Seconda cotta per questa Bojack Tripel, dopo una prima versione senza dubbio incoraggiante ma non esente da qualche problemino (qui la recensione completa). Questa seconda versione è stata imbottigliata diversi mesi fa, precisamente il 12 Luglio 2020. Ho atteso qualche mese prima di pubblicare una recensione con le mie impressioni per diverse ragioni.

Anzitutto, ci tenevo ad aspettare che la birra maturasse a dovere. In genere non sono un maniaco della maturazione, anzi: ritengo che la stragrande maggioranza delle birre non abbia affatto bisogno di maturazione e vada bevuta nel giro di poco tempo. Esistono ovviamente delle eccezioni, e le Tripel a mio avviso rientrano in questa nicchia. Un po’ per il grado alcolico, che sale quasi sempre oltre gli 8 ABV, un po’ anche per equilibrare le componenti aromatiche del lievito che non sempre sono ben bilanciate quando la birra finisce in bottiglia. La tendenza da parte di questi lieviti a rilasciare un po’ di odori solforosi, che tendono a riassorbirsi con il tempo, rema a favore di una estensione del periodo di maturazione.

La scorsa volta mi sono reso conto che solo dopo due mesi, con la bottiglie conservate a temperatura ambiente (18-20°C), la birra si era assestata e poteva definirsi pronta da bere (non al top forse, ma pronta).

In questo lasso di tempo dall’imbottigliamento di questa Bojack versione 2.0 ho assaggiato diverse bottiglie, per farmi un’idea migliore di come stesse evolvendo la birra. E anche per capirla meglio. Non mi ritengo infatti un esperto di Tripel: mi sono appassionato allo stile nell’ultimo anno, cercando di assaggiare e fare pratica. Ma valutare una Tripel non è affatto facile. Come scrivevo nel post precedente, ne esistono interpretazioni diverse. Sono birre dall’equilibrio molto delicato che solo un palato esperto, e in particolare esperto dello stile, riesce a valutare in modo completo. In questi mesi ho fatto assaggiare la birra ad amici (più o meno esperti) e a parenti (in genere meno esperti), per valutare le loro reazioni. Curioso il responso dei palati più esperti, che a volte mi hanno dato feedback molto diversi. Nel complesso la birra è stata sempre valutata come ben fatta, senza grandi difetti, ma la descrizione degli aromi percepiti è stata varia e poliedrica.

In fin dei conti questa caratteristica è secondo me riconducibile a un profilo aromatico piuttosto complesso, dove nessun aroma prevale sull’altro. Il che è sicuramente un punto a favore di questa produzione ispirata alle Tripel belghe. Ma bando alle ciance e passiamo ai fatti.

RICETTA

In genere cerco di limitare le variazioni quando provo una seconda o terza versione di una ricetta, in modo da poter ricondurre eventuali miglioramenti o peggioramenti a poche variabili. È un approccio che consiglio quando si vuole migliorare una ricetta partendo da un risultato quantomeno accettabile: procedere per piccole variazioni successive rende il processo più fluido e permette di indirizzare meglio eventuali modifiche.

In questa seconda versione ho invece un po’ esagerato, cambiando diversi aspetti della ricetta, senza tuttavia stravolgerla.

Grist. Ho mantenuto invariate le proporzioni in peso tra i tre ingredienti, ma li ho cambiati tutti e tre. Per il malto base sono passato dal Pilsner della Best (mi pare, non ricordo di preciso) al Pilsner italiano di Fattoria Le Prata. Si tratta di un orzo coltivato e maltato in Italia che mi è stato inviato come campione da provare in una birra. Sebbene una Tripel non sia forse la birra più indicata per esaltare il profilo del malto, mi è sembrata una buona occasione per provarlo visto che la ricetta ne prevede un utilizzo massiccio. All’Aromatic ho sostituito il Carabelge della Weyermann, unicamente perchè non ho trovato l’Aromatic su Beer&Wine, da cui ho acquistato il Candy Syrup. Dovrebbe trattarsi della stessa tipologia di malto, comunque. Infine, allo zucchero da tavola ho sostituito il Simplicity della Candy Syrup, uno sciroppo di zucchero molto chiaro (1 SRM, ovvero 2 EBC). Già avevo scritto che secondo me tra uno sciroppo del genere, i cui ingredienti sono acqua, zucchero e un passaggio sul calore brevissimo, e uno zucchero da tavola non esistono grandi differenze. Tuttavia mi piaceva provare, anche se ammetto che non avendo fatto un test fianco a fianco tra due versioni della stessa birra, è impossibile valutare oggettivamente le differenze tra l’uso di zucchero semplice e questo tipo di sciroppo.

Lievito. Al posto del Tripel Double della Imperial Yeast (B48) ho utilizzato il High Gravity della Wyeast (WY3787). Dovrebbero essere lo stesso ceppo, ma certezze non ne ho. Il Wyeast 3787 (detto anche Trappist)  è un classico per le Tripel, non potevo esimermi.

Il resto è rimasto uguale alla versione precedente.

Lo zucchero è stato aggiunto a fine boil, per evitare che caramellizzasse troppo. La bollitura l’ho dovuta estendere di una mezz’ora per un problema di efficienza con il mash di cui non ho ben capito la causa. Ho quindi aspettato 30 minuti prima di aggiungere i luppoli, per poi seguire la ricetta per gli altri 60 minuti di bollitura. In totale, il mosto ha quindi bollito 90 minuti, portandomi alla OG pianificata con un po’ di mosto in meno.

FERMENTAZIONE

La scorsa volta ero stato un po’ timoroso, facendo partire la fermentazione da 18°C. Questa volta ho preferito partire un po’ più alto, per dar modo al lievito di esprimersi meglio.

Avevo anche provato a fare una fermentazione aperta togliendo il coperchio dal fusto appena erano iniziate a uscire le bolle da blow-off, per poi trovarmi un disastro di mosto nel frigo il giorno successivo. Questa volta ho chiuso, messo un bel blow-off largo e lasciato tutto così per tutta la fermentazione. Nonostante avessi solo 11 litri di mosto in un fusto da 18 litri, è uscito comunque un po’ di krausen dal blow-off durante i primi giorni di fermentazione, ma senza creare danni.

FG raggiunta dopo 10 giorni. Ho lasciato a temperatura per un’altra settimana e poi portato a 2°C per un bel cold crash lungo in modo da pulire la birra. Prima di imbottigliare ho riportato a temperatura ambiente, aggiunto destrosio e lievito da rifermentazione e messo in frigo a rifermentare a 20°C (eravamo in estate, in casa facevano quasi 30°C). Nessun travaso intermedio.

Stavolta ho usato il T58 per rifermentare, visto che il CBC, usato la volta scorsa, sembrava aver modificato in modo negativo il profilo organolettico rendendolo meno incisivo e un po’ “attufato”. Un amico homebrewer appassionato di Tripel mi ha confermato questa cosa, consigliandomi di usare il T58. Mentre in molti casi si può evitare di aggiungere lievito da rifermentazione, in questo stile secondo me è molto importante. Le due bottiglie che avevo imbottigliato senza aggiunta di lievito hanno carbonato pochissimo a distanza di mesi (una delle due, dopo due mesi, aveva ancora zero carbonazione).

Ho fatto priming puntando a 3.0 volumi, visto che la scorsa volta, con 2.4 volumi, la birra non mi sembrava carbonata a sufficienza.

ASSAGGIO

Come anticipato nell’introduzione, ho assaggiato (e fatto assaggiare) questa birra molte volte durante il periodo di maturazione. Avendo attraversato l’estate, ho preferito tenere le bottiglie un un frigo a temperatura controllata, per evitare che passassero mesi a temperature intorno ai 30°C. Hanno quindi sempre maturato intorno ai 18-20°C, seguendo un processo di maturazione lento e costante. Questa recensione è di una bottiglia con quasi tre mesi di maturazione sulle spalle. A mio avviso il terzo mese è il momento migliore per bere questa birra, ulteriore maturazione non credo giovi particolarmente. Anzi, si rischia di iniziare a perdere il delicato equilibrio tra esteri e fenoli.

 ASPETTO  La birra ha attraversato diverse fasi. All’inizio era leggermente velata, poi a un certo punto alcune bottiglie sono risultate limpidissime (tipo quella qui sopra, che infatti non è la foto dell’ultimo assaggio). Successivamente la birra è tornata leggermente velata. A ogni modo anche con una leggera velatura ha mantenuto un bell’aspetto: colore dorato, bollicine che salgono dal fondo del bicchiere. Schiuma bianca, non esuberante ma ben presente, con bolle medio-fini. La persistenza non è sconvolgente ma rimane un velo bianco a coprire la birra fino al termine della bevuta, aspetto a mio avviso molto importante.

 AROMA  Appena versata nel bicchiere sale subito al naso un piacevolissimo aroma che spazia nel campo degli agrumi: limone, scorza di pompelmo, leggero mandarino. Ecco, a mio avviso gli aromi fruttati di una Tripel dovrebbero virare sull’agrumato e solo di rado, quasi per sbaglio, ricordare la fantomatica banana. Che in questo caso si avverte poco, in sottofondo, se la si va proprio a cercare. A complemento dello spettro fruttato troviamo dei fenoli molto delicati: pepe bianco, soprattutto, ma anche spunti di noce moscata e chiodo di garofano. Quest’ultimo sottile, in secondo piano, piuttosto elegante. Al contorno si percepisce un fresco erbaceo, tenue, accompagnato da fiori di campo, bianchi, come la camomilla. Chiude uno sbuffo di pera. Il malto arriva al naso con note di miele millefiori. Un profilo aromatico che mi piace molto e che trovo ben centrato per lo stile.

 AL PALATO  L’ingresso è ben definito intorno al miele del malto, subito accompagnato da un amaro leggermente erbaceo che stempera la dolcezza. Tornano le note agrumate avvertite al naso, soprattutto limone e pompelmo, ma anche pera e frutta a polpa gialla (albicocca, in forma candita nel retrolfatto). Fenoli presenti ma non ingombranti, più chiodo di garofano rispetto all’olfatto. Finale abbastanza secco ma non secchissimo, accompagnato da un buon taglio amaro.

 MOUTHFEEL  Corpo medio. Carbonazione medio-alta, un po’ di bollicina in più avrebbe probabilmente snellito leggermente la bevuta. Che si presenta comunque in stile, procedendo veloce e senza intoppi. L’alcol è presente ma morbido, senza spigoli. Nessuna astringenza.

 CONSIDERAZIONI GENERALI   Penso si sia capito che sono molto soddisfatto di questa birra. È la Tripel perfetta? Direi assolutamente di no, ma ha fatto notevoli passi avanti rispetto alla versione precedente. L’aspetto è migliorabile nella schiuma, che ha una buona persistenza ma non forma quel cappello ampio che ci si aspetta da una birra belga. Secondo me con un po’ di carbonazione in più la cosa si risolve (prossima volta 3.5 volumi). Per il resto la valutazione è forse un po’ legata ai gusti personali: non esiste una sola Tripel come non esiste una sola saison, le interpretazioni posso variare. A me questa birra piace molto, il che è dimostrato dal fatto che ho faticato a lasciar maturare le bottiglie senza berle. Qualcuna è ancora in giro da homebrewer amici molto bravi sul Belgio, che mi daranno il loro parere.

Lo sciroppo candito Simplicity ha fatto la differenza? Eh, mi piacerebbe poter rispondere con un sì o con un no secco, ma non posso farlo. Senza test seri (tipo valutazione a triangolo) le impressioni rimangono legate alla soggettività. Questa birra, prodotta con Simplicity, è decisamente migliore della precedente, in cui ho utilizzato zucchero da tavola. Ma non credo sia tutto merito dello sciroppo. O forse non lo è per nulla. Non lo so. Quello che so è che probabilmente, anche solo per scaramanzia, lo userò di nuovo. Anche perché a livello di produzione casalinga ce lo possiamo permettere, ma in una produzione su scala più grande in birrificio inizia a diventare parecchio costoso.

A proposito di produzione in birrificio: a meno di intoppi dovuti alla pandemia, il prossimo weekend andrò a produrre questa ricetta al birrificio Toscano La Staffetta, insieme a Lorenzo dell’Azienda Agricola Le Prata. Ne produrremo mille litri, usando il malto pilsner di Le Prata, il lievito in crema di Atecnos e… zucchero semplice! 🙂 Non sarà affatto facile riprodurre le dinamiche di fermentazione di questo ceppo su un fermentatore più grande, ma abbiamo fiducia. A presto per aggiornamenti!

 

17 COMMENTS

  1. “aggiungere lievito da rifermentazione, in questo stile secondo me è molto importante” e mi giro a guardare la mia tripel a maturare da 21 giorni a 20 gradi ma con carbonazione quasi assente, avrei dovuto leggere l’articolo con la macchina del tempo :).
    speriamo il tempo consumi qualche altro zuccherino, una tripel poco carbonata non si puo’ vedere ( e bere).

  2. Ciao, oltre quale OG è consigliabile mettere il lievito di rifermentazione F2 e con quali lievi in fermentazione?

    • Non ci sono delle regole precise. Io lo aggiungo sempre perchè non mi costa praticamente nulla e velocizza la rifermentazione consumando più velocemente l’ossigeno che entra in fase di imbottigliamento. Il rischio che la birra non rifermenti c’è però solo se hai fatto lunghe lagherizzazioni (più di un mese) o in birre con alcol più o meno sopa agli 8 ABV. Oppure, ancora, con lieviti molto flocculanti come alcuni liquidi inglesi.

    • Lo avevo visto, grazie. Per me restano sempre impressioni molto personali. Se senti altri tre birrai avranno tre opinioni diverse. Ciascuno segue la strada che ritiene migliore, soprattutot in base alla proprio esperienza. Anche perché in questo stile, a mio avviso, la tipologia dello zucchero utilizzato rimane una componente decisamente marginale a livello di contributo al profilo organolettico. Poi il problema è che sciroppi come il Simplicity, se usati in birrificio, immagino costino decisamente troppo.

  3. Buongiorno Frank,
    quanto deve essere il dosaggio del lievito per la rifermentazione? carbonando a 3 non c’è il rischio di creare bombe?
    vorrei provare a fare una Tripel ma con T58 già nella fermentazione primaria perché non ho l’agitatore per lo starter.

    • Buona fortuna con il T58 🙂 Il dosaggio per il lievito in genere è intorno a 0,03 gr/L. Io uso i secchi, e richiudo subito le bustine da 11 grammi mettendole sottovuoto. Le uso anche per mesi ripetendo il procedimento, poi a un certo punto le butto e ne apro una nuova (non ne ho mai finita una intera per la rifermentazione). 3 volumi è una carbonazione alta ma normale, per una birra. Le Weizen arrivano anche oltre. Ho visto che 2.5 non era sufficiente per la mia Tripel, poi ho provato 3 volumi (non in un tripel, ma in una simil saison acidificata) e mi è sembrata la carbonazione giusta per una Tripel.

      • gli auguri sono perché potrebbe inchiodarsi il lievito…? 😬
        0,03 g/l significa che su 10 litri ne dovrei usare 0,3 grammi! su 20 litri 0,6 grammi! un nulla praticamente. ovviamente a secco non reidratato , giusto?

  4. Meglio reidratarlo, visto che lo inoculi in birra già fermentata. Inoltre è più facile pesarlo: metti un po’ di acqua (quanta te ne pare, il minimo per farlo sciogliere), tari la bilancia, ci fai cadere sopra il lievito e lo pesi così. Poi lo lasci una decina di minuti, mescoli, lasci altri dieci minuti ed è pronto per l’inoculo.

    Gli auguri erano perché il T58 non è un grande lievito, ahimé. E comunque necessita di una buona maturazione prima di assestarsi (oltre i tre mesi, per quello che mi dicono. io non l’ho mai usato se non per la rifermentazione).

      • Non ho mai capito perché la Fermentis suggerisca di usare l’S33 per le birre belghe. Non è un lievito belga, è un lievito principalmente fruttato che non ha la parte fenolica (spezie tipo pepe e chiodo di garofano). Purtroppo il T58 è l’unica scelta in formato secco per una tripel, ma non ti aspettare miracoli. L’S33 va bene, al limite, per una IPA.

  5. Ciao Frank! Posso chiederti che tasso di inoculo hai tenuto per il WY3787? Sono curioso di capire come l’hai gestito.. Grazie in ancitipo!

  6. Difficile stimarlo dato che ho usato un lievito liquido con starter su agitatore magnetico, ma stando alle previsioni di Brewer’s Friends con il metodo Braukaiser ero quasi al tasso di inoculo di una lager 🙂 Ovvero circa 1,2 milioni/cellule/grado plato.

  7. Ciao Frank! Pensavo da tempo di fare una tripel e in mancanza di tempo per studiare una ricetta, ho utilizzato la tua. Ho effettuato ad oggi solo il primo assaggio post rifermentazione, quindi deve ancora maturare ma ti volevo fare i complimenti per la validità della ricetta. Rispetto alla tua ho una dens. finale leggermente superiore (1.013) e, per evitare che fosse sbilanciata verso il dolce, essendo la prima cotta, sono salito un po’ di IBU puntando a 33. Devo dire che già al primo assaggio è risultata molto pulita (no sentori di lievito, no banana flavour, nonostante fosse ben presente come aroma durante la fermentazione), schiuma abbondante e MOLTO persistente! Il bilanciamento mi sembra ottimo, entrata dolce di malto ripulita da un amaro non invadente.
    Dimenticavo: ho rifermentato con F2, proverò la prossima volta con T58 cercando di capire se noto differenze.

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