Quando si produce birra in casa, non sempre le cose vanno come dovrebbero. Lo stappo della prima bottiglia, dopo tanti giorni di attesa, è un momento topico, quasi sacrale: potrebbe essere fonte di gioia e soddisfazione, ma anche di tristezza e rammarico. Nella mia ultima produzione, una birra belga in stile tripel, ci troviamo decisamente nel secondo caso (almeno per ora).

La birra è ancora giovane (è stata imbottigliata poco più di un mese fa) quindi per il momento non mi soffermerò sull’analisi organolettica (ha diversi problemi, ma è possibile che con il tempo migliori). Voglio invece cogliere l’occasione per approfondire alcuni luoghi comuni associati alla schiuma, dato che questa tripel presenta qualche criticità legata proprio a questo aspetto. La birra si chiama Session T poiché l’ABV è al limite basso per una tripel (non era pensata così, c’è stato un piccolo incidente durante la cotta).

Session T Brewing Bad

Il colore è in linea con lo stile: un bel dorato carico e intenso. La limpidezza è buona, merito indubbiamente della breve lagerizzazione di tre settimane (ne avrei volute fare due, ma per impegni vari non ho potuto imbottigliare quando avrei voluto). Due soli travasi: uno prima di lagerizzare, l’altro il giorno dell’imbottigliamento. Entrambi dall’alto con autosifone (come vivere senza?)..

Detto ciò, arriviamo al primo serio problema di questa birra: la scarsissima ritenuta della schiuma. Una caratteristica fondamentale delle tripel (ma in generale di tutte le birre belghe), è la presenza di un bel cappello di schiuma: bianca, densa e persistente (a long-lasting rocky white head, come viene descritta nel BJCP). Sul bianco ci siamo, sul rocky più o meno (se versata bene dall’alto, la schiuma si forma) ma sulla persistenza proprio no. La successione delle immagini qui sotto parla da se’.

Session_T_Tripel_Schiuma

Qui scattano le classiche domande che appaiono ciclicamente sui forum e sui gruppi facebook, generando spesso discussioni infinite e sconclusionate: dov’è il problema? cosa ho sbagliato? dovevo utilizzare i fiocchi di grano nella ricetta? Vediamo di  ragionarci insieme (spoiler: non arriveremo a nessuna conclusione certa).

Partiamo da un punto fermo: in questo caso la schiuma si forma, ma sparisce quasi completamente nel giro di un minuto. La grana piuttosto fine e la quantità limitata di schiuma fanno pensare a una carbonazione medio/bassa, e in effetti è così. Strano, perché con un priming di 6.7 grammi/litro, la carbonazione avrebbe dovuto essere abbastanza sostenuta (2.5 volumi): qualcosa deve essere andato storto durante la rifermentazione in bottiglia. Azzarderemo più avanti qualche ipotesi in tal senso.

Schiuma

Possiamo intanto affermare con ragionevole certezza che gli elementi base per formare la schiuma ci sono tutti, anche se non ho utilizzato fiocchi di grano  e la percentuale di zucchero in ricetta è piuttosto alta (16%). La schiuma si forma, questo è evidente dalle foto.

È molto probabile che la colpa della scarsa persistenza sia dovuta ai cosiddetti foam killers, ovvero a quegli elementi che distruggono la schiuma una volta formata. Del resto, le tripel, come anche le belgian golden strong ale, raramente prevedono altri cereali in ricetta se non un pilsner di base; spesso vengono aggiunte significative quantità di zucchero (che non ha proteine) per alzare il grado alcolico senza renderle troppo corpose; tutto ciò dovrebbe inibire la formazione della schiuma, cosa che evidentemente non accade in birre come la Westmalle Tripel, la Duvel o La Trappe Tripel. Considerando che non ho mai avuto grossi problemi di schiuma da quando produco birra in casa, qualcosa deve essere successo in questo caso specifico. Proviamo ad andare avanti con l’analisi.

Come suggerisce questo breve e interessante post del blog di Brewer’s Friends (che è una sintesi di altri due articoli del magazine BYO: link1 e link2), quando la schiuma si forma ma non regge, di solito è andato storto qualcosa nel processo di produzione. Molti dei principali foam killers si formano infatti durante la produzione:

  • Alcoli superiori – in genere prodotti in quantità maggiori se il lievito ha faticato durante la fermentazione (es. per underpitching in birre ad alta OG o in presenza di scarsa ossigenazione).
  • Grassi – ad esempio residui di sapone sul bicchiere o aggiunte “strambe” nella birra (tipo le fave di cacao)
  • Scuotimento eccessivo delle bottiglie o dei fusti – questo porterebbe alla formazione di schiuma in bottiglia, denaturando parte della proteine che dovrebbero tenere in piedi la schiuma nel bicchiere.
  • Produzione dell’enzima protease – questo enzima (uno dei due enzimi che si sfruttano anche durante il protein rest) scompone le proteine negli aminoacidi base che perdono di efficacia nella formazione e ritenzione della schiuma. L’enzima protease può essere rilasciato dal lievito durante la fermentazione se non ha lavorato in condizioni ottimali.

Come prima reazione mi verrebbe da escluderli tutti e quattro. Grassi e scuotimento sono fuori discussione dato che uso sempre gli stessi bicchieri e non trasposto le bottiglie. La fermentazione è andata apparentemente liscia, ma forse vale la pena approfondire questo aspetto. Se è vero infatti che ho fatto tutto il possibile per garantire una buona fermentazione (temperatura controllata, ossigenazione con O2, starter adeguato) è anche vero che non ho strumenti quantitativi per valutare l’effettivo risultato delle mia azioni. Le stime sulla vitalità del lievito prima e dopo lo starter rappresentano, appunto, delle stime. L’ossigenazione, allo stesso modo, è qualitativa: non ho un misuratore di flusso né strumenti per misurare a posteriori la quantità di ossigeno disciolta nel mosto. E se lo starter non avesse funzionato a dovere? Se la busta di lievito fosse stata “bistrattata” durante il trasporto? Se l’ossigeno disciolto, per qualche ragione, fosse stato troppo poco?

Gli unici strumenti che ho a disposizione per valutare le performance della fermentazione sono i miei sensi: olfatto e gusto. Proviamo ad usarli invece di dare per scontato che la fermentazione sia andata bene. Anche se è sbagliato trarre conclusioni affrettate (la birra è ancora giovane), c’è qualcosa che al gusto non mi convince. Non parlo di off-flavours evidenti, ma di un paio di caratteristiche che mi hanno fatto riflettere:

  • È troppo dolce. Con una FG arrivata a 1.007 e una base quasi unicamente di pilsner e zucchero (quest’ultimo completamente fermentabile) non dovrebbe risultare così dolce al palato. Questo avvalora la tesi della carbonazione non ultimata. È molto probabile che una parte dello zucchero aggiunto per la ricarbonazione non sia stato fermentato dal lievito in bottiglia. Forse il poco lievito rimasto non era poi così in forma come pensavo. La scarsa carbonazione produce poca schiuma incidendo in parte anche sulla ritenzione (meno schiuma c’è, prima sparisce)
  • Al palato sembra più alcolica di quello che è. Questo mi porta a pensare che la fermentazione abbia prodotto una quantità non trascurabile di alcoli superiori che, oltre a rendere l’alcol caldo e spigoloso, agiscono anche da foam killers. Gli alcoli superiori con il tempo tendono a legarsi agli acidi della birra trasformandosi in esteri fruttati. Questo spiegherebbe perché la ritenzione della schiuma sembra migliorare con il passare del tempo. La stessa birra, stappata a un paio di settimane di distanza da quella precedente, mostra una piccola schiuma che resiste anche durante la bevuta (foto sotto).

Ritenzione schiuma

Abbiamo quindi trovato i colpevoli? Non saprei, le mie sono (ovviamente) soltanto ipotesi. Le cause di una schiuma non ottimale sono talmente tante da rendere difficile una ricostruzione certa delle cause del problema. Quello che vorrei sottolineare, però, è che spesso si affronta il problema dal punto di vista sbagliato. L’utilizzo dei fiocchi di grano, nella maggior parte dei casi, non è la soluzione alla mancanza di schiuma. Come ho già spiegato in un altro post (link), anche una birra fatta solo con malto base (o con un buon estratto) può avere una buona schiuma. Le cause di una schiuma scarsa o poco persistente sono spesso legate a problemi di produzione piuttosto che ad aspetti specifici della ricetta.

Inoltre, molte volte tendiamo a dare per scontati alcuni aspetti della produzione che scontati non sono affatto. Aver usato un calcolatore per stimare il numero di cellule del lievito non ci dà la certezza matematica di averne generate a sufficienza, così come una fermentazione tumultuosa che parte subito e arriva alla FG prevista non necessariamente sarà una fermentazione andata bene. In questo caso, la fermentazione della mia tripel è apparentemente andata a buon fine. Ho fatto tutto quello che potevo fare per garantire al lievito un ambiente adatto per portare a termine il suo lavoro senza stress ma, nonostante ciò, qualcosa non mi convince. La schiuma è probabilmente solo un primo indicatore dei problemi di questa birra.  

L’unica cosa che resta da fare è attendere e vedere come evolve.

21 COMMENTS

  1. Che goduria leggere i tuoi post: chiari, analitici, esaustivi.
    Anche se dubito che per te sia bello scriverli quando affrontano problemi.

  2. Bah… secondo me se mettevi i fiocchi non avresti avuto problemi AHAHHAHA 😀
    Scherzi a parte, leggere le tue analisi è sempre un piacere, sopratutto quando fatte in modo autocritico e costruttivo.
    Grazie per le tue condivisioni Frank.

  3. Bello spunto e bella analisi!
    Se non ricordo male sei un sostenitore (a livello casalingo naturalmente) del priming con solo zucchero, senza aggiunta di lievito fresco. Nella tua esperienza con altre birre “importanti” (in alcol, OG, etc), prima di questa tripel sfortunata, hai sempre avuto carbonazioni soddisfacienti?

      • Fino ad ora non ho mai aggiunto lievito ed è sempre andata bene anche per la pilsner lagerizzata per un mese, la scotch ale da 8 gradi lagerizzata per due settimane. Stavolta però qualche dubbio ce l’ho…

  4. Secondo la mia esperienza dipende da che metodo usi per lagherizzare (poi può darsi che non sia il tuo caso).
    Se abbatti la temperatura di getto le cellule di lievito subiscono uno shock termico e ne rimangono poche vive al momento dell’imbottigliamento. Di conseguenza, quando adotto questo metodo, io aggiungo anche lievito oltre allo zucchero per il priming.
    Se la abbassi in maniera graduale produci un effetto assopente sulle cellule di lievito e al momento dell’imbottigliamento se ne “risveglierà” una quantità maggiore rispetto al metodo precedente.
    Nel secondo caso aggiungo solo zucchero.

    • Leggo spesso dello shock termico abbattendo la temperatura di botto, ma onestamente ho dei dubbi su cosa si intenda per ‘di botto’.
      A meno di avere sistemi ad azoto liquido, ritengo che il passaggio dai 20 ai 2 gradi sia comunque abbastanza graduale.
      Nel mio congelatore imposto la temperatura da 19-20 a 2 gradi quando winterizzo, ma la la birra comunque ci mette almeno 12/16 ore a scendere a quella temperatura pur se nel congelatore la temperatura scende sotto zero abbastanza velocemente.
      Se, invece, 12/16 ore sono comunque un tempo troppo rapido di raffreddamento allora sicuramente lo shock ci può stare, ammetto la mia ignoranza

    • Io la penso come scrive Lois qui sotto: con un semplice frigo difficile che la temperatura cali così bruscamente. Ma dipende anche dai casi e dal tipo di lievito, difficile avere una risposta certa. Cmq sicuramente la prossima volta che lagerizzo aggiungo un po’ di lievito prima di imbottigliare. 🙂

  5. A parità di temperatura e tempi di lagherizzazione una variabile può essere la tipologia di lievito. Un lievito più flocculante tenderà a precipitare di più lasciandoti meno cellule dopo travaso.

  6. La tua analisi è giusta, difatti si da sempre troppo per scontata la fermentazione che invece non è semplicemente la trasformazione di zucchero in alcool. D’altro canto però attrezzarsi con strumenti di misurazione per questa parte dell’homebrewing vedo che è abbastanza costoso e perciò si ricorre sempre a metodi indiretti e, di conseguenza, poco efficaci che danno solo indicazioni di massima. Anche io ho avuto lo stesso problema e proprio su una tripel con l’unica differenza che in mashing non ho aggiunto zucchero ma ho fatto tutto dai grani. A distanza di qualche tempo l’hai trovata migliorata la schiuma? Nel mio caso la “qualità” della schiuma è rimasta piuttosto costante, come nel tuo caso si forma ma c’è poca ritenzione.

  7. Era da un po’ di tempo che non entravo a leggere questo blog. Interessante come sempre, hai migliorato notevolmente le fotografie. Complimenti. Domenica ho fatto una saison, ho intenzione di fare dry hopping con chinook. Prossima birra sarà una tripple

  8. Ottimo articolo e buoni anche i riferimenti esterni.
    Le “Tripel” sembrano facili, ma richiedono una certa dose di sangue freddo e un lievito in grande forma…
    Anch’io sono per i grist semplici senza inutili aggiunte.
    Che luppolo hai usato per questa?

    • Le tripel, come anche le saison, sono molto difficili da fare anche perché spesso per produrle si usano lieviti tramandati da generazioni. Tant’è che in Italia le interpretazioni esemplari si contano sulle dita di una mano. Come luppolo ho usato il magnum in amaro (lo uso quasi sempre, lo trovo molto versatile) e il classico East Kent in aroma (molto poco a dire la verità, 20 grammi su 15 litri a 20 minuti dalla fine della bollitura).

  9. Ciao Frank, Ho appena aperto la mia belgian blond imbottigliata da una settimana e mezza, ho seguito le indicazioni per lo stile zucchero poco 3%, l’ammostamento con multistep e sosta proteolitica; l’inoculo alto 25°(devo sistemare il l’impianto di raffreddamento), fermentazione da 18-23°(in frigo con la sonda nel fermentatore) con due bustine di lievito abbey MJ. Per la schiuma si disintegra sembra di vedere la foto al inizio del post(le bollicine sono grosse) gusto di alcool coprente. E’ un pò presto per dire o ci sta qualche errore? Secondo tè influisce la temperatura di inoculo del lievito influisce poi nella successiva fermentazione?
    grazie

    • Difficile fare una analisi a distanza. Quello che hai fatto mi sembra corretto in principio, e non credo che un inoculo a 25°C possa aver creato particolari problemi (anche perché non è una temperatura altissima). Aspetta un po’ e vedi come fa, anche se dubito possa migliorare più di tanto.

  10. Ciao! Com’è andata poi la Tripel… io adesso sono alle prese con una Dubbel 8,2% che manifesta problematiche da alcoli superiori! Schiuma presente ma evanescente, calore da alcol che brucia il palato.

  11. Stesso problema lo sto avendo con una tripel appunto. OG 1085 e ricetta 90% pils + 10% zucchero candito. Schiuma evanescente. Bollicine praticamente 0.
    SPOILER: per 60 litri circa in fermentatore ho utilizzato 4 bustine di T58 che però, ahimè, non erano in forma ovvero scadevano proprio in quel mese. Ed io la cotta l’ho fatta negli ultimissimi giorni del mese. Devo però ammettere che la fermentazione è andata bene e in ogni caso le 4 bustine di t58 si sono fatte sentire eccome visto che hanno causato un’eruzione dal gorgogliatore!!!
    Per il priming ho utilizzato l’app calcoliamo birra con volume di 2.2.
    Ah dimenticavo: 3 mesi di bottiglia per adesso.

    • Il “vigore” della fermentazione non è indice di buona fermentazione. Anzi, spesso è un segnale opposto: poche cellule che si “impegnano” troppo per gestire i troppi zuccheri presenti nel mosto.

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