In questi anni di produzioni casalinghe ho avuto modo di conoscere moltissimi homebrewer. Di ispirazione e approccio diversi, ma sempre accomunati da una passione sfrenata, in alcuni casi anche maniacale, per il processo produttivo e ovviamente per la birra. La maggior parte di loro ha iniziato a produrre per gioco, in casa, in cantina o in un vecchio box dimenticato. Dopo anni di cotte, molti continuano a produrre allo stesso modo, condividendo le proprie creazioni con amici e parenti, o nel migliore dei casi partecipando a concorsi per homebrewer per vincere qualche medaglia. Qualcuno ha tastato il terreno con una beerfirm, ma raramente la cosa è andata oltre. Sono tuttavia assolutamente convinto che se lanciassi un sondaggio chiedendo ai miei amici homebrewer di svelare il fatidico sogno nel cassetto, la maggiore parte di loro esprimerebbe chiaro e definito il desiderio di aprire un birrificio. Anche domani, se trovassero i soldi o un finanziamento.

Molti produttori casalinghi vedono il passaggio dal semplice hobby all’attività commerciale come il naturale proseguimento di una passione, cosa che raramente avviene per altri hobby (sfido chiunque a incontrare un appassionato di pesca che è diventato “pescatore professionista”). In molti hanno provato a mettere da parte i pentoloni per passare a un impianto pro: alcuni con successo, altri, purtroppo, fallendo, dopo aver affrontato mille difficoltà. Non sono pochi gli ex-homebrewer che si sono trovati improvvisamente di fronte a dinamiche imprenditoriali più grandi di loro e hanno dovuto mollare. Gli ostacoli da gestire e superare, specialmente nel mercato italiano attuale della birra artigianale, sono molti: il livello di saturazione e la difficoltà a trovare spazio nel circuito distributivo; i cavilli burocratici, il reperimento dei fondi, le leggi doganali; ma anche, più banalmente, i ritmi di lavoro sfidanti che uno non si aspetta; ultimo, ma non meno importante, il passaggio, non sempre facile, dalla gestione di un piccolo setup casalingo a quella di macchinari professionali.

Come homebrewer, sono sempre stato interessato ad approfondire in particolare quest’ultimo aspetto, lasciando la parte finanziaria/commerciale/burocratica a chi ha veramente intenzione di fare il grande passo. Nonostante mi sia capitato diverse volte di assistere a cotte in birrificio, per far produrre birre mie o semplicemente per curiosità, mi sono sempre chiesto: sarei in grado di gestire il processo produttivo in birrificio? Fino a un paio di anni fa avrei risposto certamente di no; oggi, con qualche competenza in più alle spalle – ma senza aver comunque mai fatto una cotta in birrificio con le mie mani – sono leggermente più ottimista.

Nel pieno di queste mie elucubrazioni ho ricevuto la telefonata di Giancarlo Angilella di TMCI Padovan, una grande e importante azienda attiva nel settore della produzione macchinari per l’industria delle bevande e del settore alimentare. Giancarlo, in particolare, si occupa, per la divisione Easybräu-Velo di TMCI Padovan, di assistenza e vendita a birrifici e brewpub di piccolo/medie dimensioni. Mi ha contattato per coinvolgermi in una cotta con un impianto da 5HL della loro linea Pocket, ma non sapevamo bene né dove né quando. L’idea è rimasta quindi a decantare per un po’.

L’occasione ideale è arrivata quando ha aperto i battenti un nuovo birrificio qui a Roma, di cui non sapevo nulla. Il suo nome è Bossum Birra Artigianale: nasce dalla passione di 10 soci, tra cui Andrea di Francesco, homebrewer di Roma che aveva partecipato a un corso per produttori casalinghi nel quale mi occupavo della lezione sugli ingredienti. A questo punto l’idea di andare a trovare Andrea e soci in birrificio per assistere alla cotta di prova si è materializzata da sè. L’impianto di Bossum è un EasyBräu-Velo Pocket da 5HL (500 litri), il più grande della linea Pocket. Il birrificio si trova in un capannone nel mezzo del Parco di Veio, poco fuori dal Grande Raccordo Anulare di Roma, lungo la Via Cassia. In una splendida e soleggiata domenica di Gennaio, mi sono alzato di buonora e sono andato ad assistere a una cotta (una delle prime del birrificio) in cui Andrea avrebbe smanettato con il nuovo impianto, mostrandomi il funzionamento di quelle che a prima vista sembravano leve, tubi, display e rotelle difficili da interpretare e da gestire.

Io insieme ad Andrea de Francesco, birraio di Bossum

L’idea di aprire un birrificio in 10 soci può sembrare folle, e devo dire che quando me lo hanno detto ho storto il naso anche io. Già è difficile mettersi d’accordo quando si è in due/tre amici, figuriamoci in dieci. Quando però sono arrivato al capannone, Andrea mi ha fornito ulteriori dettagli che hanno reso il quadro meno pessimistico. In questo caso ciascuno dei 10 soci ha un compito ben preciso: c’è chi si dedica alla produzione, come Andrea, venendo da diversi anni di produzione casalinga; chi segue gli iter burocratici (forte di esperienze lavorative simili); chi si occupa dei contratti di acquisto; chi della grafica e del marchio; chi della distribuzione. Insomma, tante teste pensanti ma ben focalizzate: mi sembra un ottimo punto di partenza. Ovviamente parliamo di persone adulte e vaccinate, nessuno di loro cerca la svolta della vita con questa nuova avventura, cosa difficile con questo tipo di attività già quando si è da soli o in due, figuriamoci in dieci. È stato fatto un Business Plan dettagliato, che proietta una crescita costante ma senza sperare nel miracolo. Testa sulle spalle insomma, come dovrebbe sempre essere.

Veniamo all’impianto. La scelta è ricaduta sulla sala cottura Pocket-Braü da 5HL: dimensionamento molto ridotto, in genere più adatto a un brewpub o a una piccola attività agricola, ma c’è una ragione dietro questa scelta. Se da un lato sarebbe ottimale partire con un dimensionamento più grande quando si ha intenzione di entrare da subito nella distribuzione a livello nazionale, dall’altro ci si scontra immediatamente con la difficoltà nel reperire i fondi necessari per l’investimento. TMCI Padovan si è interessata al progetto dimostrandosi aperta al confronto: dopo la verifica del Business Plan e del progetto nel suo complesso, ha trovato una formula di finanziamento che ha messo Bossum Birra Artigianale nelle condizioni di affrontare questo tipo di investimento iniziale.

Devo ammettere che, come successo altre volte, quando sono arrivato davanti alla sala cotte con tutte quelle manopole, ho avuto un moto di spaesamento. Mi era già capitato di seguire cotte da vicino in birrificio, ma più che altro come osservatore “distante”, senza entrare nel merito specifico di quello che stava succedendo. Questa volta mi sono messo accanto ad Andrea mentre svolgeva i vari passaggi, mentre mi spiegava passo passo cosa stava accadendo e perché. Gli ho chiesto se anche lui si fosse sentito spaesato all’inizio di fronte a questi macchinari, e mi ha risposto “assolutamente sì”. Però in pochi giorni è riuscito a venirne a capo, perché alla fine non è molto diverso da un impianto casalingo evoluto. Per le prime due cotte è venuto in birrificio un tecnico mandato da EasyBräu-Velo che ha fatto con Andrea due cotte: nella prima ha guidato lui, nella seconda ha lasciato Andrea ai comandi supportandolo, ma seduto tre passi indietro. E ora Andrea maneggia tutto da solo, senza grandi patemi d’animo, anche grazie a diverse chiacchierate al telefono con i tecnici EasyBräu-Velo, prima e dopo le varie cotte. Il supporto di TMCI Padovan prevede infatti assistenza e consulenza dal primo contatto fino alla messa in servizio del sistema e alla formazione diretta sui macchinari.

L’impianto ha tre tini: uno, a sinistra, per ammostamento e bollitura; un secondo, sulla destra, per filtrazione e whirpool; un terzo per l’accumulo dell’acqua calda che serve durante tutto il processo di produzione. Al centro un grande display su cui viene programmata la ricetta, che ovviamente può essere memorizzata. L’ammostamento (incluse le rampe) è gestito completamente in automatico: il tino è riscaldato tramite un circuito di acqua surriscaldata mentre due grandi pale girano e mescolano di continuo i grani. Una volta fatto il mash-out, con una pompa si spostano tutti i grani dal tino di sinistra a quello di destra grazie a una pompa. Verso la fine dello spostamento serve un po’ di manualità per spingere gli ultimi grani nel tubo di aspirazione, ma nulla di drammatico.

A questo punto si passa allo sparge, nel tino di destra. Anche se dall’esterno sembra un contenitore unico, internamente è diviso in due e contiene l’acqua di sparge, a 78°C, e le trebbie con il mosto. Grazie a due tubi trasparenti posizionati all’esterno del tino, è possibile valutare il livello del liquido sulla parte alta e bassa dei grani, in modo da equalizzare il flusso dell’acqua in ingresso e in uscita per evitare che la pompa crei forze di risucchio compattando eccessivamente il letto di trebbie, bloccando la filtrazione. Una specula in vetro trasparente permette di valutare la limpidezza del mosto durante la fase di ricircolo. La fase di filtrazione è durata intorno alle due ore e mezza, cosa che mi ha un po’ stupito. L’efficienza che si raggiunge con l’impianto è alta, quasi il 90%, ma un filtraggio così lungo mi ha lasciato perplesso. Parlando con Giancarlo di EasyBräu-Velo e poi con Andrea, ho capito che con un po’ di pratica i tempi possono essere ridotti, cosa che verrà sperimentata nelle prossime cotte.

Dopodiché abbiamo avviato la bollitura e assaggiato la prima creazione di Bossum Birra Artigianale che era già pronta grazie all’imbottigliamento in isobarico: “Prima”, una Blonde Ale con luppoli continentali, pensata per ricreare il profilo organolettico di una bassa fermentazione ma fermentata con lievito da alta. Come l’ha definita Andrea, una birra per tutti i palati che ricorda la classica “bionda” che piace anche a chi non è necessariamente esperto di birra. Devo dire che il risultato non mi è affatto dispiaciuto: secca al punto giusto, speziata ed erbacea con un piacevole finale di cereale e cracker. Molto limpida, bella schiuma. Risultato per ora raggiunto.

Dopo gli assaggi e una piacevolissima mattinata passata in birrificio, ci siamo salutati. Non ho assistito alle successive fasi di whirlpool, raffreddamento del mosto tramite scambiatore a piastre e ossigenazione, ma credo di aver seguito le fasi maggiormente critiche e “time-consuming” dell’intero processo. Non sono esperto di impianti per fare birra, ma devo dire che la linea Pocket mi sembra molto adatta per chi vuole iniziare a produrre professionalmente con volumi ridotti. Questa attenzione di EasyBräu-Velo agli homebrewer mi piace, chissà che non porti altre collaborazioni in futuro.

Intanto anticipo che è stato girato un video della cotta con intervista ad Andrea, neo-birraio di Bossum Birra Artigianale. Il progetto e il video saranno presentati in anteprima durante la conferenza che si terrà nel corso del BBTech del Beer & Food Attraction di Rimini, presso l’area LAB, Domenica 16 febbraio alle ore 11. Gli homebrewer sono ovviamente invitati a partecipare e fare domande di qualsiasi tipo. Giancarlo sarà disponibile durante tutta la fiera presso lo stand di TMCI Padovan (PAD C1 Stand 037) per qualsiasi informazione/chiarimento. Chissà che non ci si veda in giro!

 

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Ingegnere elettronico prestato al marketing, da sempre appassionato di pub e di birre (in questo ordine). Produco birra in casa a ciclo continuo dal 2013. Insegno tecniche di degustazione e produzione casalinga. Sono un divoratore di libri di storia e cultura birraria. Dal 2017 sono giudice BJCP (Beer Judge Certification Program). Autore del libro "Fare la birra in casa: la guida completa per homebrewer del terzo millennio"

11 COMMENTS

  1. Grandiii!!!! mi avete fatto venire voglia di fare birra…quindi ora vado a preparare l’impianto per la cotta di domani e poi mi rileggo con calma tutto l’articolo!!!…chissà che dopo che l’ho letto non mi viene voglia di aprire un birrificio!!!! 😛

  2. Orca Frank…ma mi fai le marchette? 🙂
    In effetti era da un po’ che non passavo da queste parte a leggerti, oddio ad onor del vero qualche occhiata veloce di tanto in tanto la butto eh…ma tra contropressione e rifermetazione si o no…non leggevo poi.
    Ma caspita, la marchetta e la marchetta…ahahah…complimenti, e indice che blog e seguito e ritenuto valido come “vetrina” evidentemente…buon per te.
    Un saluto. 😉

    • Eh cosa vuoi, oramai hai tu da insegnare a me. 😉
      Poi affronti temi che sono fuori da mie esperienze, come dicevo prima.
      Vedo che qua si cresce, e son felice per te, per impegno e dedizione che ci butti dentro.
      Io sai che sono più terra terra…sono ancora un hb 1.0…senza nemmeno un piccolo aggiornamento.
      Che nemmeno cotte sto facendo.
      Però ho fatto un piccolo ordine, sfruttando un amico che mi ha chiesto se mi serviva qualcosa per smezzare spedizione.
      Ora ho tutto per fare tre cotte, prima o poi partirò con una dry…e poi o prima la faccio si…roasted se la faccio…ahahah

      • Dai, son contento se riprendi! Spero ci si ribecchi presto davanti a una pinta. E che aggiorni presto il blog che leggevo sempre con grande piacere.

        • Lo spero anch’io. 😉
          Partirò con una dry, perché anche se tuoi consigli che poi ho girato a mio figlio quando era a Dublino sono caduti nel vuoto suppongo…nel senso che avrà girato poco o nulla i posti che mi avevi detto, e accaduta ugualmente una cosa bellissima, almeno per me.
          Ha fatto i 18 anni li, a Dublino.
          E il giorno dei suoi 18 anni ha potuto togliersi la soddisfazione di ordinarsi una pinta carta di identità alla mano.
          Fai conto che lui non e mai stato un amante del bere, ne della birra in particolare, tanto che nemmeno le mie assaggiava…toh qualche assaggino raramente, ma ino ino eh.
          Beh prima sua pinta e stata un Guinness a Dublino!!!
          E gli e anche piaciuta molto.
          E per me regalo più grande non poteva esserci..ma nessun altra birra avrei voluto per l’occasione, nemmeno la più cara e ricercata del globo…avrei voluto quella…e l’ha bevuta a Dublino, cosa potevo chiedere di più!
          Nulla.
          Ha poi fatto anche con scuola il giro della fabbrica con annesso assaggio…non ha trovato la oyster, ma non si può avere tutto nella vita.
          Mi ha pure portato due mini pinte, due pinte e uno zippo tutti guinness. 🙂
          Insomma mi si e aperto o core….ahahah
          Dunque come dicevo, voglio partire con la dry per quello…per sentirmi dire “no papà non e buona come quella”…e gioire in cuor mio per quelle parole….ahahahah

          P.s Blog nemmeno io mi ricordo più di averlo….ahahah…non so nemmeno se posso accedervi ancora.

  3. Ciao Frank, giusto per curiosità, quanto può venire a costare un impianto di produzione EasyBräu-Velo Pocket da 5HL?
    Giusto per avere un idea, non si sa mai…. 🙂

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