avviso eccessive speranze, dimenticando il quadro globale. Il risultato è che ci si focalizza su aspetti quasi ininfluenti complicandosi inutilmente la vita, per ottenere risultati deludenti o al massimo invariati.
Oggi me ne sono venuti in mente tre, ma la lista potrebbe allungarsi nei prossimi mesi.
La densità finale (FG) e il corpo della birra
Chi si avvicina al mondo della produzione casalinga impara presto che la densità di un liquido è un’indicazione della concentrazione delle sostanze solide disciolte in esso. Nel caso del mosto o della birra, la maggior parte dei solidi disciolti è costituita da zuccheri, quindi la densità fornisce una indicazione sugli zuccheri in soluzione. Nello specifico, la densità finale (o Final Gravity o FG, come dicono gli inglesi) ci dice quanti zuccheri sono rimasti nella birra a fine fermentazione.
È opinione comune che questi zuccheri residui, oltre ad aumentare la dolcezza della birra, dovrebbero incrementarne il corpo. Il problema, a mio avviso, è che spesso si da troppa importanza alla FG, pensando che uno o due punti di differenza possano cambiare drasticamente il corpo di una birra. Tralasciando i soliti esperimenti di Scott Marshall di Brülosophy (su cui ho già dato tempo fa la mia modesta opinione), proviamo a quantificare quanto vale la differenza di due punti di densità in termini di zucchero disciolto. Pensiamo all’acqua, che ha un flavour piuttosto neutro. Per aumentare di due punti la densità di un litro di acqua dobbiamo aggiungere circa 6 grammi di zucchero, ovvero un cucchiaino da caffé e mezzo. Pensate di riuscire a percepire una differenza di corpo quando assaggiate questa acqua? Io credo proprio di no. Semmai si avverte una certa dolcezza, ma un aumento di corpo non credo. Provate, e fatemi sapere.
La realtà delle cose è che il corpo di una birra dipende dall’interazione di moltissimi fattori, tra cui (solo per citarne alcuni): concentrazione di alcol, quantità e texture della schiuma (che finisce inevitabilmente nel sorso, pensate alla Guinness spillata a carboazoto), concentrazione di proteine, betaglucani, tannini, carbonazione (una carbonazione alta tende a snellire il corpo grazie all’acido carbonico disciolto nella birra) e infine, certamente, anche la concentrazione degli zuccheri residui. Difficile a mio avviso influire in modo significativo sul corpo della birra con variazioni di qualche punto di FG.
E allora: perché la mia birra non ha corpo? Il problema in molti casi risiede nella nostra testa e nella conoscenza degli stili: le bitter per esempio possono avere corpo esile, anzi spesso lo hanno, ma in molti sembrano non volerlo accettare. E questo è vero anche per molti altri stili. Altre volte è sbagliata la ricetta: mancano per esempio delle significative gettate di luppolo intermedie (pensate a una session IPA). In altri casi gli ingredienti (specialmente i malti) magari sono vecchi o mal conservati e non riescono a dare brillantezza al profilo organolettico della birra, inducendo nella nostra testa una percezione “watery” del corpo. Insomma, le variabili su cui lavorare sono veramente tante, la FG è solo una di queste.
L’astringenza dei malti scuri
Lo ammetto, ci sono cascato anche io. Colpa, probabilmente, degli articoli di Gordon Strong e del suo libro “La Birra Perfetta”, dove invita a inserire qualsiasi malto che non sia un malto base nelle fasi finali del mash per evitare l’effetto astringente dovuto alla tostatura dei chicchi. Spaventato anche io da questa fatidica astringenza, ho prodotto le mie prime stout (link) inserendo i malti scuri a parte, dopo infusione a freddo. L’obiettivo, ovviamente, era quello di limitare l’astringenza.
Provate però a togliere l’astringenza dal vino rosso, o da un sidro inglese, pensate che avrebbe lo stesso effetto sul vostro palato? Che vino e sidro sarebbero più buoni solo perché meno astringenti? La risposta è, ovviamente, no. L’astringenza è una componente del flavour di cibi e bevande, una dimensione aggiuntiva che non ha sempre e solo connotati negativi. In certi stili birrari è una componente dello spettro organolettico, così come la dolcezza residua, l’aroma dei malti o l’amaro del luppolo. Eliminarla a prescindere non è una mossa sempre migliorativa dal punto di vista della riuscita della birra.
Questo vale soprattutto per le birre scure come stout e porter, dove i malti scuri giocano un ruolo fondamentale sia negli aromi che nelle componenti tattili del palato come l’astringenza. Certo non si dovrebbe andare oltre i limiti, ma perché questo dovrebbe accadere? Se le ricette di stout e porter si sono evolute nel tempo prevedendo certi ingredienti e certi metodi di produzione (che non prevedono la gestione a parte dei malti scuri), non vedo perché riproducendole in casa dovremmo ottenere risultati deludenti. Se il processo di produzione è fatto secondo i crismi (a partire dal pH di mash che deve essere nella parte bassa del range per evitare l’eccessiva estrazione di tannini dalle glumelle dei malti), non c’è nessuna ragione per aggiungere i malti scuri a parte. Nessuna. La mia ricetta della stout, giunta ormai alla sesta versione, non prevede aggiunte a parte e il risultato è stato decisamente piacevole.
Fanno eccezione, forse, stili particolari come black IPA (Cascadian Dark Ale) o forse le Schwarzbier, dove i malti scuri giocano un ruolo molto marginale: una suggestione di tostato indotta dal colore scuro piuttosto che un vero e proprio flavour.
A onor di cronaca, però, bisogna anche ricordare che l’estrazione a freddo (cold steeping) può estrarre aromi diversi dal malto rispetto all’ammollo a caldo. Se fatto con questo obiettivo in mente e non solo per arginare una fantomatica astringenza, l’ammollo a freddo e l’aggiunta del mosto così ricavato all’inizio della bollitura può avere un senso produttivo.
L’importanza dell’acqua
Sono stato sempre tra i fautori delle modifiche all’acqua con cui si produce birra. Feci la prima cotta diversi anni fa, già utilizzando acqua in bottiglia modificata con sali e acido lattico. Ritengo ancora che l’acqua sia molto importante nel processo di produzione, tuttavia credo anche che sia il caso di ridimensionare il ruolo effettivo che il profilo dell’acqua riveste sul risultato finale.
Non saranno certo 20 ppm di solfati in più o in meno a cambiare una birra, né 10 ppm di sale o 30 ppm di calcio. L’effetto dei sali è importante, siamo d’accordo, ma non è essenziale né particolarmente determinante quando la loro concentrazione si trova all’interno dei range di “normalità” (link). Con questo non sto dicendo che non vadano controllati e opportunamente modificati, ma di certo questa non dovrebbe essere la priorità assoluta per un homebrewer solo perché, come ci siamo sentiti ripetere diecimila volte, l’acqua costituisce il 95% della birra.
Quello che è davvero importante controllare e gestire, a mio avviso, è il pH del mosto nel processo di produzione: dal mash fino alla fermentazione, intervenendo quando necessario. E per fare questo è sufficiente un misuratore di pH decente (link) e una boccetta di acido lattico. Con un po’ di pratica non serviranno nemmeno astrusi e complicati fogli di calcolo. Prima il controllo del pH, poi quello dei sali. È vero che in parte questi due aspetti sono collegati (calcio e magnesio influiscono sul pH di mash), ma nella maggior parte dei casi un po’ di acido lattico sarà sufficiente per ottenere ottimi risultati. Garantito.
Intendiamoci: non sto dicendo che si possa fare una bohemian pilsner perfetta con acqua ricca di sali. Ma una bohemian pilsner buona sì, si può fare se il pH viene tenuto nel range giusto e il processo di produzione è solido. Avoja.
Sempre al TOP Frank!
Se non ci fossi bisognerebbe inventari 😉
Grazie! Per un principiante come me articoli del genere sono fondamentali per scremare e distinguere le cose fondamentali dai dettagli. Mi appresto ad entrare nel mondo all grain con una pentola BIAP ricevuta oggi e questo articolo è capitato nel momento giusto!
Bene, buona birra allora!
Insomma… devo modificare l’acqua o no? devo mettere i malti scuri in mash o no? deciditi!!!
E’ bello vedere che non sono il solo a mutare le mie convinzioni da una settimana all’altra ahaha. Ultimamente sto proprio riducendo le birre in cui calcolo i sali dell’acqua al millesimo di grammo (rimango convinto che possa servire sulle basse fermentazioni chiare e sulle luppolate però e continuerò a farlo).
Per quanto riguarda i malti scuri, non ho molta dimistichezza perchè produco poche stout, anzi se ti ricordi in passato ti contattai per problemi su alcune birre prodotte in BIAB. Comunque anch’io ho sempre pensato che l’infusione a freddo non possa dare gli stessi risultati di una a caldo, sull’ultima Black IPA ho messo metà malti scuri in mash e metà prima della rampa di salita per andare in mash-out. Mi interessava che il profilo maltato fosse poco marcato, ma non del tutto scialbo e devo dire che ho raggiunto un ottimo risultato. Devo produrre a breve una Imperial Stout, anche su questa pensavo di mettere il roasted e il black metà in mash-out, dici che farei meglio a mettere tutto in mash e sbattermene? Ho il tuo stesso pHmetro e resto ovviamente sempre sul range basso in mash (5.2).
Articolo molto completo e originale, bravo Frank, sempre sul pezzo!!
P.S.
Per tua estrema gioia mi sto attrezzando per la contropressione ahahahaha son troppo curioso di capire se realmente fa così tanta differenza oppure no. Il mio grosso problema sono i periodi morti al lavoro e i soldi che arrivano con la tredicesima… tanti soldi da buttare e tanto tempo da perdere fanno grossi danni… mi sono imbattuto in alcuni vecchi video e guide sull’argomento, ho aperto AliExpress e via… In ogni caso ti aggiornerò e farò articoli sul sito quando testerò il metodo.
P.P.S.
Ci sarai al Beer Attraction o sarai all’estero come ogni benedetta volta in cui c’è un evento in Italia? ehehe
Grande Davide! Dunque, procedendo con ordine:
1) Io nella imperial metterei tutti i malti all’inizio e via. Senza pormi troppi problemi se non il controllo rigoroso del pH.
2) la contropressione la proverei anche io per curiosità se avessi spazio e tempo, ma mi mancano entrambi per ora, quindi attendo le tue impressioni.
3) Ovviamente (influenze e febbri permettendo) sarò all’estero i giorni del Beer Attraction, nel mio amato mondo anglosassone. Nello specifico sarò a Bristol a fare il giudice nella competizione nazione per gli hb inglesi (e a bere da Moor ovviamente). Non vedo l’ora!!!
1) Si continuerò a fare così
2) Ti farò sapere (e ne scriverò sicuramente sul sito), sempre se riesco a mettere assieme tutti i pezzi, in teoria verso metà Febbraio dovrei riuscire a fare le prime prove, partendo sempre abbastanza easy, come mio solito. Pensavo di iniziare facendo fermentazione classica in fermentatore e poi travasando in fusto per fare carbonazione forzata ed imbottigliamento, per non andare a complicare le cose da subito. Poi l’idea è fermentare direttamente in fusto (il Fermentasaurus non mi ci sta nei frigo che uso ora).
In ogni caso ieri ho imbottigliato una Double Ipa (quindi con sostanzioso Dryhop) direttamente con siringa sparapolli e sifone (con filtrino in tessuto sul tubo pescante) e devo dire che in bottiglia è andato mosto limpidissimo, il pellet ha sedimentato molto bene e il filtrino ha filtrato tutto. Davvero contentissimo di come è andata, in meno di 1 ora ho fatto tutto, dalla sanitizzazione alla pulizia finale. Senza travasi di nessun tipo penso che il rischio ossidazione sia già molto basso di suo infatti, ma mi intrigava il discorso fusti e contropressione (in realtà soprattutto per le basse fermentazioni, dove ho notato grossi cambiamenti nel breve tempo in bottiglia purtroppo) e appena pronto proverò.
3) Beato te… il Beer Attraction mi piace perchè è molto vicino a casa (15 minuti in treno che ferma direttamente davanti alla fiera) e quindi posso fare 2 giorni senza grossi problemi e costi. E’ bello perchè è molto grande e incontri sempre tanti homebrewers. Ma potessi andare a Bristol ovviamente anch’io propenderei per quella opzione ehehe.
Ciao. Sto utilizzando fermentatori in plastica con controllo della temperatura e vorrei passare in quelli inox secondo te migliorerebbe la qualità? Ne varrebbe la pena?
No, non cambia assolutamente nulla.
Grande come sempre. 👍
Ciao, mi sto preparando la ricetta per una black ipa, volevo sapere gentilmente quale stile selezionare (su worts of wisdom) per avere un profilo di acqua adeguato?!?
Non conosco worts of wisdom, ma in genere farei più che altro a tenere il pH di mash sul range basso per non estrarre tannini (quindi intorno a 5.2 misurato a T ambiente). Per il resto solfati e cloruri bilanciati e sotto le 50 ppm.