Chi segue il blog conosce bene la mia fissazione con le saison. Non amo particolarmente gli stili classici del Belgio come Dubbel, Tripel e Quadrupel, mentre ho una grande passione per queste birre nate tra i campi della Vallonia. Ne bevo molte, cercando ogni volta di individuare le piccole sfumature che ne caratterizzano le diverse tipologie.

Lo stile lascia molto spazio all’interpretazione: dal profilo aromatico sviluppato durante la fermentazione, che può essere più o meno speziato o fruttato; alla scelta dei malti, che possono addirittura spingere il colore della birra verso tonalità scure; fino al grado alcolico, che può variare da livelli da session beer fino a quelli da Tripel.

In questi anni ho fatto diversi esperimenti, con risultati inizialmente molto deludenti. Poi, a un certo punto, senza pensarci troppo, ho raccolto un po’ di mosto da una cotta, l’ho messo in una damigiana, ho inoculato il Belgian Saison della White Labs e ho lasciato fermentare fuori dal frigo. La fermentazione è partita a 26°C, mettendomi in grande ansia. Convinto che la birra fosse rovinata, l’ho lasciata andare senza prendere misurazioni di densità. Quando mi sono ricordato di imbottigliarla, ho scoperto con mia grande sorpresa che era venuta fuori una birra buona. Molto buona, a dire la verità, tanto da segnare un punto di svolta nella mia personale lotta con il lievito Belgian Saison.

Era quindi arrivato il momento di provare a me stesso che non si era trattato solo di una botta di culo. Così ho ordinato nuovamente il lievito Belgian Saison della White Labs (WLP565) e mi sono messo al lavoro.

RICETTA

Mi piaceva l’idea di produrre una birra poco alcolica, facilmente bevibile ma che non mancasse di carattere. Ho messo giù una ricetta molto semplice, ricalcando quanto già fatto: base malto Pilsner (in questo caso anche Extra Pale perché ne avevo), piccolo tocco di Monaco (in genere uso Vienna, al 10%, ma non ne avevo) e un’aggiunta di segale per dare un po’ di carattere. Volevo una percentuale significativa che fosse caratterizzante ma non invadente, così ho optato per un 14%.

Luppoli continentali, leggermente fruttati ma delicati e erbacei. Acqua sbilanciata sui cloruri per dare un po’ di corpo e mash alto per evitare che il lievito molto attenuante portasse troppo in basso la densità. Infine, ovviamente, lievito Belgian Saison liquido (WLP 565).

Il pH finale della birra è piuttosto basso, più di quanto ottengo di solito. Siamo infatti sul valore al minimo del range che in genere si misura in birre “normali” (ovvero non acide) il cui pH può spaziare tra 4,0-4,6. Ipotizzo che questo sia dovuto alla segale che è nota per aggiungere una certa acidità alla birra.

FERMENTAZIONE

Il Belgian Saison fa sempre un po’ paura in quanto è famoso per piantarsi quando la densità arriva intorno a 1.030/1.020, per poi non ripartire più. In passato adottai diversi stratagemmi letti in giro per evitare questo stallo, tra cui togliere il gorgogliatore (o aprire il coperchio del fermentatore) durante i primi giorni di fermentazione.

Questa volta non ho adottato particolari accortezze se non quella di dimensionare bene lo starter (leggermente in overpitching) e alzare la temperatura di qualche grado dal terzo giorno di fermentazione. Dopo 7 giorni la birra è arrivata alla densità di 1.009, così ho staccato la cintura di calore e lasciato a temperatura ambiente per un’altra decina di giorni. La FG si è presto stabilizzata a 1.008.

Dopodiché veloce cold crash di un paio di giorni e imbottigliamento, direttamente dal fermentatore, puntando a 3.0 volumi.

ASSAGGIO

Ho già assaggiato questa birra diverse volte, per valutarne l’evoluzione nel tempo. In molti mi hanno garantito che le saison, indipendentemente dal grado alcolico, esprimono il meglio dopo due/tre mesi di bottiglia. Devo dire che a un mese e mezzo dall’imbottigliamento ho notato un miglioramento continuo, seppur appena percettibile. Sono curioso di vedere come proseguirà l’evoluzione organolettica di questa birra.

ASPETTO – La birra si presenta molto bene nel bicchiere. Buon cappello di schiuma, fine, molto persistente, forma anelli bianchi lungo le pareti del calice man mano che il livello della birra scende. Il colore è oro carico, brillante. Leggermente velata.

AROMA – Media intensità. Interessanti note rustiche di paglia/fieno, a mio avviso caratteristiche di questo particolare ceppo di lievito. In primo piano sbuffi agrumati di limone e pompelmo, probabilmente risultato dell’azione combinata dei luppoli continentali e degli esteri prodotti durante la fermentazione. La componente fenolica è ben presente ma mai invadente, con note speziate di pepe e punte di chiodo di garofano. Lieve tappeto erbaceo in sottofondo. Man mano che la birra si scalda nel bicchiere, emergono tenui note di frutta a polpa gialla (pesca/albicocca). Aroma piuttosto complesso e molto pulito.

AL PALATO – Ingresso di media intensità, caratterizzato da venature agrumate miste a note di spezie (pepe, chiodo di garofano). Base maltata a supporto, per una corsa breve ma abbastanza intensa. Finisce con una sferzata erbacea e un amaro non troppo lungo che lascia presto spazio a un retrogusto di cereale, rustico, probabilmente imputabile alla segale. Leggera acidità che ben si sposa con le note agrumate. Finale secco, ottima bevibilità.

MOUTHFEEL – Corpo esile ma non watery, carbonazione media. Mi sarei aspettato (e avrei voluto) una carbonazione più vivace. Astringenza molto bassa, non fastidiosa, alcol ovviamente non pervenuto.

CONSIDERAZIONI GENERALI – Complessivamente una birra molto semplice da bere, poco alcolica, ma allo stesso tempo interessante. Il profilo aromatico mi ha soddisfatto molto: mostra il giusto livello di rusticità, fenoli abbastanza aggraziati e un leggero tocco fruttato senza eccessivi sbuffi di banana. Evidentemente questo lievito per lavorare bene deve partire alto, ma non troppo. L’avvio della fermentazione a 26°C per ora mi sembra un buon compromesso: produce il giusto livello di esteri per bilanciare i fenoli senza sconfinare nel “bananoso” o peggio ancora nel solvente (come è accaduto nei miei primi esperimenti, dove sono partito da 28°C). Spero di aver finalmente fatto pace con questo lievito.

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Frank
Ingegnere elettronico prestato al marketing, da sempre appassionato di pub e di birre (in questo ordine). Produco birra in casa a ciclo continuo dal 2013. Insegno tecniche di degustazione e produzione casalinga. Sono un divoratore di libri di storia e cultura birraria. Dal 2017 sono giudice BJCP (Beer Judge Certification Program). Autore del libro "Fare la birra in casa: la guida completa per homebrewer del terzo millennio"

5 COMMENTS

  1. Ciao! Come te sono alla ricerca di una Saison dignitosa. Ho seguito il tuo profilo di fermentazione con partenza a 26°C con il WLP565 dopo un tentativo piuttosto “piatto” con il WLP590. Tuttavia il risultato mi sembra viziato da un olfatto poco gradevole! Mi piacerebbe poterti far assaggiare questo mio tentativo per avere feedback per il futuro…

  2. Ciao Frank, stavo notando che questa è l’unica saison in cui hai sbilanciato leggermente verso i cloruri (se non erro). Ho visto anche altre ricette tutte sbilanciate verso i solfuri.
    Ti chiedo ma l’acqua di base per Le saison non dovrebbe avere un rapporto bilanciato tra cloruri e solfati o comunque avere un minimo di sbilanciamento a favore dei primi?
    Grazie!
    max

  3. Ciao Frank. Questa è davvero un’ottima ricetta! Complimenti!
    Una domanda: ho notato che in molte (se in non tutte) le tue ricette di Saison quando il lievito raggiunge la FG togli la termostatazione e lasci il fermentatore a temperatura ambiente per qualche giorno invece di fare subito il cold crush. Forse lo hai già scritto da qualche parte, ma potresti cortesemente spiegarmi il motivo per cui lo fai? E’ un passaggio necessario?
    Grazie mille

    Alessandro

    • Perché la FG difficilmente si riesce a prevedere esattamente, quindi mi assicuro che non ci sia ancora qualcosa da fermentare lasciando lì qualche altro giorno prima del cold crash. Stacco il frigo in genere per non sprecare corrente se la temperatura ambiente è ragionevole, non serve un controllo preciso di temperatura in questa fase.

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