Mi rendo conto che navigare il blog alla ricerca di contenuti non è facile. Chi segue Brewing Bad con regolarità intercetta gli articoli che escono settimanalmente, ma i contenuti che pubblico non seguono un filo logico: riflettono piuttosto le mie esperienze e le riflessioni del momento. Man mano che i post si accumulano sul blog, le informazioni diventano difficili da ritrovare.

Per questa ragione ho creato delle categorie, accessibili dal menù in alto e dalla home page, che cercano di raggruppare i contenuti per tema come acqua, malto, luppolo, lievito, contropressione e attrezzatura. Questo aiuta, ma chi è alle prime armi probabilmente fatica a individuare contenuti che possano supportarlo per muovere i primi passi nell’universo sconfinato della produzione casalinga di birra.

Esiste la sezione beginners, ma anche qui i contenuti sono rappresentati come un lungo elenco di post. Alcuni molto vecchi e superati, altri validi. Non è facile navigarci dentro.

Il libro che ho scritto con Angelo Ruggiero è senza dubbio una fonte di informazioni molto più strutturata, ma non tutti – specialmente all’inizio – hanno voglia di acquistare un mattone da 400 pagine per capirci qualcosa in più.

E così mi è venuta l’idea: creare una piccola guida alla navigazione dei contenuti più immediati del blog, indirizzata a chi sta iniziando a fare birra in casa e vuole capirci qualcosa. Li ho organizzati per macrocategorie, accompagnate da una guida discorsiva alla navigazione, seguita dall’elenco dei link.

Per evitare di pubblicare un post lunghissimo, ho diviso la guida in due parti: questa, dedicata ad attrezzatura e processo; la successiva, dedicata agli ingredienti e alle ricette.

Parte prima – ingredienti e ricette

Qui la seconda parte, su ingredienti e ricette.

PARTIRE DAI KIT

Quando ho iniziato a fare birra in casa, nel 2012, non sono partito dal kit. Ho iniziato subito con una terrificante cotta all-grain che durò una decina di ore. Di kit ne ho fatti giusto un paio, per curiosità, quando già avevo un po’ di esperienza alle spalle.

Conoscere i diversi approcci alla produzione (estratto, kit luppolati, estratto+grani, all-grain) è fondamentale per capire da dove partire. Non necessariamente si deve iniziare con i kit, ma farne un paio sicuramente aiuta.

Se si decide di partire con il kit, qui ho pubblicato una guida passo passo per mettersi ai fornelli. Sebbene si parli spesso male delle birre da estratto, o di quelle in generale da kit, con qualche piccola accortezza si possono produrre birre più che decenti. Quantomeno, bevibili.

Link ai post:


SANITIZZANTI E DETERGENTI

Parto subito dalla fine con un brevissimo riassunto.

Per pulire l’impianto utilizzo sapone, spugnette e scovolini dove le superfici sono accessibili; Removil (5 g/L in acqua a 50-60°C) per le superfici meno accessibili (tubi e keg di fermentazione da 19 litri); saltuariamente, passo acido citrico sciolto in acqua tiepida (4 g/L) per togliere il calcare (il Removil non ne lascia, ha una formulazione fatta apposta che funziona anche con acque dure).

Per sanitizzare uso soprattutto Starsan (1,5 ml/L, per pochi minuti) oppure candeggina (4ml/L in acqua fredda, per 15 minuti) sui componenti in plastica. A volte faccio un primo passaggio di candeggina e un secondo con Starsan, che non risciacquo. La candeggina, invece, la risciacquo sempre con acqua calda.

Sul tema sanitizzazione ho scritto diversi post, soprattutto perché i siti dei rivenditori creano ancora molta confusione chiamando sterilizzanti dei prodotti che sono più che altro detergenti. Non è poi detto che un detergente in parte non sanitizzi anche, me l’efficacia sarà minore. Anche il sapone riesce a portare via una parte dei microbi quando ci laviamo le mani, ma non è certo un agente sterilizzante. Tenderei comunque a utilizzare prodotti più efficaci per sanitizzare l’attrezzatura che verrà a contatto con il mosto una volta trasferito dalla pentola di bollitura.

In questo post ho pubblicato una guida passo passo alla sanitizzazione con candeggina e Starsan e al lavaggio con candeggina e acido citrico (questa seconda parte ormai l’ho rimpiazza con sapone per i piatti e scovolini lunghi).

Qui una breve guida allo Starsan e ai prodotti della Five Star.

Infine, ho scritto anche un post dettagliato per fare chiarezza sull’efficacia di alcuni prodotti sanificanti. C’è anche il Chemipro Oxi, che inizialmente pensavo fosse un efficace sanitizzante (viene venduto come sterilizzante) ma che poi ho scoperto essere soprattutto un detergente con blanda azione sanificante.

Mi raccomando, ricordate sempre che il metabisolfito non è un sanitizzante efficace!

Link ai post:


ATTREZZATURA PER LA FERMENTAZIONE

Una delle prime cose che si possono (anzi, che si devono) fare anche quando si produce birra da kit è curare la fermentazione. Una volta sostituito il lievito del kit con uno decente, è importante gestire bene le temperature di fermentazione.

Non tutti possono permettersi di dedicare un frigorifero alla gestione della fermentazione – almeno non già dalle prime cotte – ma qualcosa si può fare.

In questo post ho raccolto alcuni consigli per fermentare al meglio senza controllo della temperatura. Un secondo step, ancora abbastanza semplice, è costruirsi una camera di fermentazione con dei pannelli di polistirolo, come racconto qui. L’ho utilizzata per molto tempo e mi ha risolto il problema della fermentazione nei mesi caldi (a Roma, ormai, praticamente 9 mesi all’anno).

La camera di fermentazione può anche essere abbinata a un controller STC-1000 o a un Inkbird per migliorare la gestione della temperatura.

Prima o poi, si arriverà al grande passo: prendere un frigo per gestire la fermentazione. Per controllare al meglio la temperatura del fermentatore con un frigo, ho raccolto qualche consiglio in questo post.

La fermentazione è una fase della produzione su cui vale la pena investire da subito perché ha un impatto enorme sulla qualità del prodotto finito. Inoltre, tutto quello che investiamo e che impariamo sulla fermentazione ci rimarrà anche dopo il passaggio alla tecnica all-grain.

Link ai post:

Camera di fermentazione
Camera di fermentazione

IMBOTTIGLIAMENTO

Anche l’imbottigliamento è una fase in cui vale la pena investire tempo ed energie da subito, perché tutto quello che impariamo e acquistiamo lo potremo usare anche dopo il passaggio alla tecnica all-grain.

Lascio da parte le tecniche avanzate di imbottigliamento in contropressione, a cui è dedicata una intera sezione del blog.

Imbottigliare non è particolarmente complicato, come racconto in questo post con una guida passo passo. Io mi trovavo molto comodo a imbottigliare dall’alto con il sifone, in modo da portarmi dietro meno fondo possibile e non avere problemi di intasamento del rubinetto.

L’uso del sifone permette anche di evitare il travaso a metà fermentazione per liberarsi del fondo che potrebbe intasare il rubinetto. Meno travasi = meno ossidazione. Travasare dopo la fine della fermentazione non serve fondamentalmente a nulla, se non a ossidare la birra quando viene fatto a caduta e a contatto con l’aria (ne ho scritto qui).

Con il tempo sono arrivato anche a fare zero travasi. Imbottigliavo direttamente dal fermentatore, mettendo la soluzione di priming nelle bottiglie con una piccola siringa, come descritto qui. Ora che fermento in un keg e trasferisco in contropressione, i travasi sono un problema minore, ma cerco comunque di farne il meno possibile.

Immancabile qualche riflessione sulla maturazione della birra. No: la birra non deve maturare un numero di mesi pari al grado alcolico. E ancora, no: la birra non necessariamente migliora con il passare del tempo.

Link ai post:


DAL KIT ALL’ALL-GRAIN

C’è chi, anche dopo anni di produzioni, continua a fare birra da kit. Magari fa un paio di cotte all’anno, giusto per divertirsi. Ci sta. Chi invece vuole passare all’all-grain, si trova davanti ad infinite possibilità.

Tante sono le configurazioni che si possono adottare per produrre birra partendo dalle materie prime. La scelta del setup per produrre il mosto dipende dalle proprie esigenze e ha un impatto relativo sulla qualità della birra prodotta, rispetto a quanto si sia portati a pensare. Qui una carrellata sui principali metodi di produzione casalinga, con pregi e difetti.

Il mio approccio all’all-grain è stato da subito integrale con un sistema a tre pentole. Me ne sono presto pentito presto, a causa dell’ingombro e della complessità da gestire: sono passato quindi al Brew In a Bag, riducendo i volumi di produzione a 11 litri (la scelta più saggia della mia vita).

Uno dei pochissimi video che ho pubblicato sul canale YouTube del blog (girato dal mio amico Stefano, con cui facevo le cotte i primi tempi) fu proprio sul BIAB: racconta una cotta dall’inizio alla fine.

Il mio piccolo impianto casalingo si è evoluto con il tempo: sono passato da pentole di plastica e sacca con ricircolo e controllo automatico della temperatura, a un vero e proprio sistema a tre tini (sempre da 10-11 litri). Se iniziassi oggi a fare birra all-grain in casa, opterei sicuramente per un sistema All-In-One (AIO) elettrico, comodo ed economico. Ma costruirmi un impianto pezzo per pezzo mi ha aiutato a capire molte cose.

Ad oggi il mio impianto a tre tini è questo. Occupa poco spazio e mi permette di fare cotte da 10 litri in 4-5 ore al massimo, comprese le pulizie, sul balconcino di casa. Non lo cambierei con nient’altro, mi trovo bene e credo di essere arrivato – dopo anni di evoluzioni – alla configurazione finale. Ogni tanto aggiungo qualche pezzettino, ma si tratta di piccoli miglioramenti: il cuore dell’impianto è lo stesso da tanti anni.

Trovo i sistemi AIO assolutamente validi, ma alcune considerazioni – non necessariamente vitali per fare buona birra – mi tengono orientato verso l’impianto con tre pentole e sparge.

Link ai post:


COMPRENDERE L’EFFICIENZA

Uno degli ostacoli più grandi quando si passa all’all-grain – che sia tre tini, BIAB o un sistema AIO – è il calcolo dell’efficienza del sistema. All’inizio sembra facile; poi, man mano che si va avanti con le cotte, ci si rende conto di non aver capito nulla.

Ci ho sbattuto anche io la testa per molto tempo, fino a quando non ho deciso di iniziare a misurare tutte le perdite in modo preciso e di dedicarmi con attenzione alla comprensione dei calcoli che portano al calcolo dell’efficienza.

Il primo post che dedicati all’efficienza, piuttosto basico, risale addirittura al 2013, quando sul blog scrivevo ancora in terza persona plurale, perché a fare la birra eravamo in quattro (poi siamo diventati due, poi sono rimasto io).

Qualche mese dopo pubblicai il secondo post sul tema, leggermente più approfondito. Ancora di livello medio, abbastanza accessibile. Qualche anno dopo, ci sono andato giù pesante con un terzo post, con tanto di formule e calcoli ben esplicitati.

Ho chiuso definitivamente il ciclo dei post sull’efficienza con una nerdata totale nel 2014: un post con tanto di Excel che mi ha fatto comprendere – finalmente – le reali dinamiche dell’efficienza in relazione al sistema di produzione e alle perdite. Qui siamo a livelli spinti, ma secondo me il post è molto utile.

Ho anche condiviso il mio Excel con cui registro i dati della cotta per ricalcolare automaticamente l’efficienza effettiva di ogni cotta (per me, ancora preziosissimo).

Link ai post:

 

 

 

5 COMMENTS

  1. Ciao Frank, volevo passare dal raffreddamento a serpentina ad immersione ad uno con serpentina in crontoflusso (no piastre) poichè per me che faccio cotte da 20 litri ritengo il tempo estremamente lungo rispetto al controflusso. Ora la mia domanda è che a oggi faccio come te una volta raffreddato il mosto e cioè travasare con sifone ma passando al secondo metodo si crea un problema. Il mosto bollente non può passare dal sifone al controflusso essendo quasi tutti in plastica (solo la kegland ne ha uno inox) e poi non si porrebbe regolare il flusso. Quindi come ho visto fare a tutti quelli che usano questo sistema il mosto viene fatto passare dal rubinetto in fondo alla pentola con la conseguenza di portare però in fermentatore anche parecchio trub. Il mio pensiero era di dotare all’interno del rubinetto un racking arm che pesca piu alto e di usare un filtro in acciaio da 40 micron prima che il mosto passi per il controflusso. Secondo te è un procedimento corretto o c’è un’altra soluzione migliore per chi volesse usare il secondo metodo? Grazie

    • Ciao Federico! Premesso che il sifone in acciaio lo vende anche Pinta (https://www.pinta.it/it/44/imbottigliamento_birra/4099/sifone_da_travaso_homebrew_in_acciaio_.html), secondo me non riusciresti a ottenere lo spunto necessario per far attraversare al mosto tutta la serpentina.

      Io penserei a usare due serpentine immerse nel mosto, messe in serie (io faccio così), per velocizzare il raffreddamento. Arrivare a 30°C è abbastanza rapido facendo così. Puoi poi traferire il mosto nel fermentatore con il sifone e finire di raffreddare in frigorigifero. Ormai questo è il mio metodo standard.

      Altrimenti hai bisogno di una pompa, ma è difficile pescare dall’alto. Il racking arm potrebbe funzionare, ma mi sembra una soluzione eccessivamente complessa.

      Altra soluzione potrebbe essere quella di pescare dal rubinetto sul fondo e far andare i primi 3-4 litri (quelli con parecchio trub) in un altro contenitore sanitizzato, per poi svuotarlo nel fermentatore dopo qualche ora, facendo attenzione a lasciare il trub sul fondo.

  2. Proverò con la doppia serpentina allora. Un’ultimissima cosa, ho preso l’itap2 quello a due linee per la birra. Avevo pensato di usare la seconda linea per collegarla alla pompa da vuoto invece di collegarla allo spurgo come si fa con quella singola a cui poi per altro va aggiunto anche un filtro per non mandare il liquido nella pompa. Può funzionare secondo te, sarebbe una soluzione più pulita?

    • Non ti so dire, non uso pompe da vuoto. L’iTap lo utilizzo solo per le rifermentate, per imbottigliare le birre già carbonate uso l’asta spinge CO2 da sotto (è abbastanza efficace per spurgare). Mi spiace, non so aiutarti.

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