La scena birraria del Midwest Americano non è molto conosciuta in Europa. Pur essendo stata storicamente il fulcro da cui è nata la storia birraria americana agli inizi dell’800, non ha sconvolto particolarmente gli appassionati Europei, specialmente se parliamo del settore artigianale. Da noi l’America della craft beer revolution è disegnata sulle due coste: quella Est, con birrifici come Boston Beer Company, Brooklyn Brewery, Dogfish Head (e più recentemente le NEIPA del Vermont), oppure la costa Ovest, con pietre miliari come Anchor Brewing, Sierra Nevada, Stone Brewing, Russian River e molti altri. Ma l’America birraria è nata (non come numerosità di birrifici ma come importanza) nel Midwest, attorno al lago Michigan, grazie all’immigrazione tedesca che agli inizi dell’800 ha portato con se’ esperienza e tradizioni birrarie. Nomi come Busch, Schlitz, Miller e Pabst hanno gettato le basi di quella che poi diventerà la gigantesca industria birraria americana. Acquisizioni, consolidamenti, ottimizzazioni porteranno alla formazione del colosso industriale AB-InBev, arrivato oggi a detenere il controllo di quasi metà del mercato della birra a livello mondiale.

Al di là delle opinioni e posizioni personali che ciascuno può avere nei confronti dell’industria, birraria e non, le scelte strategiche e tattiche che muovono questi grandi colossi sono a mio avviso molto interessanti. In questo libro vengono spiegate e sostanziate molto bene, con una presentazione abbastanza oggettiva che non lancia anatemi a prescindere. Il racconto prende spunto dalla storia di Goose Island, uno storico birrificio americano nato e cresciuto proprio in quel Midwest americano dove l’industria ha mosso i primi passi qualche secolo fa. Proprio da lì è iniziato tutto, nel 2011, quando la Anheuser-Busch, ormai fusa con i brasiliano-belgi di InBev, ha acquistato il controllo di Goose Island lanciando i primi segnali di un’avanzata che ancora oggi continua in tutti gli angoli del mondo.

Il libro si divide in due parti: la prima racconta la storia di John Hall, fondatore di Goose Island. Un uomo di business, come viene definito nel libro, piuttosto che un uomo di birra. Lavorava in una grande azienda di imballaggi quando intravide una opportunità di business nel mondo della birra artigianale. Non era particolarmente appassionato di birra né rappresentava il classico homebrewer smanettone modello Ken Grossman di Sierra Nevada. È un uomo intelligente, lungimirante, ambizioso, indipendente che decide di lanciarsi in un nuovo business.

John Hall, fondatore di Goose Island

Goose Island nasce così, nel 1995, senza particolari romanticismi, per poi diventare in pochi anni un simbolo della craft revolution piantato nel fianco dell’industria birraria americana. Il libro ripercorre le scelte di John Hall, giuste e sbagliate, che hanno portato  il birrificio di Chicago al successo. In particolare, Goose Island è ricordato per essere stato uno dei primi birrifici americani ad aver creato un vero e proprio programma di birre passare in botte. La County Bourbon Stout di Goose Island, che purtroppo non ho avuto modo di assaggiare né prima né dopo l’acquisizione, è una Imperial Stout che ha fatto storia.

John Hall non ha mai nascosto le sue ambizioni personali, né ha mai lanciato invettive particolari contro l’industria. Aveva probabilmente in testa una “exit strategy” che prevedeva la vendita del birrificio fin dagli albori, e quando si è presentata alla porta AB-InBev con una valigia piena di dollari non ha avuto problemi a vendere la sua creatura. Rispetto ad altri birrifici craft, Goose Island ha fatto storia perché è stata la prima vera grande acquisizione craft da parte di AB-InBev, ma non solo. È un caso particolare perché è risultato presto evidente come l’obiettivo dell’acquisizione non fosse la chiusura e la delocalizzazione del birrificio, come molti immaginavano: ovviamente qualcosa è stato delocalizzato, molto è cambiato nel ciclo di produzione e soprattutto nei volumi prodotti (così come nella qualità della birre, a quanto dicono), ma è risultato presto evidente che l’industria aveva interesse a potenziare il marchio e non a distruggerlo.

Nella seconda parte, il libro entra in dettaglio nelle tattiche (spesso discutibili) e nelle strategie di AB-InBev, che negli anni seguenti all’acquisizione di Goose Island prosegue con lo “shopping” prendendo il controllo di altri birrifici simbolo tra cui lo storico Elysian di Dick Cantwell, per arrivare fino all’acquisizione di Wicked Weed che fece molto scalpore qualche anno fa. Come tutti i giganti, AB-InBev si muove scalciando e schiacciando, a volte in maniera goffa, ma l’obiettivo è ben chiaro: riprendere le quote di mercato che il settore craft ha conquistato negli anni. Una lotta impari, Davide contro Golia, che ancora oggi lancia fiamme e scintille nel mondo della birra.

Una lettura appassionante, ricca di colpi di scena e ben scritta, che racconta molto del mondo birrario che è stato e di quello che verrà. Assolutamente consigliato.

Disponibile (solo in inglese) su Amazon.it: Barrel-Aged Stout and Selling Out: Goose Island, Anheuser-Busch, and How Craft Beer Became Big Business.

1 COMMENT

  1. ^_^ e’ nella lista desideri di Amazon da un bel po’, ora mi tocca comprarlo 😀
    Bell’articolo come sempre

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