Non so per quale ragione, ma dalla prima birra che ho prodotto in casa (sempre con metodo all grain) molta della mia attenzione è andata subito all’acqua. Non era fondamentale scegliere una determinata acqua piuttosto che un’altra, e non lo è tutt’ora. Diciamocelo chiaramente: si possono produrre buone birre con qualsiasi acqua, basta che non sia piena di cloro. Meglio focalizzarsi su diversi altri aspetti della produzione di birra (mash, fermentazione, ingredienti) prima di lanciarsi nel mirabolante mondo dell’acqua.
Nonostante ciò, molti homebrewers entrano in fissa totale con i famosi profili storici delle acque, spesso senza avere la minima idea di quello che stanno facendo e di come un parametro possa influire sul processo di produzione e sul bilanciamento organolettico della birra. I profili storici delle acque contano fino a un certo punto: oggi molti birrifici modificano l’acqua prima di usarla (e probabilmente lo facevano anche in passato facendola bollire). Bisogna considerare inoltre che un tempo ci si arrangiava con quello che passava il convento, ovvero con l’acqua della cittadina in cui si trovavano gli impianti produttivi. Quest’acqua non sempre aveva il profilo ottimale sotto tutti gli aspetti. Oggi abbiamo molte più conoscenze e soprattutto possiamo modificare senza grandi difficoltà i valori delle acque, aggiustandole in relazione al risultato che vogliamo ottenere.
Cercare di replicare in toto le acque storiche secondo me non solo è molto difficile, ma in certi casi può essere anche controproducente. Le acque storiche rappresentano invece un utile strumento per comprendere i principali meccanismi alla base dell’interazione dell’acqua con il processo di produzione della birra e con i delicati equilibri organolettici del prodotto finito. Oggi vi racconto quello che ho imparato studiando e sperimentando diversi profili dell’acqua, partendo dai profili storici più famosi.
Per approfondire consiglio di leggere i numerosi post nella sezione ACQUA di questo blog.
Prima di iniziare, una precisazione: se producete birra con estratti di malto, non ha alcun senso ricercare un’acqua specifica dato che qualcun altro ha già fatto il mash al posto vostro con un’acqua di cui non sapete nulla. Meglio allora scegliere un’acqua generalmente non troppo carica di minerali, senza farsi troppi problemi.
I valori dei profili li ho presi dall’estratto online del libro di John Palmer How to Brew
L’acqua di Dublino è quella con cui veniva (teoricamente) prodotta la Guinness. Di conseguenza è diventata, nella testa di molti, l’acqua ideale per produrre qualsiasi birra scura. Ma non è esattamente così. Vediamo quali sono gli elementi davvero importanti quando si produce una birra scura, partendo dall’analisi dei valori della presunta acqua di Dublino.
Quello che in questa acqua è veramente importante è il livello di bicarbonati, che è piuttosto alto. Nelle birre scure, infatti, si usa una significativa percentuale di grani tostati (anche fino al 10% di orzo con EBC intorno a 1000). Questo tende a far scendere molto il ph di mash (chi fa BIAB ha un mash molto diluito e l’effetto è minore). I bicarbonati tamponano l’effetto di riduzione del ph aiutando a mantenere il ph di mash sopra il limite inferiore di 5.2.
I bicarbonati si possono comunque aumentare in modo semplice aggiungendo bicarbonato di sodio, ma bisogna fare attenzione perché così facendo si aggiungono anche 27 ppm di sodio per ogni grammo di bicarbonato sciolto in 10 litri d’acqua. A prescindere dalla birra che si sta producendo, il livello del sodio non dovrebbe mai essere superiore alle 50 ppm (a meno che non stiate producendo una gose, ovvio).
Gli altri valori dell’acqua di Dublino sono decisamente meno importanti. Un rapporto solfati/cloruri sbilanciato sui primi potrebbe essere utile per rendere più netta la percezione dell’amaro in una dry stout, ma personalmente non me ne preoccuperei più di tanto. Su sodio e magnesio non mi sbatterei troppo, farei solo attenzione al livello di sodio nel caso di aggiunte di bicarbonato.
Per dare una indicazione assolutamente di massima, un valore dei bicarbonati sopra le 200ppm potrebbe già essere sufficiente per bilanciare il ph di mash (ma molto dipende dal livello di concentrazione del mash). In BIAB non avrete problemi nemmeno con 100ppm, sperimentato di persona.
Qui è proprio il caso di dire: bbbboni, state boni. Questa non è un’acqua normale, mettetevelo in testa. Ricreare quest’acqua in casa è pura follia, punto. Dice: vabbé, ma a Burton la birra la fanno così. Be’, insomma: semmai è possibile che un tempo la facessero così. Ora, non credo (quantomeno non con valori così alti). E poi, come dico sempre, mi piacerebbe tanto vedere qualcuno mentre assaggia una birra prodotta più di 100 anni fa: non credo la apprezzerebbe, visti gli standard a cui siamo abituati oggi. Lo stesso Jeff Alworth, nel suo ultimo libro The Beer Bible, racconta come le vere Burton IPA di oggi sono buone nonostante quello che viene definito il Burton Snatch; ovvero, in parole povere, nonostante la puzza di uova marce (lo zolfo che deriva dall’alta concentrazione di solfati).
E quindi? Con quale acqua la produco la mia IPA?
Due sono gli elementi importanti: (1) più che i solfati in assoluto, è importante mantenere alto il rapporto solfati/cloruri. Vanno bene valori come 100/50 o 50/20 o qualcosa del genere. Non andrei mai troppo alto con i solfati per evitare un sapore troppo minerale (diciamo sotto le 200ppm). (2) puntare a un ph di mash basso (vicino al limite inferiore di 5.2). Chiaramente un’acqua con un livello di bicarbonati basso aiuterà ad arrivare a un ph basso durante il mash, anche in assenza di malti scuri. Usare acido lattico va anche bene, dato che neutralizza i bicarbonati. Perchè puntare a un ph di mash basso? Perchè il valore del ph di mash determina il valore del ph della birra finita: se il ph di mash è alto, anche il ph della birra dopo la fermentazione sarà alto. Un ph della birra alto influisce negativamente sulla percezione dell’amaro, rendendolo più sgraziato e quindi meno gradevole.
Ah, la mitica acqua di Pilsen! Tutti la cercano, nessuno la trova. Tutti sono convinti che il vero segreto di una vera pilsner in perfetto stile sia l’acqua. Capiamoci: sicuramente è un elemento significativo, ma a mio parere non è certo l’elemento più importante da considerare quando si tenta di riprodurre una pilsner. Un’ottima fermentazione è più importante, una lunga lagerizzazione anche, un ottimo malto base e luppoli freschi e intensi sono fondamentali. L’acqua gioca il suo ruolo, per carità, ma è l’ultimo elemento di cui mi andrei a preoccupare.
A ogni modo, vediamo cosa è davvero importante in quest’acqua e cosa lo è meno.
Molti pensano che l’assenza di minerali sia il punto forte dell’acqua di pilsen, e in parte lo è. Ma non in toto. Il calcio, per esempio, è inferiore al valore limite delle 50 ppm, considerato da molti fondamentale per una buona flocculazione del lievito e per una significativa precipitazione delle proteine durante la bollitura. Due fattori critici per ottenere una birra limpida e pulita al palato. Probabilmente a pilsen si arrangiavano, per carità, e in qualche modo forse riuscivano a produrre una buona pilsner anche con valori di calcio molto bassi. Ma personalmente non mi assumerei questo rischio.
Cloruri e solfati bassi possono essere una buona cosa, ma difficilmente restano bassi se alziamo il calcio con Gypsum (aggiunge anche solfati) o Cloruro di Calcio (aggiunge anche cloruri). La soluzione? Partire da un’acqua molto povera di minerali (per esempio la Lauretana) e alzare calcio, cloruri e solfati di poco aggiungendo sia gyspum che cloruro di calcio, in modo da alzare solfati e cloruri della stessa quantità. Così facendo continueremo ad avere il rapporto solfati/cloruri neutro con poco effetto sul bilanciamento finale. Punterei a un valore del calcio di almeno 20ppm, ma 50ppm sarebbe ancora meglio se riusciamo a mantenere comunque cloruri e solfati sotto le 30 ppm (per limitare la mineralità nel prodotto finito).
I bicarbonati bassi sono una buona cosa quando si producono birre chiare e luppolate, lo abbiamo già detto: tengono basso il ph di mash e il ph della birra, rendendo l’amaro più morbido e rotondo. Ma anche se nella nostra acqua i bicarbonati fossero più alti, potremmo correggerli usando un po’ di acido lattico. L’obiettivo è tenere il ph di mash basso, non avere i bicarbonati iniziali bassi in assoluto.
Magnesio e sodio è meglio che siano bassi, per evitare che interferiscano con il profilo organolettico della birra.
I PROFILI GIUSTI DA SEGUIRE
Abbiamo capito che piuttosto che seguire alla cieca i profili storici delle acque, è ben più importante comprendere la ragione per cui quei profili venivano utilizzati e replicarne, se possibile, i soli aspetti positivi. Come abbiamo visto, alla fine dei conti il profilo dell’acqua ottimale è legato principalmente a due aspetti:
- il colore della birra (ovvero la percentuale di malti scuri utilizzata che tende ad abbassare il ph di mash)
- la percezione del bilanciamento amaro/dolce.
Questi aspetti sono ben riassunti secondo me in una tabellina del foglio excel Bru’n Water che uso per calcolare le modifiche da apportare all’acqua. La tabellina fornisce dei profili di riferimento per l’acqua in relazione a questi due fondamentali aspetti: colore e percezione dell’amaro/dolce. Partendo da questi profili, possiamo costruire quello più adatto per la nostra birra in pochi semplici passi. Enjoy!
Immagine della Guinness presa da: www.irishcentral.com
Tanto di cappello, Frank!
Grazie! 🙂
Il sale (da cucina) sarebbe NaCl, il sodio da solo è solo sodio. Te lo dico sennò qualche chimico storce il naso, ma immagino che lo sai già, che mi pare ovvio che l’hai chiamato così per rendere l’idea
Sì sì, grazie! Magari correggo, è meglio. 🙂
Grande !
Questo articolo potrei averlo scritto io, condivido in toto!
Tra l’altro ho appena finito il capitolo di the beer bible di cui parli, e leggendo ho fatto le tue stesse considerazoni.
Va detto che spesso di tende a mitizzare i bei tempi andati (cosa a volte giustissima per carità) ma sulla birra si tendono ad avere in testa stereotipi assolutamente scorretti. Se si studia un po’ di storia della birra si conclude velocemente che solo a partire da fine 800 la birra ha cominciato ad avvicinarsi agli standard di qualità cui oggi siamo abituati. Prima si trattava di prodotti in cui, con estrema arte ed esperienza, si cercava di ottenere un buon prodotto nonostante l’ignoranza sulle basi del processo di fermentazione. Basta pensare al fatto che le birre inglesi erano felicemente “infestate” dai brettanomiceti.
Concordo assolutamente. Io direi pure dal 900, forse anche dopo. 🙂
esatto! Tutta colpa del marketing sulla birra di abbazia e sulla “ricetta medievale”.
Anche la mia dorata Tripel Karmeliet millanta di essere una ricetta del 1679 … peccato che la tripel se la sia inventata la Westmalle negli anni 30 del 900 :/
L’importante è che sia buona, altrochè !!!
Due commenti da chimico.
Cloruro di calcio e non clorato di calcio, meglio correggere.
Per quanto riguarda l’argomento sono d’accordo con te, replicare certe acque è praticamente impossibile oltre al fatto che le analisi che vengono fornite sono a volte assolutamente sbagliate dato che anioni e cationi non sono neppure bilanciati.
Grazie, correggo subito! Il bello è che l’avevo pure cercato perché mi sbaglio sempre…
Non mi separo mai da Bru’nWater e quei profili sono tutto quello di cui si ha bisogno.
Ottimo post!
Ciao Frank,
curiosità: nel caso delle witbier dovrei guardare yellow full?