Da quando ho abbracciato la contropressione, il mio interesse per la produzione di birre luppolate in casa è rinvigorito. Non che sia mai scemato del tutto, ma dopo un veloce passaggio per le luppolature estreme, mi è tornata la voglia di produrre – e bere – birre luppolate “vecchio stile”: agrumate, resinose, il più possibile limpide e pulite. La contropressione mi sta dando grandi soddisfazioni sul fronte del luppolo, oltre alla possibilità di sperimentare varie tecniche di luppolatura. Come abbiamo raccontato nelle puntate dedicate al luppolo su MashOut Podcast! con Daniele, non esiste un modo corretto e valido per tutti di utilizzare il luppolo. Esistono approcci diversi che dipendono da quello che si vuole ottenere, dal tipo di luppolo, dall’impianto di produzione e da molto altro.

Con questa birra sono voluto tornare alle “vecchie” American Pale Ale, quelle ambrate, resinose e agrumate che sono un po’ cadute nel dimenticatoio a favore delle spremute di frutta tropicale. È stata anche l’occasione per sperimentare i luppoli in formato Cryo, che fino ad oggi non avevo mai avuto occasione di utilizzare.

RICETTA

Per il grist sono voluto tornare ai cari vecchi malti crystal, ormai considerati quasi una blasfemia nelle birre luppolate. In parte questa fobia deriva dai principianti che ne fanno solitamente un uso smodato per paura di non avere corpo nella birra, ma anche da valide teorie che mettono in guardia sulla instabilità organolettica che i malti crystal possono causare nella birra (specialmente se ossidati a caldo).

Se usati con parsimonia in un processo di produzione solido, tuttavia, anche i mati crystal possono dare delle soddisfazioni, persino in una birra luppolata. In primo luogo con il loro colore, un bell’ambrato che secondo me è una caratteristica dello stile; ma anche con un tocco maltato che non stona se abbinato a certe tipologie di luppolo. Ovviamente con parsimonia, senza esagerare.

Dopo aver dato un’occhiata al mio inventario dei malti, la scelta è ricaduta sul Caramalt della Pauls affiancato a un Crystal con buona tostatura, sempre della Pauls.

Anche per la luppolatura sono andato sul classico con Citra e Chinook che avevo in dispensa. Ho aggiunto un luppolo che non avevo mai usato fino ad ora, l’Idaho 7, rilasciato nel 2015 e molto in voga negli ultimi anni. I suoi aromi principali sono agrumato, resinoso e tropicale (niente di particolarmente nuovo). Ho però scelto il formato Cryo, che altro non è che luppolina concentrata (quindi oli essenziali aromatici) in formato pellet. Molti consigliano un dosaggio dimezzato con i Cryo, che sono più concentrati, ma ho preferito seguire le indicazioni di Giovanni Faenza di Ritual Lab (che ho intervistato in occasione della Italy Beer Week) che li usa con il dosaggio classico.

Le aggiunte a caldo sono a fine boil e in Hopstand. Per quest’ultimo passaggio ho portato il mosto a 75°C, gettato il luppolo e aspettato 20 minuti prima di raffreddare.

Ho fatto mash di soli 45 minuti perché il test dello iodio era positivo.

FERMENTAZIONE

Fermentazione abbastanza veloce e standard, senza particolari problemi. L’attenuazione non è stata particolarmente alta ma non mi andava di attendere ulteriormente. La temperatura era stabile, la birra era buona, ho deciso di andare avanti. Possibile anche che abbia attenuato ulteriormente nei 4 giorni di dry hopping a 10°C, ma sono stato pigro e non ho misurato.

Tutta la birra è stata infustata e carbonata forzatamente a circa 2.2 volumi, 4 litri li ho poi passati in bottiglia in contropressione con l’asta cinese.

DRY HOPPING E CHIARIFICAZIONE

Il dry hopping l’ho fatto a fermentazione terminata, ma dopo aver portato la birra a 10°C per ridurre l’estrazione della parte vegetale. Per gestire meglio il dry hopping nel Jolly Keg utilizzo un tappo particolare con un ulteriore attacco nel centro (link).

Questo mi permette di gestire tre attacchi sul keg:

  • al primo sul lato collego la sfera inox che pesca la birra dall’alto ed evita che mi si intasi tutto con i pellet
  • al secondo, sull’altro lato, collego un attacco del gas e lo spinone lungo che arriva sul fondo del keg
  • al terzo centrale sul tappo collego il gas per spingere la birra fuori dal keg con la CO2

Quando devo aprire per fare dry hopping, attacco la bombola con la CO2 al secondo attacco pompando anidride carbonica sul fondo del keg a pressione molto bassa (1-2 psi). Nel frattempo apro il coperchio, mentre la CO2 sale dal fondo ed esce dal keg, teoricamente limitando l’ingresso di ossigeno. Chiudo al volo e continuo a pompare CO2 dal basso tramite lo spinone per circa 30-40 secondi, lasciando aperta la valvola di sfiato. Così facendo dovrei ridurre la solubilizzazione di ossigeno.

Dopodiché, per i primi 2 giorni di dry hopping, faccio nuovamente bubbling da sotto per 30-40 secondi un paio di volte al giorno, per rimettere in circolo il luppolo e migliorare l’estrazione.

Prima di procedere con la winterizzazione (altrimenti nota come cold crash), ho aggiunto colla di pesce (Isinglass). Per evitare di aprire il tappo e far entrare ossigeno, ho usato una bottiglia di Coca Cola con Carbonation Cap (ci sono anche in plastica, più economiche). Ho aperto, inserito la soluzione di acqua prebollita e Isinglass (5ml/10L di birra), chiuso, saturato con CO2, messo la bottiglietta in pressione, collegata all’ingresso del gas (quello centrale) e sparato dentro la soluzione senza aprire il keg.

Non travaso, se non dopo almeno una settimana di cold crash. Con questo unico travaso sposto la birra nel fusto di servizio (da 10 o 5 litri a seconda dell’occasione) che lascio riposare al freddo per un’altra settimana, mentre faccio la carbonazione forzata.

ASSAGGIO

La birra nel fusto da 10 litri è volata via in un paio di giorni. Per fortuna ne avevo “salvati” 3 litri trasferendoli in bottiglia, così da poterla assaggiare con più calma. L’assaggio descritto in questo post si riferisce all’ultima bottiglia rimasta, tenuta un mese sempre in frigo.

 ASPETTO  I primi bicchieri spillati dal fusto erano leggermente velati, ma dopo un paio di pinte la birra ha iniziato a mostrarsi piuttosto limpida, di un bel colore ora carico tendente all’ambrato. Schiuma fine, ampia e molto persistente. Molto bello l’impatto visivo, la colla di pesce sembrerebbe aver fatto il suo lavoro.

 AROMA  Buona intensità. In evidenza la parte fruttata, con note tropicali di passion fruit, litchi e mango, non eccessivamente “dolci”, supportate da un piacevole erbaceo che vira presto sul resinoso con un tocco piacevolmente balsamico. L’agrumato è ben strutturato con note di pompelmo e molto mandarino. Il malto arriva con calma, forse solo come suggestione, evocando note di miele. Aroma decisamente pulito, complesso e della giusta intensità per lo stile.

 AL PALATO  Le note agrumate diventano più evidenti rispetto a quelle tropicali, il tocco resinoso accompagna la bevuta insieme a un amaro lungo e abbastanza morbido, ben supportato dalla dorsale maltata che rimane in secondo piano senza strafare. Salgono nel retrolfatto sbuffi di crosta di pane e cereale.

 MOUTHFEEL  Carbonazione medio-bassa (avevo calcolato circa 2.2 volumi), corpo medio. La sensazione tattile è abbastanza morbida, forse l’amaro sul finale mostra un filo di astringenza ma non dà fastidio.

 CONSIDERAZIONI GENERALI  Sono molto soddisfatto di questa produzione. I luppoli mi sono sembrati particolarmente in forma, il formato Cryo ha reso piuttosto bene. Si avvertono molto le note di mandarino, che dovrebbero essere tipiche dell’Idaho 7 e ben si sposano con l’agrumato del Citra e il resinoso/balsamico del Chinook. Una birra che ho fatto fatica a tenere in frigo per fare la recensione: ogni volta che stappavo una bottiglia pensavo “ma chi se ne frega della recensione, beviamola e basta!”. Unica nota strana l’attenuazione del lievito che mi sembra al limite basso, ma non ha dato alcun problema. Certo l’assenza di rifermentazione e la conservazione in frigo aiuta in questo senso, parecchio (soprattutto con i Mangrove Jack’s che sono noti per la loro tendenza a ripartire in bottiglia). Bella birra comunque, combinazione di luppoli approvata!

 

12 COMMENTS

  1. Complimenti per l’articolo Frank, sempre molto interessante! Apprezzo questo ritorno alle luppolate old school 😀
    Invece, una volta ho provato a utilizzare la sfera collegata al galleggiante in un fusto jolly da 18 L, ma facendo le prove con l’acqua mi si bloccava continuamente in una posizione nella quale il tubo si ritrovava sopra il galleggiante, e pescava aria. Lo stesso problema non ce l’ho con il fermzilla, quindi temo sia dovuto alla forma del jolly, che essendo più stretto impone una curvatura diversa al tubo, che diventa più prono a dare questo fastidiosissimo problema (tant’è che avendo problemi con acqua, alla fine non mi sono fidato ad usarlo per la birra, onde evitare di tirare fuori il bestemmiario delle grandi occasioni).
    Tu hai trovato una soluzione specifica per ovviare a questo problema, o semplicemente non ti si è mai presentato?

    • Sì, inizialmente ho avuto anche io questo problema. Ho risolto tagliando il tubo in silicone alla lunghezza esatta di 56 cm e applicamdo un piccolo dado inox alla sfera per farla affondare leggermente di più nella birra. Mai più avuto blocchi.

  2. Ciao Frank. Potrebbe essere che la bassa attenuazione sia causata dal mash di soli 45 minuti, nonostante l’ok del test dello iodio? Siamo certi che questo test sia sempre affidabile al 100%?

    • Ababstanza improbabile. Il test e affidabile in genere e oltretutto, a quella temperatura e praticamente con soli malti base, la conversione è probailmente finita già dopo 20 minuti. Si vede anche dalla limpidezza del mosto.

  3. Buongiorno Frank. Ho in fermentazione una session ipa e , al terzo giorno di tumultuosa, ho aggiunto i cryo hops. Dici estrarrà l’erbaceo dato che stazioneranno per più tempo? In teoria , essendo la parte vegetale quasi nulla nei pellet t90 dei cryo non ci dovrebbero essere problemi ( ho pensato… Ehehheeh).

    • Direi di no, l’estrazione di mirceni (erbaceo) o terpeni ossigenati (fruttato, floreale) non dipende dal tempo di contatto. Dopo 24-48 ore hai già estratto tutto quello che si poteva estrarre, dopo non succede granché.

  4. Ciao Frank, anche io sono amante delle luppolature vecchio stile perciò ho apprezzato molto questo articolo. La prossima luppolata infatti volevo “riesumare” il grande classico Mosaic Simcoe Citra, anche se con tutti sti luppoli nuovi la tentazione di provare cose nuove è sempre alta.. ma quelli nuovi mi sembrano tutti tropicali.. :):):)

    Passando all’articolo, guardando la ricetta mi sono venute alcune cruiosità. La prima sulla ricetta, ho notato che in hopstand non hai messo il Citra.. volevo chiederti se era una scelta voluta e il perchè. L’altra curiosità era sul perchè, hai attaccato la sfera galleggante all’innesto gas (parecchio scomodo) invece che sull’innesto aggiuntivo nel coperchio? Ultima curiosità.. hai poi provato il Zappa?

    • Ciao Simone! Il Citra non è in hop stand semplicemente perché era un avanzo e non ne avevo a sufficienza. La sfera è attacca all’allaccio della birra (non quello del gas) perché quello centrale lo uso come allaccio del gas “standard”, mentre in quello del gas ho montato lo spinone che uso per sparare CO2 sul fondo e rimettere in circolo il luppolo. Da quando ho tagliato della lunghezza giusta il tubo di silicone (56 cm) e aggiunto una rondella inox sulla sfera per far farla affondare leggermente di più, non ho avuto nessun problema con la sfera attacca a quel connettore.

  5. Ciao Frank, post molto utile come al solito.

    Quello che non ho capito riguardo ai malti crystal è cosa intendi con “specialmente se ossidati a caldo”, nello specifico il problema si pone solo in caso di mash o anche in caso di steeping regolare a 67° o addirittura anche per lo steepeng a freddo a temperatura ambiente?

    grazie

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