Nonostante la versione inglese delle IPA sia la progenitrice indiscussa di questo stile, oggi se ne vedono pochissime in circolazione. Perfino nel Regno Unito è raro ritrovarsi nel bicchiere una luppolata dal profilo autenticamente britannico.
Da qualche tempo sto cercando di produrre una English IPA degna di questo nome. Finora ho fatto un paio di prove, con risultati altalenanti e mai del tutto soddisfacenti. La prima non mi convinse molto, anche se era tutto sommato piacevole da bere. La seconda riuscì meglio, ma non centrò pienamente l’obiettivo in termini di profilo organolettico.
Un terzo tentativo, non documentato sul blog, è stato compromesso dall’acquisto di luppoli del 2023, che non ho avuto cuore di usare in dry hopping a causa delle note vagamente formaggiose. Il dry hopping lo feci lo stesso, usando Saaz e Cascade che avevo in casa, finendo abbastanza fuori stile.
Ho deciso di riprovarci subito, mettendo in produzione una nuova versione, questa volta con luppoli freschi e un lievito diverso. Vediamo com’è andata.
RICETTA
Sebbene, secondo il BJCP, questo stile possa presentarsi anche in tonalità dorate, personalmente preferisco l’idea di una English IPA vecchio stile, con sfumature ambrate.
Seguendo questa linea, nella versione precedente avevo esagerato con i malti Crystal, quindi in questa ho deciso di ridurne la quantità. Ho scelto una base di Maris Otter, affiancata da un paio di malti Crystal che avevo già in casa.
Un’altra scelta importante è stata quella di evitare il dry hopping. Sebbene lo stile lo consenta, ho preferito concentrarmi esclusivamente sulle aggiunte in pentola, per ottenere un profilo luppolato classico e meglio integrato con la base maltata.
Preso da un momento di romanticismo, ho deciso di usare luppolo in coni per le aggiunte a fine bollitura, come da tradizione inglese. L’utilizzo dei coni dovrebbe dare una sensazione palatale più piena, grazie alla maggiore presenza di polifenoli provenienti dalla parte verde della pianta.
Acqua di rete di Roma, filtrata a carboni attivi. Non ho potuto alzare troppo i solfati perché il calcio di partenza è già molto alto, troppo Gypsum lo avrebbe portato a livelli eccessivamente elevati.
Veniamo al lievito. Ho voluto provare il ceppo English Ale della Pinnacle, produttore da poco entrato nel mercato italiano. Ne ha parlato molto bene Tino di Brasseria Clandestina sul suo blog.
L’attenuazione dichiarata del produttore è in linea con la tipologia inglese del lievito: 72%-78%. Ho quindi scelto una temperatura di ammostamento bassa (65°C), per portare la FG verso il limite alto dell’attenuazione di questo lievito.
Spoiler: la fermentazione si è comunque fermata al 72%, probabilmente per le destrine introdotte dai malti Crystal. Poco male, nello stile ci sta. Stavolta avevo alzato l’amaro, proprio per bilanciare gli zuccheri residui.
Siamo al limite basso del range alcolico per lo stile, ma anche questo è in linea con le versioni moderne di questo stile prodotte in UK. La IPA di Greene King fa 3.6% ABV, per dire. La Bengal Lancer della Fullers, non più in produzione, arrivava solo a 5% ABV.
FERMENTAZIONE
Trattandosi della mia prima fermentazione con questo lievito, ho preferito iniziare con una temperatura non troppo elevata: partenza a 18 °C, con un aumento graduale nei giorni successivi.
Le bolle sono comparse la mattina dopo l’inoculo. Al terzo giorno, quando l’attività fermentativa ha iniziato a rallentare, ho dato una spinta di anidride carbonica per rimettere in sospensione il lievito e stimolarlo a consumare gli ultimi punti di densità.
Al settimo giorno le bolle si erano ormai fermate. Ho alzato la temperatura di un paio di gradi, per dare un’ultima svegliata al lievito prima del cold crash.
Ho fatto una prima lagerizzazione nel fusto in cui ho fermentato, ma la birra era rimasta piuttosto torbida anche dopo 15 giorni a -2°C. Ho quindi travasato nel fusto di servizio che ho poi lasciato riposare nel frigo in cui tengo le birre, sperando che questa English IPA si pulisse con il tempo.
Purtroppo, dopo più di 40 giorni al freddo, la birra era ancora piuttosto velata. Non credo si tratti di lievito in sospensione, probabilmente la torbidità è data da proteine e polifenoli che hanno formato chill haze. Non saprei dire perché questa volta sia successo e altre no, forse dipende dall’utilizzo dei coni. Succede ogni tanto. Amen.
La birra non è che sia proprio torbida, il dito attraverso il bicchiere si intravede. Però, ecco, la avrei preferita più limpida.
Ho carbonato a circa 2.0 volumi. Carbonazione forzata, non ho fatto bottiglie.
ASSAGGIO
Per la spillatura ho utilizzato il rubinetto della Lukr. Una sorta di simulazione della spillatura a pompa. Devo dire che, abbinato alla carbonazione bassa, ha funzionato molto bene.
ASPETTO La schiuma è bianca, compatta con bolle molto fini. La persistenza è buona. Durante la bevuta si formano anelli di schiuma sulle pareti del bicchiere. La birra è di colore ambrato, piuttosto velata ma non torbida.
AROMA L’intensità è media. Spiccano le note erbacee dei luppoli, quasi balsamiche. Arrivano al naso leggere sfumature terrose. Man mano che la birra si scalda nel bicchiere, l’erbaceo vira verso il te verde. Si percepiscono anche delicate note agrumate (arancia e pompelmo). Il malto rimane nelle retrovie con note di biscotto e lievissimo caramello. Esteri da fermentazione non ne percepisco. Aroma molto pulito e in stile.
AL PALATO Il malto si sente di più rispetto all’aroma, con note di biscotto, crosta di pane, lieve caramello. L’amaro è medio-alto, intenso e lungo ma non sgradevole. Contrasta le note dolci per tutto il sorso, lasciando il palato pulito nonostante una leggera dolcezza finale. Si percepiscono nette le note terrose, quasi legnose ma piacevoli. Un sferzata resinosa accompagna tutto il sorso. Nel retrolfatto tornano gli spunti agrumati che ricordano l’arancia amara. Molto ben bilanciata.
MOUTHFEEL Corpo medio. Carbonazione medio-bassa. Nessun calore alcolico. Nessuna astringenza, nonostante l’amaro intenso.
CONSIDERAZIONI GENERALI
Il grist mi piace molto. I malti Crystal sono ben presenti senza rendere la bevuta stucchevole. Si potrebbe fare anche più chiara, ma sinceramente la preferisco di questo colore.
La luppolatura la trovo davvero azzeccata. Non so se è merito dei coni, ma questo amaro lungo e rotondo è uscito molto bene. Si potrebbe fare dry hopping, ma non mi dispiace affatto anche così. Anzi, forse la preferisco senza.
Il lievito ha lavorato bene. Non percepisco un contributo significativo in termini di esteri, ma forse quelle leggere note legnose (che ha percepito anche Tino di Brasseria Clandestina) sono da attribuirsi al lievito. Sarò sicuramente condizionato, ma mi sembra che questo lievito Pinnacle abbia dato quel tocco inglese che dona molto a questo stile.
Peccato per la velatura. Chissà a cosa è dovuta. Il mosto nel fermentatore era molto limpido, come sempre. Capita.
Ricetta promossa.
Buongiorno Frank, grazie per il tuo lavoro che contribuisce a tenere alta la nostra passione! Volevo farti una domanda che mi attanaglia da tempo…. Secondo la tua esperienza produrre delle birre di vari stili sempre con lo stesso malto base, diciamo un pilsner, sia per le inglesi che tedesche che americane…. E personalizzare solo con malti speciali lieviti e luppoli da dei risultati non all’ altezza delle aspettative? Spesso mi faccio questa domanda perché mi sono trovato a dover sostituire anche solo in parte dei malti base ma non mi sembra di aver percepito differenze….. Ti ringrazio in anticipo se vorrai rispondermi
Sicuramente delle differenze ci sono, dato che i malti base sono diversi e vengono utilizzati in quantità significativa. Tuttavia, per birre in cui la dose di malti speciali è importante (penso a una stout), le differenze organolettiche tra malto base Pale e Pilsner possono essere difficili da percepire.