Nell’epoca dell’isobarico e della contropressione, la mia ricerca della IPA perfetta prodotta in casa con metodi vecchi e poco tecnologici potrebbe sembrare completamente anacronistica. E forse lo è. Sicuramente c’è in giro chi produce in casa IPA mille volte migliori delle mie: naso esplosivo, freschezza da frutteria il sabato mattina alle sei e carica di aromi che ti spazza via i recettori nasali.
Tuttavia, dopo aver reiterato tre volte la stessa ricetta con piccole modifiche, posso dire di aver raggiunto un risultato più che soddisfacente. Certo non siamo ai livelli di freschezza spaziale che alcuni birrifici (e probabilmente anche alcuni homebrewer) raggiungono, ma devo dire che l’ultima versione della mia IPA è veramente piacevole. Ho avuto pareri positivi anche da alcuni amici che non hanno peli sulla lingua quando si passa agli assaggi, il che rende questa mia valutazione un pelo più oggettiva.
Tutto è iniziato con la Negan, prodotta per la prima volta nel marzo 2017. L’idea era quella di produrre una IPA abbastanza semplice, senza derive esotiche né modernismi di sorta. Una birra old style, se vogliamo, ispirata alla sempre popolarissima Spaceman di Brewfist. Il risultato fu tutt’altro che esaltante, così decisi di riprovarci una seconda volta cambiando lievito e riducendo le varietà di luppolo da 3 a 2 per avere un maggiore controllo.
Il tentativo successivo diede vita alla Alexandria, seconda versione di questa ricetta. Risultato decisamente migliore: birra profumata, limpidissima e piacevole da bere. Tra i piccoli difetti un aroma poco incisivo e qualche estere di troppo al naso, probabilmente dovuto al lievito inglese utilizzato per la fermentazione. A ogni modo, una birra interessante che ho bevuto molto volentieri.
Arriviamo così a questa terza versione, battezzata Sweet Euphoria in onore di una canzone che adoro. Il pezzo fu scritto da Chris Cornell, scomparso purtroppo proprio nei giorni in cui imbottigliavo questa nuova creazione.
Rispetto alla versione precedente, ho aumentato il luppolo in dry hopping per caricare un po’ di più il naso. Ho cambiato anche il lievito, passando da un lievito inglese a uno americano, probabilmente più indicato per questo stile di birra. Ho letto comunque che in molti utilizzano il Dry English Ale nelle American IPA, soprattutto per la sua grande flocculazione (assolutamente confermata dalla limpidezza della Alexandria) ma anche per la buona attenuazione e il profilo tutto sommato abbastanza neutro.
Per quanto riguarda il processo, ho utilizzato le medesime accortezze delle altre due birre: protein rest, winterizzazione e aggiunta di Polyclar per aiutare la chiarificazione.
RICETTA
La ricetta è sostanzialmente identica alla precedente a meno di un potenziamento nella dose di luppolo e della variazione del lievito.
Ho aumentato sia la luppolatura a fine bollitura che quella in dry hopping. Capisco che per molti 5 g/L di luppolo in dry hopping in una IPA sono ancora pochi, ma come vedremo l’aroma non è niente male. Si potrebbero aggiungere altri 2 o 3 g/L magari in un secondo dry hopping qualche giorno prima della winterizzazione, un approccio che potrei sperimentare la prossima volta.
Come lievito avrei voluto utilizzare il San Diego Super (WLP090) della White Labs o l’American Ale (WY1056) della Wyeast, ma nessuno dei due era disponibile al momento dell’acquisto delle materie prime. Ho ripiegato quindi sull’American Ale II (WY1252) sempre della Wyeast. L’intento era di valutare eventuali differenze rispetto al secco US05 che utilizzo sempre, ma non ne ho trovate di evidenti (anche se ovviamente non ho fatto un confronto in parallelo ma sono andato a memoria).
FERMENTAZIONE
La curva di fermentazione è identica a quella della precedente versione come dinamica, ma sono partito da una temperatura più bassa per ottenere un profilo aromatico più pulito possibile.
Come nel caso precedente, ho utilizzato il Polyclar come chiarificante, ma il risultato questa volta non è stato soddisfacente. La colpa, molto probabilmente, è da imputare al lievito, molto meno flocculante rispetto al Dry English Ale. Il Polyclar è infatti molto efficace su tannini e proteine ma non sul lievito, su cui lavora meglio la gelatina. Probabilmente sarebbe servita una winterizzazione più lunga, ma amen: è andata così.
In fase di imbottigliamento ho aggiunto lievito da rifermentazione (CBC-1 della Lallemand, 0,04 g/L) e destrosio (4,7 g/L).
ASSAGGIO
Non mi dilungherò troppo nella descrizione delle diverse componenti organolettiche di questa birra, dato che sono molto simili alla versione precedente (di cui trovate una descrizione dettagliata qui).
Vediamo invece alcune importanti differenze. In primo luogo, è scomparso quel lieve tocco bananoso che disturbava leggermente il profilo aromatico della precedente versione, fermentata con lievito inglese. Ho notato inoltre una buona carica aromatica dei luppoli, anche se la freschezza mi sembrava migliore nella versione precedente, in cui avevo utilizzato i luppoli di Malt Miller (in questa versione la fornitura veniva da Mr. Malt). Devo dire che, a parità di raccolto, anche solo annusandoli al momento dell’apertura, i luppoli di Malt Miller sembrano avere una marcia in più.
L’aspetto visivo è peggiorato: la birra è più torbida dell’altra, probabilmente a causa del lievito. Questo però a mio avviso non ha influito sul profilo organolettico che trovo sempre molto pulito e gradevole.
Pur essendo più secca (FG più bassa rispetto alla versione precedente), non ho notato particolari differenze nel mouthfeel.
CONCLUSIONI
Nonostante non abbia impiegato nessuna delle moderne diavolerie anti-ossidazione, sono piuttosto soddisfatto del risultato. Ovviamente, come sempre, ho fatto estrema attenzione a incamerare la minor quantità possibile di aria durante i travasi (ne ho fatto solo uno pre-imbottigliamento) e in fase di imbottigliamento.
Secondo me la ricetta è buona, sarà interessante giocare con le varietà di luppolo in futuro, anche perché effettivamente questa IPA ha un profilo aromatico un po’ old style. A me piace, ma non stonerebbe affatto un piccolo tocco tropicale.
Bevuta anche dopo un paio di mesi (conservata purtroppo al caldo estivo per via del trasloco di casa) non ha sovracarbonato e ha perso solo in parte la carica aromatica. Sicuramente si è un po’ scurita e l’aroma ha perso un po’ di forza, ma la bevo ancora con piacere.
Ora basta IPA però, a ottobre si torna a produrre qualcosa di diverso.
Ciao Frank è un pò che ti seguo e ti faccio i complimenti per i tuoi articoli sempre molto utili.
Volevo chiederti quale software hai usato per la progettazione di questa birra? (scusami se sono un pò fuori tema).
Grazie
Ciao Lorenzo, utilizzo da sempre Beersmith. Inizialmente è un po’ ostico, ma una volta presa la mano lo trovo fatto davvero bene.
Grazie mille, ora uso dei miei fogli di calcolo e brewplus, ma vedo che molti consigliano Beersmith. Lo proverò.
Ciao io stò lavorando con hobbybrew lo conosci cosa ne pensi ha il vantaggio che è in italiano
Mai usato, mi spiace.
Ciao Frank,
due spunti: cosa ti fa credere che una winterizzazione oltre i 6 giorni possa avere ancora più effetto? Esistono evidenze empiriche di ciò, o è una tua supposizione? (Ultimamente ho fretta di liberare la camera di fermentazione e cerco di imbottigliare prima possibile, perciò mi sto auto-rassicurando che “massì! 2-3 giorni di winterizzazione sono sufficienti”…).
E per quanto riguarda invece il lievito da rifermentazione in bottiglia, è una “scaramanzia” o ritieni che sia necessario per qualche motivo? (D’altra parte, tu stesso scrivi che il polyclar non dovrebbe influire sul lievito…).
Grazie!
Ciao Simone, sul secondo punto concordo con te che l’aggiunta di lievito sia una estrema precauzione probabilmente non necessaria. Ma ultimamente ho iniziato ad aggiungerlo nelle birre sopra i 6% ABV, soprattutto quando aggiungo additivi chiarificanti (anche se il Polyclar non dovrebbe avere un particolare effetto sul lievito).
Per quanto riguarda la winterizzazione, invece, in genere più è lunga più è efficace. A meno che, ovviamente, la torbidità non si dovuta a chill haze (proteine legate e tannini): in quel caso non sarebbe efficace.
Ciao Frank, volevo chiederti una curiosità, che livelli di HCO3 o CaCO3 ha la tua acqua di birrificazione per una luppolatura come questa? ciao grazie!
Ciao Roby, purtroppo il commento mi era sfuggito. Rispondo ora, anche se con estremo ritardo ormai. 🙂 Il livello di HCO3 influisce solo indirettamente sulla percezione dell’amaro, tramite il ph. In sostanza, se riesci a portare il ph di mash nel giusto range (meglio più basso che più alto) la percezione dell’amaro sarà più morbida. Un ph troppo alto infatti favorisce l’estrazione di polifenoli dal luppolo durante la bollitura, rendendo l’amaro meno gradevole. Si parla spesso del livello di bicarbonati per queste birre perché più sono alti, meno scende il ph. Ma con un po’ di acido (lattico o citrico) si riesce solitamente a portare il ph di mash nel giusto range (l’ideale sarebbe 5.2, misurato a temperatura ambiente).
La sosta a 78°? Grazie
Non ho capito la domanda…
Provo a replicare la tua ricetta ed ho due domande: nel profilo di mash non hai riportato il mash-out.. faccio il classico a 78 gradi per 10 minuti?
seconda domanda: se per fare il priming uso lo zucchero al posto del destrosio, quanto zucchero devo mettere? stando sui 5 g/l avrei 1.25 Vol.CO2.
Grazie!
Facendo BIAB non faccio mashout, ma tu vai con l’impostazione classica. Mi sembra strano che con 5g/L di zucchero ottieni una carbonazione così bassa. Sei sicuro? Qualcosa non mi torna. Prova a farti i calcoli qui:
http://www.brewersfriend.com/beer-priming-calculator/
Ciao Frank,
Sto per fare la mia prima American IPA, ho visto che tu utilizzi il Pilsner come malto base, il Pale Ale da quindi un risultato peggiore in questo stile?, dalle ricerche che ho fatto non mi è chiaro qual’è il malto più indicato
Vanno benissimo entrambi i malti, anzi, storicamente il Pale Ale è più indicato. Il pilsner è meno tostato e più delicato, dipende da quello che vuoi fare. Anche tra le IPA ci sono moltissime intepretazioni: quelle prodotte sulla costa East dell’America sono in genere più maltose (e quindi il Pale è maggiormente indicato) mentre quelle prodotte nella costa Ovest (West Coast IPA) sono più orientate al luppolo e meno incentrate sul malto, quindi spesso fanno uso del pilsner. Ovviamente queste sono generalizzazioni. C’è da dire che spesso si usa un mix Pale Ale Europeo/pilsner per “imitare” il malto pale ale americano (tworow) che è meno caratterizzante di quello coltivato in Europa. Spero di non averti confuso le idee 🙂 Comunque la cosa migliore è provare e assaggiare.
Grazie mille, In questo caso hai mantenuto lo stesso fermentatore per tutto il processo? Te lo chiedo perchè non ho mai fatto dry hopping e non so se è meglio farlo in un fermentatore secondario
Sempre lo stesso fermentatore fino al travaso pre-imbottigliamento. Nelle prossime cotte conto di saltare anche quest’ultimo travaso, facendo priming direttamente in bottiglia. Meno travasi = meno ossidazione.
Ciao Frank, venerdì provo a replicare la tua ricetta. Ho attualmente un US-05 in fase di moltiplicazione ;). Una domanda: il protein rest di questa ricetta, perchè è stato previsto? è indispensabile? Che benefici si ottengono rispetto ad un monostep di 65/66 gradi?
grazie
Ciao Ilario, la risposta al protein rest la trovi nel post del tentativo precedente:
http://brewingbad.com/2017/04/alexandria-american-ipa-v2/
Buona produzione!
credi che alla luce del secondo e terzo tentativo sia comunque consigliabile confrontando i risultati ottenuti? nel mio caso non ho modo di abbassare la temperatura in maniera drastica, nè vorrei utilizzare delle sostanze in grado di schiarire. Grazie!
Sai, dipende molto dal malto che ti capita e purtroppo nel nostro caso è difficile decidere cosa fare a priori. Io lo evito nel 99% dei casi, sapendo che qualche volta può portare a una birra più velata del previsto. Ma amen, si sopravvive lo stesso. Tra l’altro la birra non ne risente organoletticamente se consumata nel breve periodo.
Ciao Frank, l’utilizzo del destrosio serve per raggiungere l’OG prefissata o ha altre funzioni?
Ciao Andrea, il destrosio viene utilizzato in molte birre per rendere il corpo più snello a parità di grado alcolico (e di OG). È un tipico dell double o triple IPA.
ho realizzato la seconda cotta da 60 litri. Semplicemente fantastica. (ho optato per un monostep a 66 gradi). Grazie!
Uaho, son contento! Cheers!
Ciao Franck. Seguo silenziosamente il tuo blog da un po’ di tempo.
Mi sono innamorato di questa ricetta fin dalla prima lettura di questo post.
Dopo due cotte disastrose questa tua ricetta mi ha salvato: se non fossi riuscito a fare una cotta decente avrei mollato e venduto tutto… Ti dico solo che mi hai fatto innamorare dell’homebrewing e l’ho realizzata in 3 versioni leggermente diverse.
Nella prima versione ho piu’ o meno seguito l’originale alla lettera, esclusa l’aggiunta del destrosio. Nella seconda ho tolto il protein rest, diminuito leggermente il vienna e aggiunto un po’ di monaco (ho sperimentato…). Con la terza che sta ricarbonando proprio in questi giorni sono ritornato verso l’originale: solo vienna, ancora no protein rest.
Tutte le versioni sono leggermente velate e il protein rest non ha fatto molta differenza. Ho notato pero’ che nella seconda versione (senza protein rest) il cappello di schiuma è altissimo e molto molto persistente, anche troppo. Due terzi del bicchiere sono occupati dalla schiuma e non ne vogliono sapere di andarsene anche dopo 10 minuti. Rovina quasi la bevuta nascondendo fin troppo la birra nella parte bassa del bicchiere.
In tutte le versioni ho usato irish moss e non ho usato ne polycar ne lievito da rifermentazione.
Con questo bellissimo commento mi hai svoltato la serata di tosse e febbre da influenza. 🙂 mi fa molto piacere. Cheees!
Ciao Francesco,
non ho mai utilizzato il Policlair 730 plus. Ho visto tra le indicazioni dove lo hai preso che non raccomandano la filtrazione. Mentre da altre parti sempre per il medesimo prodotto la raccomandano. Vedi qui: https://www.home-brew-hopshop.co.uk/beer-finings/1641-polyclar-plus-730.html
o qui: file:///C:/Users/start.start-PC.001/Downloads/Polyclar%20Plus%20730%20Single-use.pdf
Una tua opinione dopo l’uso? Nessuna incertezza?
Il Polyclar è un polimero plastico, quindi va per forza filtrato perché ingerirlo non è il massimo. Facendo un buon cold crash è probabile che si depositi sul fondo insieme ai tannini e al lievito, ma consiglierei di usarlo solo se si filtra.
Ciao, per caso hai mai utilizzato i Cryo hops? Vorrei utilizzarli per la mia IPA in fase di Whirlpool e in Dry hopping. Eventualmente la quantità aggiunta deve essere pari alla metà di quella che considero per i luppoli T90?
Grazie in anticipo e complimenti per la pagina.
Mai utilizzati, ma da quello che so la dose è più o meno della metà rispetto ai pellet. Meglio inoltre utilizzarli insieme ai pellet, per evitare un aroma monodimensionale.
Buongiorno Frank, ricetta interessante e sempre ben argomentata! Ci sono state ulteriori sperimentazioni e modifiche? Io mi sto organizzando per la cotta. Ti volevo chiedere se, secondo te, può starci dell’East Kent Goldings in dry hopping sui 2.5 g/l in aggiunta agli altri due. Vorrei aumentare l’aroma e mi ritrovo solo il Kent tra le rimanenze.
Be’, sì, ho fatto molte altre IPA e APA da allora, un paio le trovi nella sezione ricette. La ricetta base non è cambiata molto, ma con la contropressione ho migliorato il processo. East Kent Goldings può anche starci, ma se usato insieme intensi luppoli americani tende a scomparire.