Era da un po’ di tempo che avevo voglia di cimentarmi nuovamente in una bassa fermentazione. Dopo una prima esperienza negativa con una Vienna e una seconda positiva con una Pilsner, questa volta ho deciso di non seguire uno stile codificato. Mi sono lanciato in una una interpretazione personale di uno pseudo-stile che va molto di moda negli ultimi tempi: una bassa fermentazione molto luppolata. Ho sempre pensato che un lievito a bassa fermentazione fosse sprecato su una birra carica di aromi, ma assaggiandone alcuni esempi commerciali ho notato che la neutralità dei lieviti lager può rendere il profilo del luppolo più brillante e fresco. Ho aggiunto l’aggettivo “American” perché “Hoppy Lager” mi fa pensare a una birra con luppoli europei, mentre la mia intenzione era quella di dare a questa produzione un tocco americano. Ho cercato di non snaturare completamente il carattere lager evitando di utilizzare luppoli troppo fruttati o esotici.
Il nome della birra è “Freeze Punk!” (che si legge “friz punk” e non “frizi punk”)e deriva dallo slang utilizzato dalla polizia americana quando vuole intimare a qualcuno di fermarsi e alzare le mani. Significa più o meno “fermo teppista!”. Per i malati di Friends (come lo sono io), è una frase che usa Phoebe nella puntata in cui gira con il badge di un poliziotto che ha trovato per caso al Central Perk.
Come di consueto (link) cinque litri di questo mosto sono stati messi in damigiana per una fermentazione parallela. In questo caso ho utilizzato il Brett Claussenii per la mia prima fermentazione 100% Brett. Ne parlerò a breve in un altro post. Ma torniamo a noi e andiamo a vedere la ricetta della Freeze Punk!.
RICETTA
Come base ho utilizzato la ricetta della pilsner che avevo prodotto qualche tempo fa: due soli malti senza troppi voli pindarici. Nessuna decozione né protein rest: ho ripetuto il mash con un singolo step a 67°C visto che nella cotta precedente aveva dato un buon risultato. Ho cambiato invece il profilo dell’acqua, dato che non aveva molto senso utilizzare un’acqua scarica di minerali in una birra che punta molto sul contributo dei luppoli. Ho quindi aggiunto sali per ottenere un rapporto cloruri/solfati sbilanciato leggermente sui solfati. Avrei voluto un pH di mash leggermente più basso visto che in genere aiuta a tenere a bada l’astringenza, ma ho preferito non mettermi a modificare ulteriormente l’acqua quando ho misurato un valore di ph di 5.5.
Come luppoli ho scelto il Northern Brewer, un luppolo di origini europee trapiantato in America. Con le sue note resinose e balsamiche, è il marchio di fabbrica delle steam beer americane. L’ho affiancato a un luppolo europeo moderno, il Mandarina Bavaria, che oltre alle speziature tipicamente continentali rilascia un piacevole aroma agrumato che ricorda, come dice il nome, il mandarino. Mi è sembrata un’accoppiata interessante per dare alla birra un carattere luppolato importante ma non troppo cafone. Il rapporto g/L nella tabella sotto si riferisce ai litri a fine bollitura per le gittate nel pentolone e ai litri nel fermentatore per il dry hopping.
FERMENTAZIONE
Teoricamente avrei voluto replicare la curva di fermentazione già utilizzata in precedenza (curva in grigio nel grafico sotto) ma stavolta il lievito sembra aver lavorato un po’ più a rilento. Mi sono dovuto quindi adattare strada facendo ritardando la pausa diacetile di qualche giorno e mantenendo la temperatura per un tempo maggiore. Le scuole di pensiero sul dry hopping in una bassa fermentazione sono diverse: c’è chi lo fa dopo la lagerizzazione, chi lo fa durante la lagerizzazione, chi lo fa prima. Dopo averci riflettuto un po’ su, ho scelto di farlo durante la pausa diacetile, in modo da avere una buona estrazione dei composti aromatici (a 0°C è molto bassa e lenta). Non l’ho fatto dopo la lagerizzazione perché avrei dovuto alzare di nuovo la temperatura, luppolare e fare un altro cold crash per evitare di portare i luppoli in bottiglia. Troppo complicato e lungo per i miei gusti. Prima della lagerizzazione ho travasato per non portarmi dietro troppi residui di luppolo. Ho scelto di lagerizzare solo per due settimane per preservare il più possibile l’aroma di luppolo. Non mi preoccupava troppo una torbidità residua, trattandosi comunque di una birra molto aromatica e non di una bassa fermentazione standard.
Ho inoculato due bustine di SafLager W-34/70 senza reidratazione: forse sarebbe stato meglio utilizzare una mezza bustina in più visto che l’inoculo diretto nel mosto tende a fare fuori qualche cellula di lievito (anche se la OG della birra era piuttosto contenuta). Il diacetile sembrava completamente svanito prima della lagerizzazione; come è successo la scorsa volta, però, si è riaffacciato a fine lagerizzazione e anche nei primi assaggi in bottiglia. Per fortuna, dopo tre settimane in bottiglia sembrerebbe essere stato completamente riassorbito.
Di solito non reinoculo lievito in fase di imbottigliamento, ma dopo un’esperienza negativa con una tripel lagerizzata per tre settimane (ha ricarbonato male) ho deciso di reinoculare il lievito nei casi in cui supero la settimana di lagerizzazione oppure la birra è molto alcolica (orientativamente sopra i 7% ABV). Ho utilizzato il CBC1 della Lallemand (si può usare anche l’F2 della Fermentis) con un tasso di inoculo di 0.04 grammi per litro di birra imbottigliata. Per pesarlo metto un po’ di acqua tiepida di bottiglia in un bicchierino, lo posiziono sulla bilancia, taro la bilancia e aggiungo il lievito fino a raggiungere il peso desiderato. Dopo dieci minuti verso l’acqua con il lievito nel fermentatore e procedo all’imbottigliamento. La bustina aperta la metto sottovuoto e la conservo in frigo.
Per la ricarbonazione, ho mantenuto le bottiglie a 16°C per una settimana. Poi le ho tolte dal frigo e lasciate alla temperatura ambiente che si è mantenuta intorno ai 19°C. Dopo tre settimane la birra era pronta e godibile.
ASSAGGIO
AROMA Piuttosto intenso. Il dry hopping sembra aver funzionato: il naso è ben presente senza derive pungenti. Interessanti le sfumature agrumate che si amalgamano molto bene con la base resinosa. Tra gli agrumi prevale nettamente il mandarino con qualche nota di pompelmo nelle retrovie. La componente resinosa ricorda molto gli aghi di pino con qualche punta balsamica molto piacevole. Una leggera speziatura dona un ultimo tocco di vivacità al naso. Durante la lagerizzazione e nei primi assaggi in bottiglia percepivo netto il diacetile, ma dopo tre settimane in bottiglia mi sembra sia completamente svanito. Avverto qualche leggerissima nota di mela verde quando il bicchiere è quasi vuoto e l’aroma si concentra. Nel complesso, un bouquet aromatico ben riuscito.
ASPETTO Il colore è giallo dorato, la schiuma è bianca, persistente e a bolle fini. Non è venuta limpida come l’altra pilsner: non la definirei torbida ma velata o al limite leggermente opalescente. La birra nelle bottiglie è abbastanza limpida, quando si raffredda arriva la velatura: probabilmente l’effetto della chill-haze che lega i polifenoli dei luppoli con la proteine dei malti. Questo lotto di pilsner mi ha data un po’ di torbidità anche in un’altra birra, ma nulla di drammatico. Uno step di protein rest avrebbe risolto la cosa? Possibile, ma l’aspetto mi piace molto anche così.
AL PALATO Ritroviamo le caratteristiche dell’aroma: mandarino, resina e tanti agrumi. L’amaro è deciso ma ben bilanciato dal malto che non scompare completamente. L’ingresso è fruttato, il finale è amaro e abbastanza secco; il palato rimane ben pulito. Si avverte la pulizia del lievito a bassa fermentazione che lascia la scena libera per il luppolo e il malto. Qualche nota di cracker/crosta di pane e un tocco di speziatura sul finale la rendono di facile bevuta.
MOUTHFEEL Carbonazione media, corpo ben presente (forse addirittura un pelo eccessivo). L’astringenza dei luppoli è sotto controllo, al palato la birra è morbida ma allo stesso tempo vivace.
CONCLUSIONI Sono molto soddisfatto. La birra è riuscita piuttosto bene, molto vicina all’idea che avevo in mente quando ho scritto la ricetta. Il W-34/70 della Fermentis ha lavorato benissimo. Avrei potuto lagerizzarla più a lungo per renderla più limpida, ma ho preferito non far passare troppo tempo dopo il dry hopping per preservare l’aroma. Una birra semplice ma con personalità. Del resto, quando i 10 litri finiscono nel giro di un paio di settimane è decisamente un buon segno. Se dovessi pensare a una modifica per la prossima volta, si potrebbe abbassare di uno o due gradi la temperatura di mash per snellire un po’ il corpo. Ma non ne sono proprio convinto.
Ottima idea per l’estate!
Unica cosa che forse non avrei fatto è il reinoculo… Ok per lieviti ad alta fermentazione tenuti a 0°C per due o più settimane e per di più con tassi alcolici elevati.
Ma i lieviti a bassa fermentazione crepano solo se li congeli. A me sono sopravvissuti benissimo dopo una lagerizzazione di un mese di una bock (8% ABV) e hanno ricarbonato ottimamente (S-23).
Ma comunque mi sembra una birrozza perfetta.
Ah, non mi torna la tabella degli IBU nel prospetto dei luppoli in ricetta: come fanno a dare più IBU le stesse quantità e qualità di luppoli a 0min. di quelli a 10min. in boil? Mi sfugge qualcosa?
Molto probabilmente il reinoculo non serve, ma dato che non ci sono controindicazioni ho preferito comunque farlo. Sui luppoli ho invertito il minutaggio, ora correggo! Grazie mille per avermelo segnalato!
Ciao Frank, stavo per scriverti in merito alla bassa fermentazione quando mi sono accorto di questo nuovo post!
In sostanza a breve mi accingerò a brassare la prima lager, e visto che ho letto sui vari forum/facebook esteri che in molti praticano con soddisfazione il quick lager method di brulosophy (che sicuramente conoscerai…) mi sa’ che ci provo…
Da quello che vedo nel grafico mi pare che anche nel caso della bassa non ti fa’ paranoie piu’ di tanto rispetto alla temp di inoculo: hai giai spiegato che nel tempo che il lievito si adatta e la temp scende non dovrebbe succedere niente di grave…
Il dubbio che ho io e’: per circa 25lt di mosto basteranno 3 bustine reidratate di w34/70? o assolutamente ne metteresti 4 (cioe’ 18 eurozzi di lievito in totale!!!)???
L’ossigenazione la farei con O2 puro…..
grazie in advance…
Lorenz “the Stalker” Rana
3 secondo me è molto probabile che bastino, ma tutti i calcolatori (che in genere però un po’ sovrastimano) ne richiedono almeno 4. A te la scelta. 🙂
Se la densità è sufficientemente bassa direi che bastano anche 3 bustine di W34/70. Considera però che questo lievito in caso di underpitching si mette ad attenuare come un dannato.
A me questo lievito ha attenuato una baltic porter a circa l’82% contro una attesa di circa il 76%!!! In pratica me l’ha rovinata…
Certo che quantità consistenti di lievito diventano una spesa, sono d’accordo!
Complimenti, mi sorprende sempre la tua chiarezza ed i lucidi ragionamenti posti a monte delle scelte. Anche io dopo tre basse vorrei andare sullo stesso stile, e pun non amando Mikkeller vorrei partire dalla sua American Dream; adesso sarò un po’ off-topic, che strumenti usi per il controllo di temperatura durante il mash? Forse lo hai scritto in qualche precedente post che mi son perso?
Ciao Severino! Ah ah, sì, in effetti ti sei perso una dei post più letti del blog… 🙂
http://brewingbad.com/2013/12/mash-elettrico-con-pid-e-pompa-per-il-ricircolo/
La American Dream piace molto anche a me!
Ciao Francesco.
A parte il discorso dell’allungamento del diacetyl rest (che hai giustamente spiegato con l’esigenza del DH), non capisco perchè per la rifermentazione hai aggiunto un lievito diverso dal primo (non bastava farne passare un po’ durante un travaso? in questo modo non mi sono mai trovato male nella riferiementazione anche di lager) e perchè dopo la rifermentazione a 16°C hai tenuto le bottiglie ad una temperatura ancora maggiore invece che inferiore o al massimo uguale. Immagino solo per spazio?
Ciao Angelo. Il lievito che ho aggiunto è quello classico da rifermentazione selezionato per flocculare molto bene e comportarsi in maniera assolutamente neutra dal punto di vista organolettico. Sono d’accordo che probabilmente non era necessario ma volevo andare sul sicuro. Per la rifermentazione, sicuramente se avessi avuto il frigo libero avrei tenuto le birre a 16°C per tre settimane e poi al fresco. Purtoppo, come hai intuito, il frigo mi serviva e quindi ho messo le bottiglie fuori dal frigo dove cmq la temperatura non era troppo alta essendo inverno.
Ciao, sto’ producendo una lager e mi trovo nella fase di diacetyl rest che durerà 3 giorni, dopodiché travaserò e passerò alla lagerizzazione. Ho aggiunto luppoli americani (simcoe, citra, chinook, mosaic) per dryhopping quando la temperatura è arrivata a 20 °C con una quantità di 2 gr/lt.
Ho prelevato un campione di mosto per misurare la densità (1,012 al momento) e ne ho approfittato per fare un assaggio.
Dopo aver descritto la situazione la mia domanda è questa: perché nelle mie birre il dryhopping anziché donare un buon aroma agrumato, tropicale, resinoso mi dona un amaro fastidioso, spigoloso, quasi vegetale? La lagerizzazione può migliorare la situazione? grazie mille,
Fabio.
Ciao fabio, bella domanda! Può dipendere da tanti fattori, ma uno molto importante secondo me è il ph della birra. Un ph un pò alto (anche di un paio di punti dopo la virgola) fa variare molto la sensazione palatale, soprattutto per quanto riguarda l’amaro. Tutto parte dal ph di mash: lo hai misurato? Nelle birre luppolate è bene che sia sul range basso, intorno a 5.2 o 5.3. Anche la qualità dei luppolo può incidere, come li hai conservati? Last but not least, l’ossidazione: quanti travasi fai? Fai attenzione a non prendere ossigeno? Questi ovviamente sono solo spunti di riflessione, non ho la soluzione definitiva. La lagerizzazio e potrebbe un pò ammorbidire la birra, favorendo il deposito dei tannini dei luppoli sul fondo del fermentatore.
Ciao, per calcolare la carbonazione residua prima del priming, consideri la temperatura di fermentazione (es 10°) oppure quella della pausa diacetile (es 15°)?
Quando la temperatura sale, la CO2 tende a uscire dalla soluzione. Se la birra non è chiusa sotto pressione (come lo è per esempio in bottiglia), la CO2 fuoriuscita ormai è persa (a meno che non si riformi se il mosto sta ancora fermentando). Quindi bisogna tener sempre conto della temperatura più alta raggiunta a fermentazione finita. Nel tuo caso, la fermentazione dovrebbe aver terminato alla fine della pausa diacetile, quindi per calcolare la carbonazione utilizza il riferimento di T=15°C.
Ciao Frank
Complimenti sembra ottima!
Mi scuso per la domanda, ma sono un principiante.
Per la carbonazione si usa zucchero o estratto di malto?
In che percentuali?
Grazie Mille.
Sono informazioni che trovi ovunque… 🙂