Si sa, spesso gli homebrewers amano complicarsi la vita. Specialmente quando si parla di step del mash: sembra una gara a chi ne fa di più. Per carità, non c’è niente di male nel fare dieci step, e soprattutto ognuno a casa sua può fare quello che vuole. Ci mancherebbe.

A noi però piace seguire lo stile di Gordon Strong, di Brad Smith o quello di Palmer: un approccio tutto americano che cerca di ottenere i migliori risultati con il minore sforzo.  Una valutazione attenta di costi e benefici ti porta necessariamente ad approfondire i concetti prima di poter fare un scelta. E questo, a noi, piace molto.

Ed eccoci quindi a parlare dei fiocchi di grano e del grano non maltato. La domanda del giorno è: che differenza c’è tra i due? Perché dovremmo farci due braccia così per macinare dei sassi (il grano non maltato, appunto) quando potremmo direttamente gettare una busta di fiocchi di grano nel mash? Perderemmo forse la nostra virilità di maschi macinatori?

Proviamo a ragionare. Vediamo cosa ne viene fuori.

IL RAGIONAMENTO

Il grano non maltato, come dice la parola stessa, è il grano che non ha subito il processo di maltazione. Come nel caso dell’orzo non maltato, questo lo porta ad avere delle caratteristiche ben precise:

  • non ha enzimi (alpha e beta amilase), quindi deve essere utilizzato nel mash insieme ad un altro cereale maltato che abbia sufficiente potere diastasico (ovvero enzimi sufficienti a convertire in zuccheri sia i propri amidi che quelli del grano)
  • apporta un maggiore contributo in proteine e beta-glucani rispetto ai cereali maltati (la maltazione consuma una parte degli amidi, allenta la struttura proteica e degrada in parte i beta-glucani). Questo aiuta la formazione e la ritenzione della schiuma e rende la texture della birra più morbida.
  • è molto duro, quindi difficile da macinare (a causa della struttura proteica)
  • ha un sapore leggermente diverso dalla versione maltata. Si tratta di una sfumatura sottile e non sempre facile da cogliere. Brew Your Own, in un interessante articolo, ci racconta che il grano non maltato produce birre meno corpose e meno dolci rispetto alla versione maltata, per questo si utilizza nelle blanche. Ci crediamo.

Il grano non maltato è disponibile in diverse forme:

  • semplice: i chicchi sono raccolti, puliti della crusca ed imbustati
  • in fiocchi: i chicchi vengono prima cotti a vapore per ammorbidire la struttura proteica, pressati tra due roll e poi asciugati, privandoli del loro contenuto d’acqua.
  • torrefatto: i chicchi vengono scaldati in modo da far allentare la struttura proteica e rendere gli amidi maggiormente accessibili agli enzimi una volta messi a mollo in acqua (qui un video sulla torrefazione, se vi interessa)

Veniamo al punto: qual è la differenza tra queste tre tipologie di grano in termini di contributo al sapore finale della birra? Secondo noi: NESSUNA. Si tratta in tutti e tre i casi di grano non maltato, quindi stesso contenuto in termini di componenti organici. La versione in fiocchi e quella  torrefatta hanno l’unico vantaggio di rendere più semplice lo scioglimento degli amidi in acqua durante il mash, aiutando il processo di conversione e l’efficienza complessiva.

C’è un altro elemento da considerare: la temperatura di gelatinizzazione. Con questo termine si intende la temperatura minima oltre la quale l’acqua calda riesce a sciogliere i legami della struttura del cereale aiutando lo scioglimento degli amidi nell’acqua. Questa temperatura dipende dal tipo di cereale: in alcuni casi (vedi ad esempio riso e mais) è più alta di quella del mash. Questo significa che se mettete il riso nel mash questo rimarrà compatto rendendo gli amidi inaccessibili agli enzimi. Alla fine del mash i chicci rimarranno intatti e non avrete ottenuto nulla (e sinceramente ve lo meritate pure, visto che volevate fare birra con il riso!).

La versione in fiocchi e quella torrefatta superano questo problema in quanto la struttura proteica del cereale perde compattezza. Questo rende solubili in acqua ad esempio i fiocchi di riso e mais anche a temperature inferiori al range di gelatinizzazione. Questo vale per tutti i cereali (cfr. Beersmith Blog)

Teoricamente il grano ha una temperatura di gelatinizzazione che ricade nel range del mash (parte dai 52 gradi), però, come ci racconta Michael Tonsmeire nel suo libro American Sour Beers (pag. 36 della versione inglese), la complessa struttura proteica del grano non maltato rallenta il processo di gelatinizzazione. Questo significa che il grano gelatinizzaerà alla fine, ma la lentezza del processo ridurrà l’efficienza complessiva del mash se questo non viene protratto per un tempo sufficientemente lungo. Chiaramente, più il grano viene macinato fino, più la situazione migliora dal punto di vista dell’efficienza. Avere però troppe farine nel mosto porta altri problemi (problemi con lo sparge, torbidità, instabilità della birra finita).

LE CONCLUSIONI

La domanda delle domande allora è: se è vero che è duro come un sasso e difficile da gestire in fase di mash, perché diavolo usare il grano non maltato? Abbiamo capito che il contributo di sapore è differente rispetto al grano maltato, e quindi ok. Se vogliamo produrre una birra di grano più rinfrescante e meno dolce (vedi le blanche) è consigliabile usarlo. E’ un discorso simile all’utilizzo del roasted barley (orzo non maltato e tostato) nelle dry stout.

Non c’è però secondo noi alcun bisogno di utilizzare il grano non maltato nella sua forma classica, magari inventandosi mille step assurdi solo per renderlo più gestibile. Possiamo tranquillamente usare i fiocchi o la versione torrefatta: la birra non cambierà, ne siamo abbastanza convinti. Stesso discorso per il grano torrefatto: solo che questo va macinato, quindi meglio i fiocchi a nostro avviso.

Ma allora perché nei birrifici usano la forma semplice? dirà qualcuno. Vero. Verissimo. In questo caso, come in altri, la ragione crediamo sia meramente economica: i fiocchi e il grano torrefatto costano di più. Un birrificio ha tutti gli strumenti per gestire un mash multistep pensato per aiutare i chicci di grano a rilasciare gli amidi in soluzione. Soprattutto se alla fine si risparmia.

Ma a noi homebrewers il grano non maltato non conviene. A meno che non vi mettiate a produrre birre blanche in serie. Non abbiate paura, quindi, usate pure i fiocchi con serenità. Al limite, potete sempre non dirlo a nessuno.

17 COMMENTS

  1. Caro Dr. Frank (enstein), il tuo articolo mi sembra fatto bene, però non concordo sul discorso finale in cui cerchi di dissuadermi dall’usare il grano nelle mie birre a favore dei fiocchi. Ho quasi sempre usato i fiocchi per la schiuma ed ultimamente ho fatto qualche birra con il grano non maltato. Ti confermo che il mulino inizia a sudare ben prima dell macinazione, il trapano cinese bestemmia in coreano, però nella birra la differenza si sente e come.
    Personalmente ho sempre utilizzato un mash molto più lungo 15’@45°+20-25’@52°+ 60’@65-68°+15’@72° però il risultato in termini di sapore è notevole. Inoltre c’è da considerare che se vuoi raggiungere percentuali del 50% di frumento e se usi i fiocchi, non si riesce più a filtrare, cosa che con il grano è sempre difficile ma più realizzabile.
    salute

    • Ciao Lorenzo,

      fiocchi e grano non maltato dovrebbero avere lo stesso contenuto in termini di proteine e betaglucani perché di fatto sono la stessa cosa (come ho cercato di spiegare nell’articolo, i fiocchi hanno subito un semplice riscaldamento che è servito solo ad ammorbidirli). Sono questi due componenti a dare il maggiore contributo alla schiuma. Ti premetto che io sono uno di quelli che evita di usare i fiocchi solo per la schiuma, poiché ritengo che se il processo (ovviamente in all grain) viene ben gestito, la schiuma si tiene da se’ senza bisogno di aiuti. Personalmente, uso il grano solo se cerco il sapore di grano nella birra, non per sostenere la schiuma.

      Aggiungo che non ho particolare esperienza con il multistep, ma da quello che ho letto su diversi libri, due step nel range di attivazione di entrambi gli enzimi proteolitici (protease e peptidase) porta alla disgregazione della maggior parte delle catene proteiche, rendendo di fatto poco efficace l’utilizzo del grano come supporto per la schiuma.

      Sul filtraggio hai ragione, ma ho premesso che facendo BIAB non ho di questi problemi.

      Anche per quanto riguarda la percezione della differenza di gusto sulla birra finita, ti chiedo: hai mai fatto test alla cieca su due birre ottenute con ingredienti diversi? (grano non maltato o fiocchi di grano). Alla cieca intendo “a occhi chiusi”, senza sapere quale sia una birra e quale l’altra. Te lo chiedo perché mi è successo di reputare due mie birre completamente differenti ad occhi aperti, ma di non riuscire a distinguerle in un assaggio alla cieca. E’ incredibile a volte quanto siamo condizionati dalle informazioni che abbiamo in testa.

      Poi, come sempre: se ti piacciono le tue birre e secondo te vengono bene con quei passaggi in multi step, buon per te. Ognuno segue le pratiche che lo fanno sentire meglio.

      Un saluto e buona birra!
      FranK

  2. Interessante.
    Mi sfugge una cosa: perché per le blanche invece va usato esclusivamente grano non maltato e non fiocchi se si è detto che i prodotti sono uguali?

    • Chi l’ha detto che va usato solo grano non maltato? Si possono usare tranquillamente i fiocchi. Tra l’altro, i fiocchi SONO grano non maltato. 🙂

  3. Interessante articolo, che mi ero perso. Concordo in pieno (e come potrei fare altrimenti?) con Frank e aggiungo che nelle mie blanche con il 50% di fiocchi non ho mai avuto problemi di filtrazione (uso il classico bazooka)

  4. Ciao Frank secondo te utilizzando il 40% di fiocchi va fatto il protein rest insieme al malto pils?

    • Dipende. Se fai fly sparge, probabilmente è meglio farlo per avere uno sparge più fluido. Io per la berliner weisse non lo feci con il 30% di fiocchi e venne addirittura limpida. 🙂

  5. Mi dispiace dissentire, si tratta di un ragionamento più ampio del mero motivo economico, l’uso di cereali crudi ha diversi vantaggi oltre alla schiuma, e se si capisce come utilizzarli potrebbe risultare un’arma vincente per una birra che abbia una marcia in più.
    Non sono convinto che non ci sia differenza tra non maltati gelatinizzati e grano crudo a livello di gusto: la differenza si sente e se si intende fare una birra al grano, con i crudi l’impronta impressa dal frumento è molto più riconoscibile, ho provato sulle mie birre e posso garantirti che non è la stessa cosa, va beh questa però è una mia considerazione che lascia il tempo che trova non potendo trovare riscontro visto che ormai me so bevuto tutto 😉
    Comunque la differenza oltre all’impronta del frumento stesso la fa il processo che ti permette poi di utilizzare grani crudi senza avere perdite di efficienza: il cereal mash che come molti sanno è un mini mash in cui ai crudi si unisce una piccola parte di malto base per effettuare svariati step di ammostamento in cui però non mancherà mai un variabile step di conversione parziale (i maltati sono in netta minoranza e non avverrà conversione totale) e un periodo in genere tra i 15′ e i 30′ di bollitura del “pastone”.
    Se pensi alla decozione per le tedesche capirai che questa bollitura qualche traccia la lascia, se pensi ad una blanche, la stai effettuando su una percentuale consistente del grist col vantaggio di non estrarre tannini dalle cuticole dei grani visto che il frumento è già decorticato.
    C’è un perchè per ogni cosa, basta cercarlo.

    • Ciao Fabio, osservazioni interessanti. In parte condivido, ma quello che volevo dire io è che l’effetto è non è netto, specialmente se non se ne usano in grandi quantità. Sull’effetto della decozione potremmo parlarne all’infinito: da molti test a triangolo non si percepisce la differenza, alcuni giurano di sentirla, altri no. Insomma, tutto dipende dal contesto e anche dai punti di vista. Sicuramente la ragione non è meramente economica, ma secondo me la differenza non è sempre così netta tra fiocchi, torrefatto e crudo. Dipende anche molto da cereale che si sta utilizzando. Poi le prove bisogna sempre farle per rendersi conto da soli delle differenze (se ce ne sono). A presto.

      • Ti dico in breve la mia: la decozione applicata al mash di una tipica birra teutonica va considerata come parte del mash, non si avrà quindi molta flessibilità d’azione, il risultato da ottenere oltre a quello di innalzare la temperatura negli gli step di ammostamento è quello di creare una serie di reazioni che vanno dalla pirolizzazione (formazione di caramelli) a quelle tanto desiderate dai birrai belgi e che prendono il nome di reazioni di Maillard (produzione di melanoidine).
        Tra le due, sia per una blanche che per una tipica tedesca quelle di maillard sono le reazioni più desiderate, il problema è che sono massimizzate da un ambiente particolare in cui ci siano zuccheri riducenti, certi amminoacidi e un PH tendente al basico. Per le tedesche, data la presenza di cuticole in bollitura non è consigliabile alzare il PH pena la maggior estrazione di tannini, si rileverebbe in alternativa anche la difficoltà di dover partire con un PH non consono a un ammostamento per favorire la decozione oppure di dover modificare di volta in volta il PH dell’impasto in decozione per poi dover correggere il main mash una volta riaggiunto il volume bollito, ecco perchè spesso non se ne avverte la differenza: chi effettua la decozione è costretto a fare dei compromessi o non agisce con cognizione di causa, se fatta bene la decozione si avverte eccome!
        Nel cereal mash, essendo una fase separata in quanto in genere viene fatta prima della cotta, posso tranquillamente creare un più adatto ambiente per le reazioni di maillard, contenendo la produzione di tannini per la molto minor quantità di cuticole presenti e ignorando o quasi un ph troppo alto. Come sai PH prossimi al 6 favoriscono le alfa amilasi, se quella piccola quota di zuccheri convertiti è di maggioranza composto da destrine, non mi interessa più di molto perchè la regolerò dopo nel main mash nel caso voglia fare un mosto più spostato su una birra secca, ci penseranno le beta a tagliuzzare tutto. Come per tante fasi della birrificazione, l’esecuzione con cognizione di causa del cereal mash per i grani crudi, può fare la differenza tra una birra ottima e una perfetta. Questo è almeno il mio parere.

        • Molto interessante, grazie Fabio. Come dici giustamente, si tratta di differenze a volte minime nel profilo organolettico che possono fare la differenza tra una birra ottima e una perfetta. Sono d’accordo. Il punto è che, come evidenzi anche tu, spesso ci si lancia verso inutili complicazioni senza la dovuta cognizione di causa, spesso addirittura peggiorando la situazione invece di migliorarla. Alcuni giurano di di percepire differenze organolettiche senza aver mai nemmeno tentato un test comparativo (la testa gioca brutti scherzi). Io credo che mediamente, per chi fa birra in casa, la semplificazione sia la chiave per imparare a produrre buona birra. Per farla poi diventare ottima in una fase successiva.

  6. Ciao a tutti …bell’articolo e interessante.
    La mia domanda ora a proposito di fiocchi (d’orzo, di farro, d’avena, ecc) è la seguente: quale potenziale estrattivo hanno in termini di amido/zucchero? Dei Malti abbiamo le schede del produttore ma per i fiocchi possiamo avvalerci solo delle schede dei valori nutrizionali.
    In queste schede alla voce “carboidrati (amidi) di cui zuccheri” nei fiocchi vedo percentuali abbastanza basse che oscillano intorno al 60%. Dovremmo prendere questa cifra come riferimento?
    Grazie mille!!!!

    • Ciao Carlo, come puoi trovare su diverse tabelle disponibili online (come per esempio questa: http://bit.ly/2pl6mhL), i cereali in fiocchi (quindi non maltati) hanno un potenziale leggermente minore dei rispettivi cereali maltati. Per esempio, il flaked wheat (grano in fiocchi) ha un potenziale di 1.035 (in pound per galloni), 4 punti in meno rispetto al malted wheat (grano maltato). Questo perché la maltazione consuma una piccola parte degli amidi ma ne libera una parte ancora maggiore.

      • Grazie mille Frank…sei super EFFICIENTE! 🙂
        Il mio problema con le tabelle che mi hai linkato è che fanno riferimento al potenziale espresso in densità risultante da mash…. io son abituato invece a lavorare con le %…tipo Malto Pilsner 81 % di estratto potenziale macinato fine (tipo dati espressi da schede produttori malti), ecc…. con queste % faccio i dovuti aggiustamenti…. diversamente non saprei come adattarli questi dati.
        Puoi aiutarmi? Grazie ancora!

        • Eh, ma come fai a lavorare solo con le percentuali? Impara a calcolare il potenziale dei malti, è abbastanza semplice e ti permette di lavorare con qualsiasi tipologia di malto. Lavorare con le % porta a risultati errati, perché ogni malto ha un potenziale di estrazione diverso. Le % si utilizzano per capire il peso relativo di malti, non per gestire delle sostituzioni. Per esempio, di solito il roasted barley non supera il 10% del peso totale dei malti in una stout, lo special B intorno al 5% in una dubbel e via dicendo.

  7. Ciao, post vecchio. Chissà se risponderai.
    Faccio birra da un po’, da qualche anno in AG con sistema All in One. Le mie birre son buone ma la schiuma è sempre evasiva. Arriva bella e armoniosa, ma dura poco. Metto sempre fiocchi d’avena e, nonostante già di per se l’AG con gli step base rispettate dovrebbe garantire una buona schiuma, niente di fatto. Può essere che aggiungendo i fiocchi devo sempre fare una sosta a 52°? LA mia birra non viene limpidissima e ho paura che l’uso di questi fiocchi, forse in modo errato, producano un effetto opposto, ossia schiuma poco durevole e birra torpida.. Possibile?

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