Torno nuovamente a parlare di uno stile a me molto caro, le Bitter inglesi. La mia versione della ricetta, almeno per le versioni a medio contenuto alcolico, è ormai piuttosto consolidata. L’ultima produzione, la Vecchyard (v4), era a mio avviso riuscita piuttosto bene.
Ho deciso quindi di riprovare a produrla focalizzandomi su un luppolo che sto imparando a conoscere (e ad amare), lo sloveno Styrian Goldings. Lontano, ma nemmeno troppo, parente del Fuggle, un luppolo a mio avviso quasi imprescindibile per una Bitter.
Non avevo lievito liquido a portata di mano, quindi ho utilizzato l’US05 al posto del West Yorkshire impiegato nella precedente versione. Memore anche delle parole di Conor Gallagher Geeks, fondatore e birraio di Hilltop Brewery, che potete ascoltare nella puntata di MashOut! dedicata, appunto, alle Bitter. Vediamo come è andata stavolta.
RICETTA
Come anticipato, non mi sono allontanato dalla ricetta della precedente versione della Bitter: per la mia esperienza il grist che funziona su una bitter a basso-medio grado alcolico ruota attorno a 4 punti fondamentali:
- base malto Pale, preferibilmente inglese (non necessariamente Maris Otter)
- layer di Vienna, per un finale di nocciola e una punta di caramello pulito e delicato
- un paio di Crystal, uno più scuro e uno più chiaro, arrivando al massimo al 10% del grist in totale (dipende dal colore dei due Crystal)
- tocco di malto Roasted per il colore
L’idea iniziale era di fare stavolta una Ordinary Bitter da 3.8% ABV, ma ho avuto più efficienza del previsto e non mi andava di diluire con acqua alla fine della cotta. Siamo comunque lì, con un 4,1% ABV finale.
Ho voluto provare a bollire un po’ meno, per limitare l’evaporazione che nel mio sistema si assesta solitamente sul 25%. Un valore un po’ alto, ben oltre il minimo richiesto che in birrificio si assesta sul 10%. Non che faccia male alla birra, ma è uno spreco di acqua e tempo inutile. Anziché ridurre la potenza della resistenza, ho provato a ridurre la durata della bollitura di 20 minuti: tempo risparmiato che può sempre far comodo. Alla fine ho avuto un tasso di evaporazione del 17%.
Il luppolo da amaro è stato quindi aggiunto a 40 minuti dalla fine della bollitura. Come già detto, questa volta ho voluto puntare tutto sullo Styrian Goldings, per imparare a conoscerlo meglio. Ho calcato un po’ la mano con le aggiunte in aroma rispetto alle precedenti versioni, proprio per studiare meglio questo luppolo.
Lievito neutro US05, che in assenza di lieviti inglesi liquidi fa comunque un buon lavoro. Se è vero che probabilmente un lievito liquido inglese possa esaltare meglio la dorsale maltata (ma è tutto da dimostrare), è anche vero che la neutralità aromatica dello US05 non ci sta male in una Best Bitter. Non amo le Bitter troppo fruttate, a meno che non siano anche piuttosto alcoliche, ma in quel caso al naso c’è anche più malto e più aroma di luppolo (basti pensare a una ESB).
FERMENTAZIONE
Nulla di particolare. Partenza a 18°C e piccola rampa a salire per favorire l’attenuazione. FG in linea con le attese: 1.010.
Cold crash di una decina di giorni, per me ormai il minimo sindacale in qualsiasi birra. Carbonazione forzata in fusto fino a 1.8 volumi circa.
CHIARIFICAZIONE
C’è poco da fare, le Bitter devono essere limpide. È così. Non so quanto la limpidezza possa influire effettivamente sulle sensazioni palatali di una Bitter (non stiamo parlando della torbidità di una NEIPA – sia chiaro), ma il mio cervello non riesce a digerire una Bitter torbida.
Ricordo una delle prime versioni della mia Bitter, prodotta diverso tempo fa: buona, alla fine dei conti, ma davvero torbida. Non riuscivo a guardarla prima di berla.
Ne ho provate tante per rendere le birre più limpide: dal Protafloc aggiunto a fine bollitura (che ancora utilizzo), al PVPP (a base di polimeri) fino alla colla di pesce. Niente di tutto ciò mi ha convinto particolarmente, soprattutto quando c’è da aggiungere altra roba dopo la fine della fermentazione, andando a smanettare con la chiusura ermetica dei fusti (si può lavorare anche in pressione con le Carbonation Cap e una bottiglia da mezzo litro di Coca-Cola, ma è una rottura e comunque c’è da smanettare).
Con il tempo, ho concluso che la strada migliore per una buona limpidezza è gestire al meglio il mosto durante la fase calda, cercando di farlo arrivare nel fermentatore il più pulito possibile, e soprattutto attendere il giusto tempo (Giovanni Faenza di Ritual Lab insegna).
Cotta dopo cotta, ho sperimentato che il classico cold crash di 3 giorni nella maggior parte dei casi non serve a nulla, se non a far precipitare i residui grossolani di lievito e luppolo. Il mio standard per qualsiasi birra è ormai 10 giorni, ma spesso arrivo a tre settimane.
Questa nella foto sotto è una pinta spillata dal secondo fustino di questa Bitter, che si è fatta più di un mese in frigo a 5 gradi. Ma anche le pinte spillate dal primo fustino, dopo 10 giorni di freddo, avevano una limpidezza accettabile per lo stile.
Il freddo aiuta anche ad assestare il profilo organolettico della birra, di qualsiasi birra. Il mio consiglio è di avere pazienza e di attendere, sempre, almeno una decina di giorni.
ASSAGGIO
Di questa birra non ho fatto nessuna bottiglia, quindi l’assaggio è della versione carbonata forzatamente nel fusto. Il primo fusto l’ho consumato durante le feste di Natale, il secondo l’ho tenuto sempre in frigo e aperto un mese dopo. Non ho notato grandi differenze tra gli assaggi provenienti dai due fusti, forse la birra del secondo sembrava leggermente più “assestata”.
ASPETTO Bella, nulla da dire. Leggerissima velatura, colore ambrato, schiuma fine e molto persistente. Aspetto ottimale per lo stile, davvero invoglia alla bevuta. Nulla a che vedere con il torbidone che avevo prodotto qualche anno fa.
AROMA L’intensità è buona. Non avverto esteri fruttati. Prevale l’aroma luppolato, con note che spaziano dall’erbaceo al terroso, con suggestioni di legno (corteccia). Il malto gioca nelle retrovie, con delicate note di miele e caramello. Semplice, pulita, giusta intensità delle varie componenti. Quando si riscalda emergono anche fresche note agrumate, a metà strada tra l’arancia e il cedro.
AL PALATO L’ingresso è di buona intensità, ripercorre le note organolettiche avvertite la naso. Il malto è ben bilanciato dall’amaro, quest’ultimo con un’intensità adeguata per sostenere tutta la corsa gustativa senza stancare. Il retrogusto è agrumato, fresco. Buona la secchezza, chiude con un taglio amaro che snellisce la bevuta. Il caramello arriva a fine corsa, fermandosi qualche istante prima di diventare ingombrante. Volendo fare le pulci l’amaro è leggermente vegetale, ma la cosa non disturba più di tanto. Probabilmente avrebbe senso ridurre di 1 g/L le aggiunte a fine boil.
MOUTHFEEL Corpo medio, carbonazione medio-bassa. Nessuna astringenza.
CONSIDERAZIONI GENERALI Come dico sempre, un indice di qualità per me importante quando cerco di valutare le mie birre è la velocità alla quale vengono consumate. Il fatto che devo continuamente trattenermi per non restare attaccato alla spina e riempire di continuo il bicchiere con questa Bitter è un buon indice di qualità. Ha tutti gli elementi a posto e in equilibrio. Probabilmente una spillatura a pompa avrebbe da un lato ammorbidito l’amaro ma dall’altro forse avrebbe esaltato troppo il caramello. Aspetto a cui pensare in fase di stesura della ricetta, andando magari a ridurre un filo i malti Crystal.
Il luppolo Styrian Goldings è secondo me perfetto per questo stile: esalta il terroso del Fuggle senza sconfinare nello straccio bagnato, aggiungendo nel contempo una fresca componente agrumata che ricorda un po’ quella dell’East Kent Goldings.
Birra assolutamente promossa. E che schiuma anche senza Carapils e fiocchi di frumento (lo dovevo sottolineare, perdonatemi – la mia è una mission!).
Ciao Frank, bellissima recensione, come sempre grazie per condividere con noi le tue creazioni.
Vorrei provare a replicare la tua interessantissima ricetta, quando dici che avrebbe senso ridurre le gettate a fine boil intendi che le porteresti entrambe a circa 1,8 g/l ciascuna?
Grazie, buona birra.
Non ricordavo di averlo scritto, sono andato a cercare 🙂 In effetti non ho scritto proprio così, piuttosto sototlineavo di aver calcato un po’ la mano con le gettate a fine boil. Il che ci sta, anche nello stile, ma se uno la preferisce meno luppolata può ridurle a 2-3 g/L in totale.
Grazie mille 🙂
Grazie Frank è sempre un grande piacere per me, leggere le tue ricette e le tue relative analisi sulle stesse! Volevo chiederti a che dosaggio usi il Protafloc?
Quello indicato sulla confezione. Più o meno il valore medio del range.
Al di là del fatto che l’ Us05 non esalti il malto, avrei avuto paura ad usarlo con una og bassa e avrei scommesso su un corpo praticamente inesistente.
Mah, secondo me anche questa storia dei lieviti che “esaltano il malto” è tutta da capire. Mi sembrano tanto le solite voci di corridoio che si tramandano di generazione in generazione (come l’S23 che sarebbe più fruttato del W34/70). 🙂
Ciao Frank. Come mai hai optato per us05 e non per un secco inglese?
Perché i secchi inglesi non mi fanno impazzire e per mia esperienza le bitter vengono molto bene anche con lieviti neutri